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Il Mattino Rassegna Stampa
13.11.2006 A proposito di Israele solo condanne e disinformazione
sul quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 13 novembre 2006
Pagina: 9
Autore: la redazione
Titolo: «Bambini palestinesi assaliti da coloni ebre - Il veto Usa blocca la condanna di Israele - Abu Mazen: nuovo governo entro novembre»

E anche oggi, 13 novembre 2006, la quotidiana dose di veleno contro Israele. Chi si aspettava di leggere non un articolo ma almeno un trafiletto sui missili Qassam che continuano a cadere su Israele andrà deluso, ma avrà un’ulteriore conferma che questo “dettaglio” non esiste nello scenario mediorientale de Il MATTINO. Questo inesistente dettaglio viene sostituito dall’ennesima notizia che vuole i buoni da una parte e i cattivi dall’altra – “Bambini palestinesi assaliti da coloni ebrei”. L’articolo è accompagnato da una grande foto (la più grande della pagina che pure contiene svariati articoli) che mostra dei bambini palestinesi sulle macerie di una casa (l’ennesima di questo tipo ormai da diversi giorni; non pervenute quelle da Israele che mostrano i danni provocati dai Qassam). La foto, va fatto notare, non ha nulla a che vedere con il contenuto dell’articolo. Nell’attesa che le anime buone de Il MATTINO, sempre disposte a commuoversi per i palestinesi, ci raccontino cosa significa per un bambino vivere a Sderot o in qualsiasi altra comunità del Neghev. Bambini evidentemente di serie B se non C, dal momento che per il quotidiano napoletano semplicemente non esistono.

Nell’insieme quello di oggi è l’ennesimo caso di informazione pilotata ad arte (fatta di censure e notizie accuratamente selezionate) per suscitare tutta l’antipatia possibile del lettore verso Israele. Va fortemente rimarcato, infatti, che ormai da tempo tutte le notizie provenineti da Israele e Territori palestinesi hanno con sé un unico e inequivocabile messaggio: gli israeliani sono sempre e solo cattivi, brutali, ecc. e i palestinesi vittime. Mai una denuncia , mai una notizia che possa in qualche modo intaccare l’integerrima immagine dei palestinesi, organizzazioni terroristiche comprese. L’esatto opposto, come quotidianamente documentato, avviene per gli israeliani.
Ecco il testo:

Tel Aviv. In Cisgiordania anche gli uliveti sono terreno di battaglia. Come negli anni passati, con l'inizio della raccolta delle olive si moltiplicano gli incidenti fra agricoltori palestinesi e coloni ebrei decisi a sbarrare loro la strada. Da località agricole sperdute giungono quasi quotidianamente notizie di risse, colluttazioni, aggressioni. L'esercito e la polizia israeliani sono costretti a presidiare gli uliveti: ma si tratta di una operazione disperata. Per ogni incidente sedato in un posto, subito se ne sviluppa un altro altrove. Ieri agricoltori palestinesi e coloni ebrei si sono affrontati fra gli ulivi di Tel Rumeida, un piccolo rione ebraico di Hebron. Secondo il sito online di Haaretz, gli agricoltori palestinesi avevano coordinato la loro presenza con il l'esercito israeliano. Una jeep della polizia attendeva il loro arrivo. Ma decine di coloni hanno occupato la zona e hanno sbarrato la strada ai palestinesi. «Hanno distrutto le prime olive che avevamo raccolto» ha poi raccontato uno degli agricoltori. Altri incidenti analoghi erano avvenuti nei giorni scorsi a Yitzhar (Nablus). La presenza di gruppi di palestinesi vicino alle loro case aveva innervosito i coloni, perchè temevano che fra gli agricoltori ci potessero essere miliziani pronti a compiere attentati. Uno dei punti di frizione ricorrenti è un avamposto illegale israeliano a Hawat Maon, nella zona di Hebron. La necessità di sgomberarlo essendo «un focolare di attività criminale» è stata ribadita dallo stesso ministro della Difesa Amir Peretz (laburista) in un incontro con il dirigente del movimento dei coloni, Hisday Eliezer. Ma il movimento dei coloni ha saputo tendere una efficiente rete politica protettiva attorno agli avamposti illegali. Il «falco» di estrema destra Avigdor Lieberman, appena nominato ministro per le questioni strategiche, è stato incluso in una commissione destinata a stabilire la sorte degli avamposti illegali. In questa atmosfera sono nate le ultime frizioni fra un gruppo di coloni ebrei e gli allievi di piccoli villaggi palestinesi nella zona di Hebron. Nemmeno la presenza di tre jeep dell’esercito ha impedito ieri che questi bambini fossero assaliti da coloni mentre rientravano dalla scuola. Nella fuga, gli scolari hanno lasciato cadere a terra i libri per mettersi in salvo.

