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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
02.01.2009 Come altri fogli gratuiti, E-polis si distingue per ignoranza e pregiudizio
in una intervista a Riccardo Pacifici

Testata:
Autore: Silvia Zingaropoli
Titolo: «Gelidi venti di guerra tornano ad abbattersi su Gaza»

“Il Bologna”, quotidiano gratuito del gruppo E Polis, di chiaro orientamento antisraeliano pubblica nel numero in edicola il 30 dicembre un’intervista di Silvia Zingaropoli a Riccardo Pacifici, capo della Comunità ebraica di Roma.

 

L’atteggiamento pregiudiziale nei confronti dello Stato ebraico, già evidente nelle premesse dell’articolo, viene confutato con equilibrio e rigore storico da Pacifici che spiega le ragioni per le quali Israele deve difendersi dai continui lanci di razzi Qassam e pone l’accento sulle intenzioni di Hamas, espresse nel suo statuto, che prevedono non solo la cancellazione di Israele ma anche lo sterminio degli ebrei.

 

 

 

Gelidi venti di guerra tornano ad abbattersi su Gaza. La rappresaglia continua a mietere le sue vittime: non importa se tra loro ci siano donne, vecchi e bambini. La logica dell’eterna vendetta non bada a questi dettagli. Quali saranno le conseguenze politiche dell’offensiva, non è dato saperlo. Le istantanee dei raid sono, invece, sotto gli occhi del mondo intero. Ne parliamo con Riccardo Pacifici, capo della comunità ebraica romana, che difende a spada tratta la “sua” Israele.

 

Nonostante gli appelli internazionali, Israele va avanti con i raid.

 

Rigiro la sua domanda: nonostante gli appelli internazionali continuano i lanci di razzi Qassam nelle cittadine del sud di Israele al confine con Gaza, che sono la causa scatenante dei raid. E’ un martellamento continuo: è come se Firenze o Bologna si trovassero costantemente sotto il lancio di razzi da parte di un paese, non so, come l’Austria, e si chiedesse al governo italiano di non fare nulla e di continuare a chiedere il negoziato su non si sa che cosa, visto che il contenzioso sul territorio di Gaza non esiste.

 

Parla del ritiro voluto da Sharon?

 

Ricordiamo tutti le immagini di tre estati fa dello sgombero degli insediamenti israeliani: la risposta è stata l’intensificazione dei missili. Prima c’era una zona cuscinetto, adesso che sono a poche centinaia di metri, bastano 12 secondi per colpire una casa.

 

E’ vero, ma la portata dell’offensiva israeliana non è paragonabile. Come non lo è il numero delle vittime.

 

Non stiamo facendo la conta delle vittime, qui si scontrano due modi di ragionare, due modi di intendere la sacralità della vita: c’è chi in maniera deliberata colpisce i civili esultando alla morte del nemico. E c’è chi, come il popolo israeliano, è costretto a difendersi e quindi annientare le zone dalle quali vengono lanciati questi missili. Sappiamo che la forza israeliana può esser ancor più devastante di quella che stiamo vedendo in questi giorni: e potrebbe esserlo se non ci fosse la remora di colpire meno civili possibile.

 

Crede che la rappresaglia porterà a qualche risultato politico?

 

Prima di tutto porta un risultato politico all’interno di Israele. I governanti israeliani devono rispondere al proprio elettorato, prima che alla comunità internazionale. Ripeto, nessun politico di buon senso in nessuna parte del mondo potrebbe accettare questo: provi a ricordare cosa accadde in Italia quando un missile venne lanciato a Lampedusa.

 

Cosa vuol dire?

 

A quel tempo si invocò la rappresaglia, anche se non aveva fatto né morti, né feriti, né danni. Questo è il momento in cui la comunità internazionale dovrebbe paradossalmente ascoltare i membri pragmatici del mondo arabo, come Abu Mazen, che (lui e non noi, fans di Israele) credono che Hamas abbia sbagliato ad annunciare la rottura della tregua con due settimane di anticipo, a sancire quella interruzione col lancio di missili, e quindi aver portato al baratro il popolo palestinese. Forse così potremmo vedere il volto diverso del Medioriente e soprattutto la nascita di un vero Stato palestinese in pace, in democrazia, a fianco di quello israeliano.

 

In momenti come questo, sale il livello di allerta delle varie comunità ebraiche sparse per il mondo?

 

Durante l’Intifada, dal 2000 al 2005, la tensione ha provocato una forte emigrazione verso Israele, soprattutto tra gli ebrei francesi. In Italia non esiste un livello di allerta superiore, ma rimane quello standard, che è comunque sempre molto alto. Vede, lo statuto di Hamas non prevede solo la cancellazione dello Stato di Israele, ma prevede anche lo sterminio degli ebrei. Non esiste un edificio ebraico che non abbia il presidio delle forze dell’ordine e alcuni di noi vivono sotto scorta. Questo può farle capire il nostro stato d’animo.

 

Si pensava che Obama avrebbe posto rimedio al conflitto israelo-palestinese. Ma non c’è stato tempo.

 

Quando Obama andò in visita a Sderot, una delle cittadine che vivono sotto l’incubo dei missili, disse: “se avessi un figlio che vive qui, farei di tutto per difendere la sua incolumità”. Credo che questa sia la migliore risposta che potesse dare non il guerrafondaio Bush, ma l’uomo della speranza, Barack Obama.

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helpdesk@ilbologna.com
silvia.zingaropoli@epolis.sm

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