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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Mattino Rassegna Stampa
21.10.2003 Titoli faziosi
ne è pieno il quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 21 ottobre 2003
Pagina: 1
Autore: Michele Giorgio e altri giornalisti del Mattino
Titolo: «Un raid dopo l'altro, Israele martella Gaza»
Sul Mattino di oggi, martedì 21 ottobre 2003, sono stati pubblicati ben tre articoli che coprono un'intera pagina (fatta eccezione per un articolo riferito all'Iraq) con due grandi foto. Una delle due ritrae il volto in primo piano di una bambina palestinese in lacrime con la seguente didascalia: "una ragazzina palestinese in lacrime dopo il raid israeliano a Gaza"; mentre l'altra mostra uno dei palazzi sventrati dai missili.
Il titolo del primo articolo, "Un raid dopo l'altro, Israele martella Gaza" è assolutamente fuori luogo. L'obiettivo dei soldati israeliani erano i terroristi di Hamas e della Jihad islamica, non la città di Gaza, che peraltro non è stata rasa al suolo come invece il titolo sembra farci credere.
Ma il titolo del secondo articolo è ancora peggio in termini di faziosità. Si tratta di un pezzo sul dibattito parlamentare alla Knesset, che viene titolato così: «E Sharon alza il tiro: "Elimineremo Arafat"». Ma quando mai l'ha detto? Arafat rappresenta un ostacolo alla Road Map, ma non ci sembra proprio di aver sentito Sharon pronunciare il verbo "eliminare"! Anzi,nel dibattito parlamentare Sharon ha parlato di espulsione. Cosa ben diversa. E poi, comunque, di una possibilità.
Ecco gli articoli:

1)UN RAID DOPO L'ALTRO, ISRAELE MARTELLA GAZA

Gerusalemme. Non si è fatta attende la rappresaglia di Israele dopo l'imboscata che domenica sera è costata la vita a tre soldati nei pressi di Ramallah (in Cisgiordania). L’aviazione di Tel Aviv ha martellato ieri la Striscia di Gaza, dove la popolazione ha vissuto ore di paura e forte tensione. Per ben cinque volte in appena dodici ore, gli elicotteri Apache e i cacciabombardieri F-16 con la Stella di David hanno preso di mira edifici e automobili appartenenti a militanti della Jihad islamica e di Hamas. Dieci i palestinesi uccisi, un centinaio i feriti. Tra loro anche numerosi bambini. L’episodio più grave è avvenuto nel quarto raid, che ha avuto come bilancio sette morti e una trentina di feriti. I missili israeliani hanno colpito due auto sulle quali viaggiavano le vittime designate: obiettivo era Imad Akel, capo locale delle brigate Ezzedin al Qassam (il braccio armato di Hamas), che è riuscito a sfuggire all’attacco. Ma dall’elicottero è stato poi lanciato un altro missile contro persone che cercavano di soccorrere i passeggeri del veicolo, causando una trentina di feriti (non è chiaro se tutti i palestinesi morti siano stati uccisi dai primi due missili).
Obiettivo del primo raid degli F-16 è stato, nel quartiere di Shujaieh (Gaza city), quello che gli israeliani hanno definito un «laboratorio» utilizzato da Hamas per la fabbricazione di ordigni esplosivi e razzi anti-carro. Circostanza smentita dal proprietario dell'edificio colpito, Mohamed Mustaha, il quale ha dichiarato che si trattava di una casa in costruzione per la sua famiglia. «Viviamo in un palazzo a poche decine di metri dallo stabile distrutto. Abbiamo sentito prima un fischio e poi un’esplosione tremenda, la terra ha tremato», ha riferito.
La bomba peraltro è caduta a breve distanza dalla casa dello sceicco Abdallah Shami, uno dei leader della Jihad islamica. Era lui nel mirino dei missili israeliani? «L'obiettivo vero del raid ero io. Oggi più che mai, riteniamo che per i palestinesi l'unica strada da seguire sia quella della resistenza a oltranza», ha dichiarato lo stesso portavoce della Jihad islamica, che nelle settimane scorse si era dimesso dall'incarico non avendo condiviso la scelta di accettare una «hudna», cioè la tregua temporanea concordata dalle fazioni palestinesi a fine giugno e poi sfumata a metà agosto.
Il secondo attacco è avvenuto poco dopo le 11, quando gli F-16 sono tornati a colpire in Via El-Jala, questa volta nel pieno centro di Gaza city. Un razzo ha centrato l'auto con a bordo due militanti di Ezzedin El- Qassam, il braccio armato di Hamas: le vittime sono Yiad El-Hilu e Khaled El- Masri. Sono rimasti uccisi sul colpo, mentre un ragazzo che transitava nei pressi del luogo dell'attacco, rimasto ferito gravemente, è deceduto poco dopo nell’ospedale di Gaza. Un'altra decina di passanti sono stati feriti. Le conseguenze avrebbero potuto essere ben più gravi, poiché la zona era affollata di scolari appena usciti dalle scuole. Ad una trentina di metri dal luogo dell'attacco inoltre si trova una stazione di rifornimento. «Poteva saltare tutto in aria, ci sono migliaia di litri di benzina qui», ha detto il proprietario. Un passante, Mahmud Yaejzi, ha inveito sostenendo che «ormai tutti i palestinesi, anche i civili, sono obiettivi per gli israeliani».
Ma alcune ore dopo un terzo attacco è stato compiuto da elicotteri da combattimento che hanno centrato un edificio disabitato, ancora a Shujaieh, dove - sempre secondo un portavoce militare israeliano - Hamas avrebbe nascosto munizioni e armi. Il bombardamento ha provocato il ferimento di alcune donne. Il quarto e quinto attacco in serata e a notte inoltrata: almeno sette i morti e altre decine di feriti. Immediata la reazione di Hamas, che ha annunciato vendetta.
E ad aumentare la tensione già alta si sono aggiunte le accuse rivolte da Yediot Ahronot - il quotidiano più diffuso d'Israele - al presidente palestinese Yasser Arafat per l'imboscata di domenica sera in cui sono stati uccisi tre soldati. A detta del quotidiano, Kamal Ghanem - sospettato di essere il mandante dell'agguato, rivendicato dalle «Brigate martiri di Al-Aqsa» (vicine ad Al-Fatah, il movimento guidato da Arafat) - avrebbe avuto il suo rifugio nella Muqata, il quartier generale del presidente palestinese a Ramallah. È in questo clima che alcuni ministri israeliani e lo stesso premier Ariel Sharon (ne riferiamo in questa stessa pagina) sono tornati a parlare di «rimozione» di Arafat.

