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Bet Magazine-Mosaico Rassegna Stampa
16.05.2017 Aharon Appelfeld, Elie Wiesel: due libri da non perdere
Recensione di Marina Gersony

Testata: Bet Magazine-Mosaico
Data: 16 maggio 2017
Pagina: 23
Autore: Marina Gersony
Titolo: «Wiesel e Appelfeld, due voci ebraiche»

Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano di maggio 2017, a pag. 23, con il titolo "Wiesel e Appelfeld, due voci ebraiche", la recensione di Marina Gersony.

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Marina Gersony

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Aharon Appelfeld - la copertina (Guanda ed.)

"Ogni uomo ha un nome, glielo hanno dato Dio, suo padre e sua madre...». Yom Hashoah è appena trascorso, il 24 aprile; è stata l’occasione per ribadire che la memoria deve comportare un processo di conoscenza degli eventi e delle persone come individui, con una propria storia e una fisionomia definita. Ed è stata l’occasione per leggere due libri che della individualità e del “nome proprio” fanno la loro sostanza.

Il partigiano Edmond

«Mi chiamo Edmond e ho diciassette anni. Dalla primavera avanziamo su queste colline: quasi tutte spoglie, poche miseramente boscose. Questa desolazione è la nostra disgrazia, ma noi abbiamo imparato a camuffarci, a nasconderci, a strisciare per terra, a sfruttare i terreni morti per sorprendere il nemico. Sapendo di avere a che fare con persone ferite e determinate, il nemico ci manda contro i suoi soldati più agguerriti, che reclutano spie fra i gendarmi e i contadini. Ma noi non ci arrenderemo facilmente». Inizia così il nuovo romanzo Il partigiano Edmond di Aharon Appelfeld, lo scrittore nato nel 1932 in Bucovina del Nord, allora in Romania, e sopravvissuto all’Olocausto in cui perse la madre e i nonni. Nel corso della Seconda guerra mondiale, il giovanissimo Edmond riesce a sfuggire per un soffio ai campi di sterminio e a raggiungere alcuni partigiani ebrei, capeggiati dal carismatico Kamil. Insieme cercano di resistere all’esercito tedesco nascondendosi nella foresta ucraina. La vita insieme ai compagni, gli addestramenti quotidiani, la lotta per la sopravvivenza in una regione paludosa e ostile ma ideale per la guerriglia contro gli occupanti tedeschi, temprano il giovane Edmond trasformandolo via via in un uomo pronto a fronteggiare il pericolo e la morte ma, soprattutto, lo aiutano a crescere interiormente. Edmond farà i conti con le sue radici, la sua appartenenza, le sue emozioni profonde, i ricordi, la fede degli avi, il distacco dai suoi genitori ma soprattutto con se stesso. Lo scopo non è solo quello di sopravvivere, ma è anche di salvare il proprio popolo e raggiungere “la vetta”, il luogo geografico e spirituale della realizzazione. Romanzo di grande spessore dell’ultimo grande testimone della Shoah, Il partigiano Edmond è anche un racconto di riscatto personale, determinazione, obbiettivo da raggiungere e di volontà di proteggere, aiutare e salvare i più deboli. (Marina Gersony)

Le porte della foresta

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Elie Wiesel - la copertina (Giuntina ed.)

Dio ordina agli uomini di pregare, e le loro preghiere non cambiano le cose. La questione centrale della poetica di Wiesel torna in questo romanzo in cui i dialoghi hanno uno spazio potente e veicolano introspezione e confronto. Gregor, ragazzo abbandonato in un rifugio precario dopo la liquidazione di un ghetto, dona all’Altro, al giovane misterioso che incontra nella foresta, il suo nome ebraico Gavriel, facendo così del Senza nome – poeta, pazzo, filosofo, profeta? – il suo alter ego. Attraverso quattro stagioni, come le quattro fasi della vita, Gregor si muove alla ricerca di una speranza, di una possibile sopravvivenza, dell’amore e della compre n s ion e , sotto un cielo estraneo e lontano, attraversato da nubi che non sono nuvole ma ebrei tornati in altra forma a cercare le proprie case saccheggiate, ad osservare i nuovi padroni delle loro cose. «Abbiamo tutti i nostri fantasmi. Vanno e vengono a loro piacimento, sfondano tutte le porte che poi non richiudono mai del tutto. E portano nomi diversi». Gregor recita il Kaddish, per suo padre, ma anche per il Padre, perché anche Dio ha bisogno di preghiere. (Ester Moscati)

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