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loccidentale.it Rassegna Stampa
09.05.2008 L'Università ha perso la ragione
un commento sul convegno antisraeliano di Torino

Testata: loccidentale.it
Data: 09 maggio 2008
Pagina: 1
Autore: Andrea Bellantone
Titolo: «L’Università ha perso la Ragione e abbracciato la menzogna»

Da LOCCIDENTALE:IT

L’uomo, dicono i filosofi da qualche tempo, è un animale dotato di ragione. Rispetto a tutti gli altri esseri viventi è proprio il logos a donare al genere umano qualcosa di eccezionale e unico. Per questo l’uomo ha il dovere di preservare la parola dal suo uso sconcio e perverso, per questo noi tutti abbiamo una responsabilità morale nei confronti dei concetti che usiamo.
Quando si legge che a Torino l’Università ha dato spazio a un convegno dedicato alla “pulizia etnica in Palestina” e che il Palazzo Nuovo, sede delle Facoltà umanistiche dell’Ateneo, è occupato da manifesti che inneggiano alla “mattanza di Gaza”, allora si capisce che sotto la Mole Antonelliana qualcuno ha perso il senso della responsabilità nei confronti delle parole.
Non mi riferisco, mi pare ovvio, a coloro che hanno organizzato le squallide manifestazioni o che hanno appeso i manifesti: è evidente che da persone del genere non ci si può attendere nulla, visto che praticano la menzogna come una necessità psicologica ed esistenziale. Quelli che davvero sono venuti meno ai loro compiti istituzionali sono coloro che avrebbero dovuto vigilare sull’uso degli spazi universitari e sulla tutela della loro dignità.
L’Università – se questo nome ha ancora un senso – è il luogo per eccellenza in cui una società esercita la propria vigilanza critica sul logos, su quanto di più prezioso l’umanità abbia ricevuto in dono (dal Caso, dalla Natura o da Dio, questo poco importa in questa sede). Nel momento in cui l’Università piega i suoi spazi alla menzogna politica, rinunciando così al suo ruolo di responsabilità nei confronti delle parole e dei concetti, allora essa si svuota di ogni senso.
Il profilo più preoccupante di tutta la vicenda torinese, subito dopo la constatazione che l’antisemitismo si sta presentando nuovamente nel nostro Paese, riguarda proprio il ruolo giocato dall’Università. Esso mette sul tavolo problemi importanti come quelli del relativismo e della funzione delle istituzioni educative o di ricerca. Che cosa resta di queste istituzioni quando si afferma che ogni affermazione è ammissibile e che ogni tipo di valore è insegnabile?
Quando leggiamo che il Rettore dell’Università di Torino, continua a sostenere che è giusto che un ateneo dia ospitalità a tutte le idee, comprendiamo che la deriva della nostra cultura accademica è giunta al suo punto estremo. Le ragioni intime dell’esistenza delle istituzioni universitarie sono esattamente inverse rispetto a quelle indicate dal Rettore: le accademie esistono per trovare parametri per distinguere tra le idee che hanno fondamento e quelle che rappresentano solo un insieme di aberrazioni della mente. Cosa sarebbero le università se le privassimo del diritto e del dovere di operare questa distinzione?
Senza questa capacità di distinguere e di discriminare – certo accettando il canone metodologico del dubbio e della prudenza – le università sarebbero niente: potrebbero essere sostituite da semplici luoghi di pubblico dibattito, aperti allo straparlare di ciascuno, secondo la sua uggia del momento. Se le università dovessero perdere del tutto il loro ruolo di vigilanza contro le ideologie, nascondendo il relativismo sotto il nome di bon ton accademico, allora nessuna riforma delle loro istituzioni potrebbe mai salvarle: sarebbero destinate ad una fine ingloriosa, fatta di ideologia e indifferentismo morale.
Chiunque abbia tenerezza, perfino amore, nei confronti della dignità e della grandezza dell’università in Italia non può che essere immalinconito dalla vicenda di Torino, in particolare dal ruolo sostanzialmente gregario rispetto alle più bieche esigenze ideologiche a cui è stato ridotto l’antico ateneo piemontese. Ma proprio questa tristezza può diventare sdegno e dare la forza di tornare a riflettere sulla crisi morale della cultura e dell’università italiana. In caso contrario dovremo rassegnarci a visitarne, come in un triste museo d‘ombre, solo le macerie. Magari occupate, anche quelle, in nome di qualche menzogna ideologica.

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