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Libero Rassegna Stampa
01.03.2024 I centri sociali volevano liberare lo stupratore
Cronaca di Daniele Dell'Orco

Testata: Libero
Data: 01 marzo 2024
Pagina: 3
Autore: Daniele Dell'Orco
Titolo: «I centri sociali volevano liberare lo stupratore»

Riprendiamo da LIBERO del 01/03/2024, a pag. 3, con il titolo "I centri sociali volevano liberare lo stupratore" la cronaca di Daniele Dell'Orco.

Daniele Dell'Orco
Daniele Dell'Orco

Calci e pugni per liberare l'immigrato: i centri sociali assaltano la  volante della polizia a Torino - ilGiornale.it
Sommossa dei centri sociali torinesi contro la polizia, anche una voltante attaccata. Tutto per liberare un immigrato con 13 condanne alle spalle, di cui una per stupro

Non esistono ex stupratori. Purtroppo però esistono violentatori ancora sotto mentite spoglie e, peggio, già condannati ma comunque a piede libero. Tra loro Jamal Kihal, il marocchino che lunedì sera i compagni di Torino si sono prodigati per “liberare”, al punto da assaltare una volante della polizia.
L’uomo, privo di documenti, era stato fermato dagli agenti alla periferia della città mentre imbrattava muri con scritte che inneggiavano alla violenza contro le Forze dell’ordine ed era raggiunto dal suo secondo decreto di espulsione (il primo, evidentemente inadempiuto, risale al giugno 2023) che ha comportato il trasferimento al Centro per il Rimpatrio (Cpr) di Milano, data la chiusura per manutenzione di quello torinese. Un gruppo di anarchici, però, voglioso di proteggere il loro idolo, ha tentato di impedire tutto.
Le tensioni erano iniziate già la mattina seguente, quando venti antagonisti si erano presentati presso una sede dell’Asl nel quartiere Mirafiori, dove Kihal era stato portato dopo la denuncia all’Ufficio Immigrazione.
Cinque donne sono state poste in stato di fermo (una di queste trovata in possesso di un coltello). La protesta si è poi spostata davanti alla Questura, culminando nelle scene da guerriglia urbana davanti all’edificio e lungo il tragitto verso la piazza XVIII Dicembre. Gli anarchici, dell’area insurrezionalista e dell’ex Lavatoio occupato di via Benedetto Brin, hanno circondato l’auto della polizia tentando di forzare le portiere e causando danni anche ad altre automobili in transito. Un agente è rimasto ferito durante gli scontri.

CHE CURRICULUM

Il tutto per difendere un tale, residente in Italia dal 2012, con una fedina penale che comprende ben 13 sentenze di condanna definitiva, tra cui una particolarmente disgustosa per violenza sessuale di gruppo. Secondo fonti della Questura, a supporto della liberazione di Kihal, nel presidio e nel corteo successivi all’aggressione alla volante, hanno preso parte componenti del circuito antagonista torinese e vicini al Cua - Collettivo universitario autonomo, espressione del centro sociale antagonista Askatasuna.
In generale, molti degli identificati (una quindicina), erano frequentatori dell’ex centro sociale Asilo occupato, sgomberato nel febbraio del 2019 a seguito di sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria nell’ambito dell’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare per reati connessi a attacchi e danneggiamenti ai Cpr e attualmente risultano gravitare intorno a nuove realtà aggregative estremistiche della città.
Gli ambienti sono gli stessi in cui trova terreno fertile la retorica ideologica di formazioni ultrafemministe. Ma siccome ogni scusa è utile per la “caccia al poliziotto”, specie a seguito dei fatti di Pisa e Firenze, stavolta hanno scelto persino la difesa di uno stupratore.

IL RUOLO DEL SINDACO

C’è dell’ipocrisia in questo senso nella solidarietà manifestata agli agenti via social dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo (Pd). Lui e la sua giunta sono i primi ad essere fin troppo morbidi nella gestione di certi ambienti come denunciano da tempo l’assessore regionale Maurizio Marrone e il vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli: «Qui il sindaco ha avviato la regolarizzazione dei centri sociali antagonisti - dicono -. Si è purtroppo creato un clima di impunità che rafforza le strategie della tensione».
Lo Russo è sponsor principale del processo di legalizzazione di Askatasuna, sodalizio su cui pendono ancora due inchieste e un maxi-processo per associazione a delinquere. Sui 26 imputati pendono accuse, guarda caso, di violenza contro le Forze dell’ordine, in particolare nei cantieri Tav in Val Susa, di pestaggi contro i pusher accusati di attirare la polizia nel quartiere Vanchiglia, e di gestione della struttura, insieme al Csa Murazzi e alla casa occupata Neruda, come basi logistiche di un’associazione criminale che si autofinanzia con concerti e vendita di alcol. Oltre alle opposizioni politiche, anche le stesse Forze dell’ordine avevano condannato l’iniziativa.
Il segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia, Stefano Paoloni, aveva criticato il piano dell’amministrazione di legalizzare Askatasuna definendolo un’azione che «rappresenta la morte della giustizia sociale e il trionfo dell’illegalità» frutto di un «atteggiamento irrispettoso non solo verso le Forze dell’ordine, ma anche verso coloro che rispettano le leggi». È che a Torino, a quanto pare, la legge sono loro. 

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