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Libero Rassegna Stampa
18.03.2024 Stop agli accordi con gli atenei israeliani
Cronaca di Giorgia Petani

Testata: Libero
Data: 18 marzo 2024
Pagina: 8
Autore: Giorgia Petani
Titolo: «Stop agli accordi con gli atenei israeliani»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 18/03/2024, a pag. 8, con il titolo "Stop agli accordi con gli atenei israeliani", la cronaca di Giorgia Petani 

I collettivi universitari de La Sapienza di Roma vogliono imporre uno stop alla collaborazione dell'ateneo con le università israeliane. L'organizzazione comunista Cambiare Rotta annuncia una "Israeli Apartheid week", una settimana di "sensibilizzazione" in cui equiparerà il sionismo al razzismo, come nella peggiore tradizione. 

Boicottare le università israeliane, è questa l’ultima folle richiesta dell’organizzazione del coordinamento dei Collettivi dell’Università la Sapienza di Roma che ha indetto un’assemblea aperta per il 21 marzo «per far sentire la nostra voce al Senato accademico del 26 marzo». Il coordinamento dei Collettivi ha dato appuntamento a giovedì alle ore 13.30 sul pratone per «costruire un’assemblea pubblica di confronto per approfondire temi della complicità delle nostre università ed istituzioni con il genocidio in corso». Le richieste alla dirigenza dell’ateneo sono: «stop accordi con chi produce la guerra, stop accordi con le università israeliane e chiara presa di posizione dell’ateneo». A fomentare la protesta c’è anche l’organizzazione giovanile comunista Cambiare Rotta che ha annunciato su Instagram le iniziative future. Più precisamente da lunedì inizierà «l’Israeli Apartheid week, la settimana di sensibilizzazione internazionale», scrive il gruppo studentesco sulla sua pagina social. Quest’anno, «ci stiamo mobilitando in tanti atenei del paese per chiedere l’immediato stop ad ogni accordo che le università hanno con la filiera della guerra e con l’entità sionista», si legge ancora. Il boicottaggio delle università israeliane è l’ultima richiesta avanzata dall’organizzazione in risposta al Bando per la raccolta di progetti congiunti di ricerca per l’anno 2024, derivante dall’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele. Boicottaggio di Israele dunque. E censura di qualunque posizione sia diversa dalla loro. È successo a Roma, Genova, Bari, Cagliari. All’università Federico II di Napoli le proteste hanno addirittura causato la cancellazione di un dibattito sul «Ruolo della cultura nel contesto di un Mediterraneo conteso», cui avrebbe dovuto partecipare il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, insieme al rettore Matteo Lorito. E solo lo scorso 8 marzo era stato vietato l’ingresso alla Sapienza di Roma al giornalista Davide Parenzo. I giovani militanti sembrano avere molto tempo a disposizione, considerando la fitta agenda pubblicata su Instagram per i prossimi giorni. Si parte con un presidio all’Università di Torino martedì 19 alle 8.30; a Bologna lo stesso giorno alle ore 9, e poi ancora il 20 alle 15.30 quando è prevista l’inaugurazione dell’anno accademico 2023/2024, dove sarà presente la ministra Anna Maria Bernini contro la quale gli studenti scrivono «Ministra non sei la benvenuta». E ancora, un sit in è previsto a Forlì il 19 alle ore 15.30 davanti alla presidenza del campus, un’assemblea a La Sapienza il 21, il 26 marzo sarà la volta dell’ateneo di Bari. Eppure, l’università «deve rimanere un luogo libero per il dialogo e la circolazione delle opinioni senza però che queste impediscano l'espressione altrui», spiega Claudia Caporusso, presidente di Sapienza Futura, l’associazione più rappresentativa in Sapienza che sottolinea anche come il collettivo «non rappresenti nessuno».
I manifestanti dell’università di Pisa hanno annunciato ieri di essersi conquistati «la possibilità di presentare la nostra mozione a favore all'interruzione degli accordi tra Unipi e Israele e filiera bellica». Non solo: giovani e le giovani del collettivo chiedono «le dimissioni del prof. Vozzi da consulente della Nato e del prof. Passaglia dal Comitato scientifico di Med-Or per conflitto d’interessi e nell’idea di contrastare il processo di militarizzazione delle università».

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