Il 12 novembre i titoli sono volti a far sembrare che la risoluzione dell'Onu contro Israele, bloccata dal veto americano, fosse equilibrata, cosa molta lontana dall’essere vera. Nell’articolo alcuni passaggi più consoni a un editoriale che a una cronaca.
Un veto del genere, par di capire, poteva derivare solo dall’azione del cattivissimo Bolton.
Non a caso il giornalista omette di riportare l’astensione di paesi quali il Giappone, la Slovacchia, la Gran Bretagna e la Danimarca (da Ynet: Representatives from the abstaining nations explained that they believe that the phrasing of the draft was one-sided, unbalanced, and – according to Danish Ambassador Ellen Margrethe Loj - did not include "a more thorough recognition of the complexities on the ground"). Non risulta, poi, che Il MATTINOabbia mai parlato di “consueto” aiuto nel caso delle opposizioni di Cina e Russia a diverse bozze di risoluzione contro questa o quella dittatura. Per gli USA e Israele questo viene fatto.
Ecco l'articolo:

New York. Gli Stati Uniti in soccorso di Israele. Come di consueto. Solo che stavolta il veto americano all’Onu ha impedito che passasse una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza che condannava la strage compiuta a Beit Hanun (a Gaza) dagli israeliani l’8 novembre scorso, quando colpi di cannone si erano abbattuti sulle case sterminando 18 civili palestinesi, molti dei quali donne e bambini. La bozza di risoluzione era stata anche ammorbidita dagli stati arabi, ma prevedeva una condanna di Israele e una richiesta di ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza che gli Usa hanno ritenuto inaccettabile. La risoluzione, promossa dal Qatar a nome dei Paesi arabi, era «prevenuta contro Israele e motivata politicamente», ha detto l'ambasciatore degli Usa all'Onu, John Bolton, nell'annunciare il veto. «Questa risoluzione - ha aggiunto Bolton - non mostra una descrizione imparziale degli eventi recenti a Gaza, né fa compiere passi avanti alla causa della pace israelo-palestinese, alla quale aspiriamo e per la quale lavoriamo intensamente». Bolton è uno dei «falchi» vicini a Bush il cui nome viene fatto tra quelli di coloro che potrebbero essere sacrificati dal presidente dopo la sconfitta nelle elezioni di medio termine. È la seconda volta - nel corso del solo 2006 - che gli Usa ricorrono al veto per bloccare bozze di risoluzioni sull'attività di Israele a Gaza. L'estate scorsa Washington aveva deciso un passo analogo su una proposta che censurava la reazione dell'esercito israeliano alla cattura da parte dei palestinesi di un proprio soldato. Il governo di Israele si è scusato nei giorni scorsi per quello che il primo ministro Ehud Olmert ha definito «un incidente tecnico», ma che i leader palestinesi hanno chiamato «un massacro». Gli stati arabi avevano chiesto inizialmente al Consiglio di adottare una risoluzione con la richiesta di cessate il fuoco immediato e l'invio di osservatori Onu sul modello dell'Unifil rafforzata nel Libano meridionale. Una nuova bozza circolata l’altro ieri ha cancellato il riferimento al cessate il fuoco e alla forza delle Nazioni Unite. Il testo rivisto e ieri bocciato chiedeva invece all'Autorità palestinese di prendere misure immediate per porre fine alla violenza, tra cu il lancio di razzi su territori di Israele. Tra le richieste c'era anche quella alla comunità internazionale di fare passi per stabilizzare la situazione, riavviare il processo di pace in Medio Oriente e considerare «la possibile istituzione di un meccanismo internazionale» per la protezione dei civili. È in questo clima che il primo ministro israeliano è partito ieri notte per Washington dove domani è atteso alla Casa Bianca dal presidente George W. Bush, la cui politica in Medio Oriente potrebbe ora essere fortemente condizionata dall'esito delle elezioni