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Riportiamo dal BOLLETTINO della COMUNITA' EBRAICA di MILANO n° 12 di dicembre, a pag. 22, l'articolo di Stefano Gatti dal titolo " L'antisemitismo ai tempi del web 2.0 ".
Cybercriminalità e falsi storici: il web pullula di mistificazioni. Ed è un grande corruttore perché genera, diffonde e rende socialmente accettabile l'odio per gli ebrei. Un allarme sottolineato dal documento finale della Commissione Nirenstein presentato in Parlamento. La statua della Madonna distrutta durante la manifestazione di Roma a ottobre? Sono stati gli ebrei, ovvio. Parola di Holy War, “storico” sito antisemita ultracattolico. E la finanza mondiale? È governata dall’eterno complotto giudaico-massonico. Il neo premier Mario Monti? Poiché ha lavorato per Goldman Sachs, è legato alla lobby finanzaria ebraica, occulta artefice della crisi economica attuale. La Rete ne è certa e propala le sue “verità” tra siti, blog e social network. E così si arriva ad attaccare gli ebrei anche sul web: solo pochi giorni fa, il gruppo di Facebook “Amici della Comunità ebraica di Vercelli” è stato vittima di un attacco informatico. Insulti, frasi inneggianti Hitler e Mengele ne hanno invaso la bacheca.“Oggi l’antiebraismo vive e si alimenta soprattutto nel cyberspazio, è un fenomeno globale e si sovrappone all’antisionismo”. Queste, le parole conclusive del Documento finale della commissione Nirenstein, presentato a Roma il 17 ottobre. Il Comitato di indagine conoscitiva sull’antisemitismo, presieduto da Fiamma Nirenstein, ha terminato infatti ad ottobre le sue attività, dopo oltre un anno e mezzo di lavori, con un Documento finale approvato all’unanimità -caso più unico che raro- dalle Commissioni Affari Costituzionali e Affari Esteri della Camera, e con la sottoscrizione del Protocollo Addizionale alla Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità. Il Comitato di indagine era stato istituito alla fine del 2009, in seguito alla forte ripresa degli episodi di antisemitismo. Infatti tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009, a livello mondiale e in particolare in Europa, si è raggiunto il più alto livello di incidenti antisemiti da quando, nel 1980, i Centri Studi internazionali hanno cominciato a monitorare scientificamente il fenomeno. Nel corso dei lavori di indagine si sono svolti 13 incontri, cui hanno preso parte il Ministro degli Esteri, dell’Istruzione, della Gioventù, e dell’Interno, alcuni dei principali studiosi di antiebraismo, sociologi, esperti di sicurezza informatica e rappresentanti delle Comunità ebraiche in Italia. Il Documento conclusivo è stato presentato in un Convegno il 17 ottobre a Montecitorio. Nell’occasione, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto inviare un messaggio: “È necessario mantenere sempre alta la guardia contro ogni possibile risorgenza dell’odioso fenomeno dell’antisemitismo, quali ne siano gli inaccettabili mascheramenti e le modalità e mezzi di manifestazione”. Uno dei problemi più spinosi che il Comitato si è trovato ad affrontare è la diffusione dell’antisemitismo online. È emerso infatti che Internet e in particolare i blog e i social network (Facebook, YouTube, Twitter), sono diventati i mezzi principali per la diffusione di tematiche antiebraiche e razziste. L’antisemitismo nel cyberspazio è però impossibile da quantificare e non siamo in grado di sapere quante persone entrino in contatto con questi contenuti. Ma è certo che attraverso Internet propaganda e diffusione dell’antiebraismo e del razzismo diventa più facile. Questo anche perché l’introduzione della tecnologia Web 2.0, nel 2004, ha trasformato gli utenti della rete in creatori di contenuti. Chiunque abbia un computer e una connessione, non solo può visualizzare contenuti multimediali presenti in rete, in pagine “ufficiali” più o meno verificabili, ma può inserire testi e filmati, senza alcun filtro né controllo. Teorie del “complotto”, razzismo, odio, menzogne aberranti, circolano liberamente. Senza una preparazione culturale né informazioni alternative, soprattutto i giovani sono potenziali utenti di questi contenuti, soggetti a un pericoloso condizionamento. Così è stato generato un ambiente in cui il pregiudizio antiebraico è diventato accettabile per la società. La Rete non ha creato magicamente l’odio, però lo ha in-formato, organizzato e gli ha conferito una struttura relazionale. E lo ha sdoganato. L’Osservatorio sul Pregiudizio Antiebraico del CDEC di Milano ha trovato nel 2011 circa 60 spazi online che rilanciano temi esplicitamente antiebraici, il loro numero si è costantemente accresciuto, sino ad aumentare di più del 50% nel giro di quattro anni. La categoria di siti antiebraici che, negli ultimi anni, ha visto il maggiore sviluppo è quella cosiddetta “negazionista”. Tratto distintivo di alcuni siti che operano una lettura negazionista, o fortemente riduzionista del genocidio antiebraico, è che sono gestiti da insegnanti. Secondo dati forniti dal consigliere sulla sicurezza informatica del Viminale, Domenico Vulpiani, nel 2009 i siti e i gruppi di discussione di natura razzista scoperti dalla Polizia sono stati 1.200, rispetto agli 800 dell’anno precedente; l’Osservatorio per il monitoraggio dell’antisemitismo nella Rete della Polizia Postale nel 2010 “ha denunciato un boom di siti antisemiti in Italia”. I principali sono Holy War, TerraSantaLibera, WebNostrum, ed Effedieffe, che diffondono un vasto raggio di teorie antisemite, dal tema della “cospirazione ebraica per il dominio del mondo” (con la diffusione del falso antiebraico Protocolli dei Savi di Sion), a forme aberranti e violente di anti-israelianismo. Questi siti hanno preso di mira numerose volte, con minacce e insulti, gli esperti e i membri del Comitato di indagine, e addirittura il gestore di un sito antiebraico ha seguito personalmente il Convegno del 17 ottobre e poi sul suo blog ha scritto una cronaca innervata di pregiudizi e insulti. Uno dei problemi principali nel contrasto dell’antisemitismo online riguarda l’hosting (cioè in quale Paese è registrato il dominio del sito) dal quale dipende la possibilità concreta di individuare gli autori delle condotte incriminate e di impedirne la protrazione, intervenendo sui provider per l’oscuramento dei siti. L’eventuale procedimento giuridico è legato infatti ai vincoli della giurisdizione territoriale. Se l’hosting è all’estero è necessario cooperare con le autorità del Paese ospitante. Ecco perché il Governo, su sollecitazione della commissione Nirenstein, ha ratificato il Protocollo di Budapest che potenzia il coordinamento internazionale e adotta procedure più spedite per contrastare i reati a sfondo xenofobo e razzista sui mezzi informatici. Attualmente il Protocollo è stato sottoscritto da 34 Paesi nel mondo, dei quali 18 l’hanno anche ratificato. Stefano Gatti ricercatore dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, ha fatto parte della Commissione Nirenstein Per inviare la propria opinione al Bollettino della Comunità Ebraica di Milano, cliccare sull'e-mail sottostante bollettino@tin.it |
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