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Oggi Rassegna Stampa
17.12.2003 Una pace virtuale non è una pace reale
Piero Ostellino sull'accordo di Ginevra

Testata: Oggi
Data: 17 dicembre 2003
Pagina: 1
Autore: Piero Ostellino
Titolo: «Domande di Oggi - A che cosa serve firmare una pace virtuale fra Israele e Palestina?»
Buona informazione su Oggi. Nel numero 51 del 17 dicembre '03, ha pubblicato un intervento di Piero Ostellino nella rubrica "Domande di Oggi".
Alla domanda: "A che cosa serve firmare una pace virtuale fra Israele e Palestina?" il settimanale ha rivolto l’interrogativo a Ostellino che ha risposto in modo corretto ed equilibrato.

La domanda posta era:

Due delegazioni, una israeliana guidata da Yossi Beilin, l’altra palestinese, con a capo Yasser Abed Rabbo, hanno firmato a Ginevra la pace fra i due popoli. Evento clamoroso se segnasse la fine delle ostilità. Purtroppo così non è: quella pace è virtuale. Siglata da esponenti del pacifismo. Allora a che cosa serve?
Nella risposta Ostellino sostiene che una pace virtuale serve perché "parlare è sempre meglio che spararsi" e anche se si tratta solo di un accordo virtuale può essere comunque utile. Allo stesso tempo non serve perché
a sottoscrivere le paci reali sono coloro che detengono il potere politico nei due campi (n.d.r. Sharon ed Arafat)…E sia Sharon che Arafat hanno accolto la pace virtuale di Ginevra con uno scetticismo che sconfina inesorabilmente nel rifiuto.


In apparenza ciò può sembrare contradditorio ma l’editorialista chiarisce nella risposta che:
la pace virtuale è dunque un esercizio intellettuale che ha una sua rilevanza politica solo perché rivela che nei due campi c’è chi è alla ricerca di una soluzione da proporre alle rispettive parti politiche….


Secondo Piero Ostellino la non condivisione di questa pace virtuale da parte di Sharon e Arafat si deve al sospetto che il primo nutre nei confronti di chi ha sottoscritto la pace quale possibile ideatore di un nuovo partito della sinistra israeliana. Per quanto riguarda Arafat, invece, se si esponesse ad una firma di pace con ogni probabilità questo gli costerebbe la vita.

Da qui il giornalista fa risalire tutta la questione israelo-palestinese, riferendosi esplicitamente al rifiuto di Arafat di firmare l’offerta di Barak a Camp David in cui si prevedevano dei punti molto favorevoli ai palestinesi, tra cui la restituzione di oltre il 90% dei territori occupati con la guerra del 1967.

La risposta data da Ostellino è quindi chiara ed esaustiva. Nello spiegare il suo punto di vista non omette di esprimere la sua opinione critica verso la posizione politica di Sharon ed è altrettanto equilibrato nel valutare l’atteggiamento sempre riottoso alla firma di pace da parte di Arafat. Sul settimanale viene quindi presentata una situazione obiettiva della realtà del conflitto ed Ostellino scrive quello che è sotto gli occhi di tutti ma che spesso si vuole negare, e cioè:



(…)tra le paci virtuali e quelle reali c’è di mezzo un mare di incomprensioni e diffidenze storiche, c’è di mezzo il terrorismo che continua ad insanguinare Israele contro ogni umana ragionevolezza, ci sono di mezzo interessi finanziari colossali che consentono alle organizzazioni terroristiche e ai loro capi di camparci sopra e ad Arafat, mantenendo la questione mediorientale costantemente in bilico fra conflittualità e speranze di pace di gestire il proprio potere personale, c’è di mezzo la legittima aspirazione di Israele a vivere in pace e nella sicurezza.(…)
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