2) E SHARON ALZA IL TIRO: "ELIMINEREMO ARAFAT"
Gerusalemme. Sharon torna ad alzare il tiro contro Arafat. Con l’inequivocabile linguaggio del «falco», il premier israeliano definisce il presidente palestinese Yasser Arafat «il più grande ostacolo alla pace» e preannuncia che Israele «è determinato a rimuoverlo dalla scena politica». Appena tre giorni fa, Sharon aveva detto l’opposto: nel corso di un’intervista aveva sostenuto di non ritenere «opportuno» rimuovere Arafat. Ma ora, sull’onda dell’escalation militare, il premier israeliano sembra aver deciso di spingere sull’acceleratore dello scontro. E pur sostenendo davanti alla Knesset (Parlamento) di continuare a vedere nella «road map» - il tracciato di pace elaborato dal Quartetto (formato da Usa, Europa, Russia e Onu) - l'unica via di uscita per il conflitto israeliano-palestinese, Sharon ha anche aggiunto che Israele non fermerà la costruzione del Muro per isolare i Territori.
Nell'aula del parlamento, Sharon ha trovato un clima arroventato. Il primo ministro non ha potuto completare quasi alcuna frase, senza essere interrotto dagli irati commenti dell’opposizione, che gli attribuiscono la responsabilità dell’escalation. Il presidente del parlamento, Reuven Rivlin (Likud) è stato dunque costretto ad ordinare la espulsione di tre deputati distintisi per i loro sonori interventi.
L'aula della Knesset è entrata in fase di ebollizione quando Sharon ha poi sostenuto che all'estero e in Israele ci sono elementi - alludeva agli esponenti della sinistra israeliana che hanno firmato un piano ipotetico di pace con i palestinesi - che vorrebbero esimere i dirigenti palestinesi dalla necessità di lottare contro i gruppi della Intifada armata.
Queste parole hanno fatto infuriare in particolar modo l'ottantenne leader della opposizione laburista, Shimon Peres che ha rinfacciato a Sharon di pretendere adesso «non solo il monopolio dei negoziati con i palestinesi, ma perfino il monopolio del pensiero». «Il diritto di ricercare la pace è un diritto naturale», ha esclamato Peres, battendo con foga i pugni sul podio. «Il diritto di firmare poi un accordo di pace formale resta prerogativa del governo», ha aggiunto l'ex premier laburista.
Ma dal governo Sharon, Peres non si aspetta alcun accordo.
Ironizzando forse su una frase del premier - che si vantava di aver esteso la rete ferroviaria in Israele - il leader dell'opposizione ha incalzato: «Tu hai saputo perdere tutti i treni, ti sei fatto sfuggire tutte le occasioni».
«Altro che road map - ha quindi esclamato Peres - Su quella strada vediamo solo incidenti, incidenti, e ancora incidenti». L'appello di Sharon a dar vita a una riedizione del governo di unità nazionale con i laburisti è stato così accantonato in pochi minuti.
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