mid-term americane. Il viaggio di Olmert coincide con un momento di grande incertezza in Israele, dove ci si interroga sulle possibili future linee della politica americana nella regione. In un'intervista alla tv britannica Sky, Olmert ha detto che «ogni ritiro dall’Iraq deve essere attentamente pianificato allo scopo di non minare l'equilibrio molto delicato dei paesi moderati in Medio Oriente. L’America dovrebbe essere molto cauta - ha sostenuto - prima di compiere un passo che potrebbe compromettere la stabilità fragile di questa parte del mondo». C'è chi afferma a Gerusalemme che il momento scelto per la visita di Olmert a Washington sia inopportuno, almeno fino a quando non si sarà delineata a una nuova politica estera americana. au.buo. Abu Mazen: nuovo governo entro novembre Il primo ministro Haniyeh, di Hamas, ribadisce: «Pronto a dimettermi per aiutare i palestinesi» Ramallah. Il presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato ieri a Ramallah che un governo di unità nazionale palestinese sarà formato prima della fine di novembre. «Mi aspetto la nascita di questo governo prima della fine del mese» ha detto Abu Mazen, rivolgendosi a una folla di migliaia di persone che si erano radunate davanti alla Muqata, il suo quartier generale, per commemorare il secondo anniversario della morte dello storico leader palestinese Yasser Arafat, e sulla cui fine si aprirà una commissione d’inchiesta. «Ho buone notizie per il nostro popolo - ha detto - e queste sono che abbiamo compiuto grandi progressi sulla strada per la formazione di un governo di unità nazionale che ponga fine all'assedio e apra gli orizzonti per una soluzione politica che ponga fine all'occupazione israeliana». Abu Mazen ha condannato l'«ingiusto» boicottaggio internazionale del governo palestinese formato dal movimento islamico Hamas e ha esortato «tutti i nostri fratelli e amici a sostenere il nostro popolo e ad agire affinchè sia revocato» e «il governo israeliano sia costretto a sedere al tavolo dei negoziati». I paesi donatori hanno sospeso l'erogazione degli aiuti economici diretti all'Autorità nazionale palestinese (Anp) dopo la formazione del governo diretto da Hamas, lo scorso marzo, fino a quando il movimento islamico non riconoscerà il diritto di Israele all'esistenza e non rinuncerà alla violenza. Israele per lo stesso motivo ha interrotto il trasferimento mensile di circa 50 milioni di dollari che raccoglieva per conto dell' Anp per il pagamento di tasse e dazi doganali. A questo proposito il premier palestinese Ismail Haniyeh ha ribadito anche ieri di essere pronto a rinunciare al potere al fine di permettere la revoca delle sanzioni economiche. «Se dovessi scegliere tra la revoca delle sanzioni imposte al nostro popolo e il mio mantenimento al potere io sceglierò la revoca delle sanzioni» ha detto Haniyeh, aggiungendo tuttavia che «resterà attaccato ai diritti e ai principi palestinesi e al proseguimento della resistenza contro l'occupazione israeliana». Nel discorso Abu Mazen ha poi ha detto di essere deciso a scoprire la «verità» sulla «misteriosa malattia» che esattamente due anni fa ha portato alla morte Arafat e ha perciò annunciato la costituzione «di una commissione di medici, di specialisti e di uomini politici» aggiungendo che «continuano a tutti i livelli le indagini per stabilire le circostanze che hanno causato la malattia del presidente e il suo martirio (morte)». L'inchiesta, ha detto, «andrà avanti fino a quando il popolo non saprà la verità sulla misteriosa malattia che ha ucciso Yasser». L'esatta natura della malattia che ha causato il decesso di Arafat, dopo il suo ricovero di emergenza in un ospedale francese, non è mai stata precisata. Questo mistero ha dato adito presso parte dei palestinesi al sospetto che Israele sia responsabile della sua morte.

