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Il Mattino Rassegna Stampa
23.08.2005 Parzialità e catastrofismi smentiti dai fatti nella cronaca del ritiro da Gaza
sul quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 23 agosto 2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio - un giornalista -Erri De Luca
Titolo: «Cisgiordania, estremisti sul piede di guerra - Sharon promette: altre colonie - Gaza, ultimo atto tra incendi e preghiere - Le due sinagoghe»
Israele sempre sul banco degli accusati e previsioni catastrofiche sullo sgombero degli insediamenti simili a quelle, mai avveratesi , propinate ai suoi lettori da quando si è iniziato a parlare di ritiro israeliano.
E' questa, in sintesi la cronaca mediorientale del MATTINO negli ultimi due giorni.

Di seguito, riportiamo l'articolo di Michele Giorgio "Cisgiordania, estremisti sul piede di guerra", pubblicato pagina 9 il 23 agosto 2005

Gerusalemme. Gli ultimi coloni di Netzarim hanno lasciato ieri sera le loro case e la loro partenza ha messo la parola fine alla colonizzazione ebraica della Striscia di Gaza, cominciata oltre 30 anni fa. La data del 22 agosto del 2005 verrà ricordata con dolore da coloro che hanno dovuto lasciare le loro case, ma segna anche l’inizio di un futuro di libertà per i palestinesi di Gaza. «Il disimpegno israeliano – ha detto il presidente Abu Mazen - è solo l’inizio del ritiro da tutte le colonie. Domani inizieranno ad evacuare parte della Cisgiordania e noi non chiuderemo i nostri occhi e non ci daremo pace finché non lasceranno tutta la nostra terra». Di pari passo a quelle palestinesi, crescono anche le speranze del premier israeliano Ariel Sharon di superare l’opposizione che, soprattutto, alcuni esponenti del suo partito, il Likud, stanno attuando contro il suo piano di «disimpegno unilaterale dai palestinesi» allo scopo di andare alle elezioni anticipate. In serata tra i due leader si è svolto anche un breve colloquio telefonico. Entrambi si sono detti soddisfatti per il ritiro da Gaza. «Il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen - ha fatto sapere l'ufficio del primo ministro israeliano - ha telefonato al primo ministro per congratularsi del ritiro dalla Striscia di Gaza che ha definito una decisione coraggiosa e storica». L'ufficio di Sharon ha anche fatto sapere che i due dirigenti si sono messi d'accordo per «incontrarsi presto», ma senza fissare una data. A Netzarim ieri tutto si è svolto in maniera pacifica. In serata gli ultimi tir, carichi di mobili, scatoloni, elettrodomestici e valigie, hanno lasciato Gaza in direzione di Gerusalemme e poi dell’insediamento di Ariel, in Cisgiordania. Prima di abbandonare le loro case, i coloni hanno celebrato un’ultima funzione religiosa. Nella sinagoga di Netzarim si sono ritrovate le 80 famiglie di vecchia data e una ventina di nuove, in tutto 500 persone, più gli uomini delle forze di sicurezza. Ora l’attenzione delle forze di sicurezza di Israele si concentra sugli ultimi due insedimenti ancora occupati in Cisgiordania. Tel Aviv teme di trovarsi di fronte a una forte resistenza da parte dei numerosi oppositori radicali infiltrati nelle colonie. Per completare definitivamente lo sgombero di Homesh e Sa-nur sono stati inviati oltre 5mila soldati. Preoccupano i circa 2mila ultranazionalisti arrivati illegalmente negli insediamenti e intenzionati a boicottare il ritiro previsto dal piano Sharon. Secondo le forze di sicurezza gli oppositori disporrebbero anche di armi, bombe assordanti e gas lacrimogeni e sarebbero intenzionati a usarli contro le forze di sicurezza. La stampa israeliana ha avvertito che fra gli infiltrati ci sono con ogni probabilità estremisti del Kach, il movimento di estrema destra razzista messo fuori legge ma che in pratica continua ad esistere. Nei due insediamenti ci sono anche molti «ragazzi delle colline», gli adolescenti ultranazionalisti delle colonie dure del sud della Cisgiordania anche loro pronti allo scontro in nome della difesa del «Grande Israele» biblico. Preoccupati sono anche i palestinesi dei villaggi vicini. «Temendo rappresaglie, abbiamo costituito dei comitati di vigilanza di giorno e di notte. Sorvegliamo le nostre moschee e in particolare quelle che si affacciano sulla strada. I coloni più estremisti ci possonno attaccare. Da alcuni giorni vediamo che avanzano verso il nostro villaggio», ha detto ieri Atef Assaissa, responsabile di El-Assaissa, dove risiedono 500 palestinesi, a soli 200 metri da Sa-Nur.
