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Il Mattino Rassegna Stampa
17.10.2006 Un articolo di cronaca chiuso con la solita propaganda
sul quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 17 ottobre 2006
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Il Sexgate travolge Katsav, bufera in Israele»

 

Michele Giorgio dedica le ultime righe di un articolo dedicato allo scandalo che ha coinvolto il presidente israeliano Katzav a riferire la risposta del premier libanese Siniora alla proposta di pace israeliana.

Siniora dichiara che «la vera pace risiede nell' accettazione da parte d'Israele dell'iniziativa di pace araba» e Giorgio si guarda bene dal spiegare che tale piano prevede il ritiro di Israele da tutti i territori conquistati nel 67, inclusa Gerusalemme Est e il riconoscimento del "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi (che distruggerebbe gli equilibri demografici del paese) in cambio del semplice riconoscimento di undato di fatto: che cioè Israele esiste.
Di fatto, il Libano ha rifiutato un'autentica trattativa con Israele per rimandare a un diktat.
Discutibile è anche l'inserimento di questa notizia nel contesto di un articolo su di uno scandalo che coinvolge la più alta carica istituzionale israeliana.
Un modo per gettare un sottile discredito sulla posizione del governo Olmert
Ecco il testo:
 

Gerusalemme. Siamo alla resa dei conti. Il presidente israeliano Moshe Katsav, travolto dalle accuse di violenze sessuali, ieri ha fatto sapere attraverso il suo avvocato che si dimetterà se verrà incriminato. La notizia ha destato scalpore in Israele dove lo scandalo è enorme, dal momento che getta fango sulla figura del primo cittadino dello Stato. Pochi hanno dubbi: il destino di Katsav sembra segnato. Le prove raccolte risulterebbero schiaccianti e già si alzano le voci di chi ora vorrebbe a capo dello Stato ebraico una donna, per dare un segnale forte ad un Paese che negli ultimi anni ha visto diversi uomini politici di spicco accusati di violenze e molestie sessuali. Talia Livni, avvocato alla guida di «Naamat», l'associazione che difende i diritti di donne e bambini, sostiene che mai come ora «una donna restituirebbe dignità all'istituzione presidenziale». La decisione sull'incriminazione sarà presa dal procuratore generale, Meni Mazuz, entro due-tre settimane. Il presidente, che continua a proclamarsi innocente e vittima di tentativi di estorsione da parte delle sue accusatrici, rischia da 3 a 16 anni di detenzione se trovato colpevole. Ieri ha dovuto rinunciare a presiedere l'apertura della nuova sessione della Knesset per evitare le iniziative di protesta nei suoi confronti annunciate da numerosi deputati. La versione di Katsav secondo la polizia non regge. Gli investigatori hanno chiuso l'inchiesta, durata due mesi, con la raccomandazione di incriminare il presidente per una serie di crimini infamanti. Le accuse più pesanti sono di stupro di due sue ex dipendenti, di violenze sessuali e di atti indecenti. Inoltre è accusato di intercettazioni abusive di colloqui telefonici del personale al suo servizio, di aver usato fondi a disposizione della presidenza per distribuire regali a parenti e amici. Ora sarà l'Avvocatura dello stato a decidere se il materiale raccolto dagli inquirenti sia sufficiente per incriminare il presidente, ma la convinzione generale è che il passo sia inevitabile. Per poter processare Katsav, che gode dell'immunità, è prima necessario che si dimetta o che sia deposto col voto favorevole di almeno 90 dei 120 deputati della Knesset. Altrimenti bisognerà attendere la fine del suo mandato settennale, che scade il prossimo luglio. La disponibilità di Katsav a dimettersi è stata perciò accolta con un sospiro di sollievo. La polizia era intervenuta lo scorso agosto dopo che lo stesso Katzav si era lamentato col procuratore Meni Mazuz denunciando di essere ricattato da una sua ex dipendente. Quest'ultima, nota solo con l'iniziale «A» del nome, invece ha raccontato di essere stata obbligata da Katzav ad avere rapporti sessuali con lui e nei giorni successivi altre dieci donne hanno denunciato di essere state oggetto di molestie e abusi da parte di Katsav. Intanto sul piano della politica estera, il premier libanese Fuad Siniora ha ribadito che il Libano sarà «l'ultimo paese arabo a firmare la pace con Israele» e - pur senza farvi esplicito riferimento - ha respinto l'ennesima offerta del premier israeliano Ehud Olmert per colloqui diretti. Lo ha riferito ieri il gabinetto dello stesso Siniora, in un comunicato diffuso a Beirut. Nel comunicato, si afferma che «la vera pace risiede nell' accettazione da parte d'Israele dell'iniziativa di pace araba» adottata nel vertice della Lega Araba del 2002 a Beirut.

 


posta@ilmattino.it

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