Nel sottotitolo dell’altro articolo pubblicato ancora una volta la redazione è stata molto attenta a esaltare la bontà del primo ministro palestinese di Hamas Haniyeh. Nell’articolo viene ancora ripetuta la propaganda anti-israeliana sulla morte di Arafat.
Ecco il testo:

Ramallah. Il presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato ieri a Ramallah che un governo di unità nazionale palestinese sarà formato prima della fine di novembre. «Mi aspetto la nascita di questo governo prima della fine del mese» ha detto Abu Mazen, rivolgendosi a una folla di migliaia di persone che si erano radunate davanti alla Muqata, il suo quartier generale, per commemorare il secondo anniversario della morte dello storico leader palestinese Yasser Arafat, e sulla cui fine si aprirà una commissione d’inchiesta. «Ho buone notizie per il nostro popolo - ha detto - e queste sono che abbiamo compiuto grandi progressi sulla strada per la formazione di un governo di unità nazionale che ponga fine all'assedio e apra gli orizzonti per una soluzione politica che ponga fine all'occupazione israeliana». Abu Mazen ha condannato l'«ingiusto» boicottaggio internazionale del governo palestinese formato dal movimento islamico Hamas e ha esortato «tutti i nostri fratelli e amici a sostenere il nostro popolo e ad agire affinchè sia revocato» e «il governo israeliano sia costretto a sedere al tavolo dei negoziati». I paesi donatori hanno sospeso l'erogazione degli aiuti economici diretti all'Autorità nazionale palestinese (Anp) dopo la formazione del governo diretto da Hamas, lo scorso marzo, fino a quando il movimento islamico non riconoscerà il diritto di Israele all'esistenza e non rinuncerà alla violenza. Israele per lo stesso motivo ha interrotto il trasferimento mensile di circa 50 milioni di dollari che raccoglieva per conto dell' Anp per il pagamento di tasse e dazi doganali. A questo proposito il premier palestinese Ismail Haniyeh ha ribadito anche ieri di essere pronto a rinunciare al potere al fine di permettere la revoca delle sanzioni economiche. «Se dovessi scegliere tra la revoca delle sanzioni imposte al nostro popolo e il mio mantenimento al potere io sceglierò la revoca delle sanzioni» ha detto Haniyeh, aggiungendo tuttavia che «resterà attaccato ai diritti e ai principi palestinesi e al proseguimento della resistenza contro l'occupazione israeliana». Nel discorso Abu Mazen ha poi ha detto di essere deciso a scoprire la «verità» sulla «misteriosa malattia» che esattamente due anni fa ha portato alla morte Arafat e ha perciò annunciato la costituzione «di una commissione di medici, di specialisti e di uomini politici» aggiungendo che «continuano a tutti i livelli le indagini per stabilire le circostanze che hanno causato la malattia del presidente e il suo martirio (morte)». L'inchiesta, ha detto, «andrà avanti fino a quando il popolo non saprà la verità sulla misteriosa malattia che ha ucciso Yasser». L'esatta natura della malattia che ha causato il decesso di Arafat, dopo il suo ricovero di emergenza in un ospedale francese, non è mai stata precisata. Questo mistero ha dato adito presso parte dei palestinesi al sospetto che Israele sia responsabile della sua morte.

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