Sempre a pagina 9 troviamo l'articolo "Sharon promette: altre colonie"
Gerusalemme. Si era presentato alla Knesset, il parlamento israeliano, per fare il punto della situazione sulle operazioni di ritiro dei coloni da Gaza e da alcuni insediamenti della Cisgiordania. Ma al termine dell’intervento del premier Sharon il dibattito in aula è stato caratterizzato dai durissimi attacchi verbali dei deputati del Likud (il suo stesso partito) e delle altre formazioni di destra. «Continueremo a costruire in Cisgiordania», aveva dichiarato Sharon in mattinata, nonostante il blocco delle attività edilizie previsto dalla road map, il piano internazionale per riportare la pace in Medio Oriente. Del resto, ha ricordato il premier, è dal 1967 che ogni governo, di qualunque colore, ha potuto «constatare l’importanza strategica delle aree di quella zona». La promessa di nuovi insediamenti in Cisgiordania non ha però frenato le violente critiche della destra, che continua a rifiutare il ritiro dei coloni. Pesantissime le accuse dei dissidenti del Likud: il deputato Uzi Landau vede in Sharon l’uomo che ha «portato Israele a nuovi vertici di corruzione». «Bugiardo e imbroglione», queste le parole usate da Landau all’indirizzo del premier, praticamente schernito, invece, da un esponente del sionismo religioso, Effi Eytan: «Ti manderemo ad accarezzare le pecore della tua fattoria. Faremo di tutto per rimuoverti dalla politica, non saremo ministri nel tuo governo». La contestazione si salda poi all’aspetto più strettamente religioso: nella ricorrenza del Tisha Beav, che ricorda la distruzione del Tempio biblico, ogni ebreo, aggiungono gli esponenti di destra, pregherà pensando «alla distruzione che hai seminato nel paese e in tutta la regione». Mentre la sinistra getta benzina sul fuoco, attaccando il direttivo del Consiglio rappresentativo degli insediamenti («Una banda di criminali che ha costretto il paese a danzare secondo la sua musica per 40 anni»), il presidente dell’assemblea Rivlin ha abbandonato la seduta. Il suo appello a Sharon, affinché svolgesse un’opera di pacificazione per sanare la spaccatura politica, era evidentemente caduto nel vuoto. Ma Sharon prosegue per la sua strada, forte dell’esito del sondaggio diffuso dall’emittente Canale 10: la popolarità del premier è in ascesa, con un 38% di preferenze e otto punti di vantaggio sull’avversario Netanyahu.
