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Il Mattino Rassegna Stampa
05.02.2007 Hamas come non l'avete mai vista
e come non è mai esistita

Testata: Il Mattino
Data: 05 febbraio 2007
Pagina: 1
Autore: Vittorio dell’Uva
Titolo: «La difficile tregua di Gaza»

Troppo buono con Hamas, di cui non illustra la vera natura (terroristica e antisemita) e il fine ultimo (la distruzione di Israele), si inventa un’ala moderata del gruppo fondamentalista-terrorista, un riconoscimento d’Israele (mai avvenuto!) che poi è stato ritrattato per responsabilità israeliane, una cessazione delle attività terroristiche. Inoltre, il ragionamento di fondo è che la gestione disastrosa di Hamas e le sue azioni violente e criminali siano una diretta conseguenza di atteggiamenti sbagliati altrui, Occidente e Israele in primis.
Questo è Vittorio Dell’Uva in un commento che Il Mattino pubblica a pag.1 e 18
Ecco il testo:

Non è esattamente un pellegrinaggio quello che porterà domani alla Mecca il presidente palestinese Abu Mazen e i leader di Hamas, suoi avversari nell’incandescente condominio del potere determinatosi a Gaza e nei «Territori». Ma gli ospiti sauditi, fattisi mediatori, sperano che in nome dell’Islam il vertice interrompa quanto meno la lotta fratricida che ha fatto decine di vittime nonostante con periodicità infrasettimanale siano state proclamate almeno una mezza dozzina di tregue. Un vero «cessate il fuoco» seguito dalla scomparsa delle milizie dalle strade rappresenterebbe di per sé già un successo anche se l’obiettivo dichiarato resta la costituzione di un governo di coalizione in grado di consentire alla società palestinese di sfuggire all’ultimo incubo che la opprime, la deriva da guerra civile. La partita, nel suo insieme complessa, non si gioca soltanto alla Mecca. Il virtualissimo Stato palestinese, di cui si fa fatica a individuare l’embrione, è diventato più che mai terreno di uno scontro che è insieme militare e ideologico. Non è di rimpasti o di governicchi balneari che si discute. Più anime, dipendenti da potenti sponsor interessati, vanno indotte alla ricerca di una soluzione concordata. Il movimento islamico Hamas che, in base al risultato elettorale di un anno fa rivendica un diritto a governare che nei fatti l’Occidente non gli riconosce, ha rafforzato i suoi legami con Teheran, felice, in chiave anti-israeliana, di fornire più stampelle attraverso forniture di armi e palate di dollari. SEGUE A PAGINA 18 Abu Mazen, il presidente, che dello storico e sfasciato movimento Al Fatah è l’erede, viene tenuto al di sopra della linea di galleggiamento grazie a finanziamenti che arrivano soprattutto dagli Stati Uniti prodighi anche di forniture militari per la sua guardia, «Forza 17». Sullo sfondo di una lotta di potere, endogena ma anche sorretta a distanza, fluttua, tra non pochi isterismi a mano armata, la massa sulle cui piaghe è finito il sale delle sanzioni. Lo «stop and go» del conflitto interpalestinese risiede proprio nelle costanti interferenze che un tempo venivano in qualche misura attenuate, attraverso la mediazione dei Paesi arabi moderati i cui emissari vengono oggi presi a fucilate, come è accaduto a Gaza, nel fine settimana, all’inviato di Mubarak. Quella che va combattuta attraverso l’azione diplomatica è la radicalizzazione della lotta che porta ad assumere posizioni estreme. Da quando Hamas è stato progressivamente criminalizzato per la sua dipendenza da Teheran, di cui non può fare a meno dopo il congelamento da parte di Israele dei fondi destinati ai palestinesi, le correnti più oltranziste, che pure avevano fermato l’offensiva terroristica, sono tornate a negare il diritto dello Stato ebraico ad esistere. Forse se l’ala moderata del governo islamico, democraticamente eletto, fosse stata in qualche misura incoraggiata al dialogo, il livello della crisi non avrebbe raggiunto le vette attuali.

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