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Il Mattino Rassegna Stampa
17.11.2005 Israele sempre al centro di un' attenzione non certo benvola
tra distorsioni e manipolazioni

Testata: Il Mattino
Data: 17 novembre 2005
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Israele: scontro aperto, governo in agonia»
L’attenzione de IL MATTINO è puntata sempre e solo su Israele. Giovedì 17 novembre 2005 particolarmente propagandistico è il titolo che presenta l’articolo di Michele Giorgio sul profilarsi di elezioni anticipate nei primi mesi del 2006. Si abusa di espressioni esasperate come "scontro aperto" e "agonia". L’articolo, poi, è accompagnato da una foto che ritrae soldati israeliani alle prese con arresti di palestinesi: propaganda purissima. Intanto perché l’articolo stesso tratta argomenti del tutto diversi. Poi perché la didascalia è falsa. La stessa situazione è mostrata in una fotografia pubblicata dal Jerusalem Post, soltanto scattata da un’angolazione differente e in un momento diverso. I ragazzi palestinesi sono gli stessi. La didascalia che compare sul Jerusulem Post spiega cosa ritrae per davvero la foto: perquisizioni dopo l’arresto di un palestinese di 16 anni che indossava con una cintura esplosiva. IL MATTINO , invece, scrive nella didascalia che accompagna la foto: "Palestinesi arrestati in Cisgiordania", senza aggiungere altro. Quindi, IL MATTINO oltre a scrivere il falso, perché non si tratta di arresti, omette di riferire il vero contesto dell’immagine pubblicata evitando così di portare a conoscenza del lettore quanto accaduto al checkpoint di Hawara.
Censura più totale su questo fatto anche nell'articolo. IL MATTINO ancora una volta dimostra di saper manipolare molto bene l’informazione atraverso distorsioni e omissioni.

Ecco il testo:

Gerusalemme. Dopo quattro anni di consenso, di fatto unanime, intorno al premier Ariel Sharon, il clima politico in Israele è tornato a surriscaldarsi grazie alle primarie laburiste che hanno portato ai vertici del partito il sindacalista di sinistra Amir Peretz. Il voto di lunedì prossimo alla Knesset (il Parlamento) sul possibile scioglimento anticipato della legislatura si sta perciò trasformando in un confronto diretto tra il Likud al potere e i laburisti, che pure fanno ancora parte della coalizione di governo guidata da Sharon. Ieri i deputati del Likud hanno pubblicato un documento, dal tono molto duro, in cui affermano che «la spaccatura del governo di unità nazionale rappresenta una iniziativa politica irresponsabile da parte dei laburisti e del loro leader». Il Likud, hanno aggiunto, «unirà le proprie fila per affrontare i progetti estremisti di Peretz, che mettono a repentaglio la sicurezza e l’economia di Israele». Il ministro delle Finanze, Ehud Olmert, ha addirittura affermato che il neo leader laburista rappresenta «il comunismo e il socialismo degli anni Cinquanta». Peretz non ha replicato e, dietro le quinte, prepara l’uscita del partito dal governo e lo scontro sulla legge finanziaria che - afferma - penalizza le fasce sociali più deboli, ignorate troppo a lungo da tutte le forze politiche, inclusi i laburisti, a causa del predominio esercitato dalle questioni di sicurezza e dal futuro dei Territori palestinesi. Dopo le sconfitte umilianti subite negli ultimi anni, i laburisti ora hanno voglia di riscattarsi a danno della destra e di fronte a ciò il Likud sembra intenzionato a ricucire lo strappo che lo ha diviso nei mesi scorsi tra sostenitori e oppositori del piano del premier Sharon di ritiro da Gaza. «Tutti insieme appassionatamente», ha spiegato con sarcasmo il clima nel Likud un giornalista della radio statale. Roni Bar On, un deputato considerato molto vicino a Sharon, ha aggiunto da parte sua che «ora nel Likud c'è una tale appiccicosa unità che ci vuole il sacchetto per vomitare». Una riappacificazione forzata dovuta anche all'incertezza sulle intenzioni di Sharon che, nemmeno ieri, ha chiarito se sia sua intenzione restare o uscire dal Likud, dove il suo piano di unilaterale ritiro da Gaza era stato aspramente contestato dalle correnti più nazionaliste. Il premier continua a tenere sulle spine il partito che, senza di lui, rischierebbe di perdere le elezioni e di finire dietro ai laburisti. Sharon non esclude infatti di poter formare un nuovo partito, centrista, del quale potrebbe far parte anche l’ex leader laburista Shimon Peres, uscito sconfitto dal confronto con Peretz e che ora non pochi dirigenti del suo partito vorrebbero fuori dal panorama politico nazionale, in considerazione anche della sua età (83 anni). Davanti al rischio di perdere Sharon, il gruppo dei «ribelli» in seno al Likud perciò usa toni pacati quando parla del primo ministro. Uzi Landau, uno dei più accaniti oppositori del ritiro da Gaza, ha dichiarato che se Sharon vincerà le primarie, lui non esiterà ad appoggiarlo. Di fronte a tanto disinteressato sostegno, Sharon ha invitato tutti «ad evitare di mentire. Nessuno di noi in realtà ha cambiato le sue posizioni». Che Israele stia entrando in clima elettorale lo prova anche il fatto che ieri i corridoi della Knesset, dopo molto tempo, sono ritornati a riempirsi di giornalisti alla ricerca di notizie e indiscrezioni.
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