A pagina 7 del MATTINO di lunedì 22 agosto 2005 troviamo invece l'articolo di Giorgio "Gaza, ultimo atto tra incendi e preghiere", che riportiamo:
Gerusalemme. Gli ultimi coloni di Netzarim hanno lasciato ieri sera le loro case e la loro partenza ha messo la parola fine alla colonizzazione ebraica della Striscia di Gaza, cominciata oltre 30 anni fa. La data del 22 agosto del 2005 verrà ricordata con dolore da coloro che hanno dovuto lasciare le loro case, ma segna anche l’inizio di un futuro di libertà per i palestinesi di Gaza. «Il disimpegno israeliano – ha detto il presidente Abu Mazen - è solo l’inizio del ritiro da tutte le colonie. Domani inizieranno ad evacuare parte della Cisgiordania e noi non chiuderemo i nostri occhi e non ci daremo pace finché non lasceranno tutta la nostra terra». Di pari passo a quelle palestinesi, crescono anche le speranze del premier israeliano Ariel Sharon di superare l’opposizione che, soprattutto, alcuni esponenti del suo partito, il Likud, stanno attuando contro il suo piano di «disimpegno unilaterale dai palestinesi» allo scopo di andare alle elezioni anticipate. In serata tra i due leader si è svolto anche un breve colloquio telefonico. Entrambi si sono detti soddisfatti per il ritiro da Gaza. «Il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen - ha fatto sapere l'ufficio del primo ministro israeliano - ha telefonato al primo ministro per congratularsi del ritiro dalla Striscia di Gaza che ha definito una decisione coraggiosa e storica». L'ufficio di Sharon ha anche fatto sapere che i due dirigenti si sono messi d'accordo per «incontrarsi presto», ma senza fissare una data. A Netzarim ieri tutto si è svolto in maniera pacifica. In serata gli ultimi tir, carichi di mobili, scatoloni, elettrodomestici e valigie, hanno lasciato Gaza in direzione di Gerusalemme e poi dell’insediamento di Ariel, in Cisgiordania. Prima di abbandonare le loro case, i coloni hanno celebrato un’ultima funzione religiosa. Nella sinagoga di Netzarim si sono ritrovate le 80 famiglie di vecchia data e una ventina di nuove, in tutto 500 persone, più gli uomini delle forze di sicurezza. Ora l’attenzione delle forze di sicurezza di Israele si concentra sugli ultimi due insedimenti ancora occupati in Cisgiordania. Tel Aviv teme di trovarsi di fronte a una forte resistenza da parte dei numerosi oppositori radicali infiltrati nelle colonie. Per completare definitivamente lo sgombero di Homesh e Sa-nur sono stati inviati oltre 5mila soldati. Preoccupano i circa 2mila ultranazionalisti arrivati illegalmente negli insediamenti e intenzionati a boicottare il ritiro previsto dal piano Sharon. Secondo le forze di sicurezza gli oppositori disporrebbero anche di armi, bombe assordanti e gas lacrimogeni e sarebbero intenzionati a usarli contro le forze di sicurezza. La stampa israeliana ha avvertito che fra gli infiltrati ci sono con ogni probabilità estremisti del Kach, il movimento di estrema destra razzista messo fuori legge ma che in pratica continua ad esistere. Nei due insediamenti ci sono anche molti «ragazzi delle colline», gli adolescenti ultranazionalisti delle colonie dure del sud della Cisgiordania anche loro pronti allo scontro in nome della difesa del «Grande Israele» biblico. Preoccupati sono anche i palestinesi dei villaggi vicini. «Temendo rappresaglie, abbiamo costituito dei comitati di vigilanza di giorno e di notte. Sorvegliamo le nostre moschee e in particolare quelle che si affacciano sulla strada. I coloni più estremisti ci possonno attaccare. Da alcuni giorni vediamo che avanzano verso il nostro villaggio», ha detto ieri Atef Assaissa, responsabile di El-Assaissa, dove risiedono 500 palestinesi, a soli 200 metri da Sa-Nur.
Segnaliamo invece positivamente l'articolo di Erri De Luca, pubblicato in prima pagina il 22 agosto 2005 "Le due sinagoghe", nel quale si legge una verità accuratamente taciuta dall'"informazione2 antiisraeliana imperante sul quotidiano napoletano e altrove :
Le sinagoghe della Striscia di Gaza venivano svuotate, i rotoli delle scritture sacre uscivano in braccio ai coloni arresi. Da parte palestinese la mossa equivalente sarebbe il disarmo forzato di Hamas e delle altre formazioni militari. Senza questo secondo atto unilaterale, il sacrificio del ritiro dalla Striscia di Gaza andrà sprecato. Senza questa prova di forza e di autorità nel campo palestinese, le sinagoghe resteranno bersaglio, malgrado qualche visita solenne.
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