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Libero Rassegna Stampa
26.02.2024 I palestinesi creano un governo tecnico
Cronaca di Mirko Molteni

Testata: Libero
Data: 26 febbraio 2024
Pagina: 11
Autore: Mirko Molteni
Titolo: «I palestinesi creano un governo tecnico»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/02/2024, a pag. 11 con il titolo "I palestinesi creano un governo tecnico" la cronaca di Mirko Molteni. 

Mirko Molteni
Mirko Molteni

The New Palestinian Authority Government
Il nuovo primo ministro palestinese, Mohammed Shtayyeh, con il presidente dell'ANP Abu Mazen. Un esecutivo tecnico, "rassicurante", che dovrebbe prendere il controllo di Gaza, dopo Hamas, due nomi che di "rassicurante" non hanno niente!

L’Autorità Nazionale Palestinese sembra prepararsi a subentrare ad Hamas nel controllo di Gaza, proponendosi con un nuovo governo tecnico che sarà formato questa settimana dopo le dimissioni dell'esecutivo uscente di Mohammed Shtayyeh. Come nuovo premier dell’ANP si parla di Mohammad Mustafa, presidente del Fondo d'investimento per la Palestina, una personalità economica che potrebbe rassicurare l'Occidente.
Sempre ieri, il presidente dell'ANP Abu Mazen ha incontrato il re di Giordania Abdallah II, concordando con lui che «se le operazioni militari proseguiranno nel mese sacro di Ramadan (che inizia il 10 marzo) il conflitto potrebbe allargarsi».

NEGOZIATO A BUON PUNTO

In questa prospettiva di esclusione dei terroristi islamici legati ai Fratelli Musulmani proseguono intanto i contatti diplomatici per una tregua nel conflitto Israele-Hamas. Ieri una delegazione di esperti israeliani è arrivata a Doha, in Qatar, per parlare con inviati di USA ed Egitto, oltre che con le autorità qatariote vicine ad Hamas.
La nuova missione segue i colloqui di Parigi a seguito dei quali, nella notte fra sabato e domenica, il governo ebraico ha dato il via libera alla continuazione delle trattative. L’arrivo della delegazione ebraica in Qatar è stato annunciato sia dalla stampa egiziana, come Al-Qahera News, sia dall'agenzia France Presse. Prelude a ulteriori fasi da svolgersi al Cairo. S’ipotizza una tregua di 6 settimane, con rilascio di 40 ostaggi israeliani in cambio di un numero da determinarsi di detenuti palestinesi. Il punto maggiore sarebbe l'ammorbidimento delle posizioni palestinesi, che non pretenderebbero più il ritiro totale delle truppe ebraiche dalla Striscia di Gaza.
Ottimista è il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan, che ieri ha parlato di «contorni di base raggiunti» per l'intesa, a cui «seguiranno discussioni indirette fra Qatar, Egitto e Hamas». Più cauto il consigliere per la sicurezza nazionale di Israele (sorta di collega di Sullivan), Tzachi Hanegbi:«Esiste margine per un accordo, ma non significa la fine del conflitto. E non accetteremo intese fra Stati Uniti e Arabia Saudita per uno Stato palestinese».
E anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in un'intervista all’americana CBS, non intende sbilanciarsi: «Voglio arrivare a un'intesa e apprezzo gli sforzi degli Stati Uniti. Non so se la raggiungeremo, ma se Hamas riducesse le sue richieste deliranti per tornare alla realtà, allora un accordo ci sarebbe». Il primo ministro ha ricordato che Israele persegue la vittoria totale, legandola all'offensiva su Rafah, dove sono radunati 1,5 milioni di sfollati palestinesi. Ha detto che «quando le forze israeliane entreranno a Rafah, ci vorrà ancora qualche settimana, poi ci sarà la vittoria totale su Hamas». Netanyahu ha aggiunto che s'accinge a incontrare il capo di Stato Maggiore «che mi aggiornerà sulla preparazione del piano». Il governo americano è contrario a un’operazione a Rafah senza un piano per i civili, ma il premier ebraico ha ribattuto che «non siamo in disaccordo con gli Stati Uniti perché trasferiremo i civili a nord di Rafah».
Israele vede l'accordo come una pausa che permetta di concentrarsi contro l'altra minaccia, quella dei libanesi filoiraniani Hezbollah nel Nord dello stato ebraico. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha anticipato ieri, visitando il comando Nord dell'esercito a Safed, che ««in caso di tregua temporanea a Gaza aumenteremo il fuoco nel nord, contro Hezbollah, che non è in grado di sostituire i comandanti che stiamo eliminando».
L'aviazione israeliana ha bombardato due obiettivi molto vicini a Rafah, sul confine fra Gaza e l'Egitto, a ridosso della “Philadelphia Route”, una fascia cuscinetto sulla cui tutela il Cairo ha alzato la voce negli scorsi giorni. Sono stati colpiti dagli aerei l’imbocco di un tunnel utilizzato per il contrabbando transfrontaliero e un deposito di armi di Hamas.

OSTAGGI UCCISI

Negli scontri a Gaza sono morti ieri due militari che portano a 240 i caduti ebraici. Sono due giovani sergenti membri della Brigata Givati, Eli Zrihen, 20 anni, e Nerya Belete, 21 anni. È stata inoltre confermata la morte di un militare ostaggio di Hamas, il sergente Daniel Oz, 19 anni, ucciso fin dal 7 ottobre dai terroristi che ne hanno portato il corpo a Gaza. Sale così a 33 il numero delle persone decedute dopo essere state prese in ostaggio. Nel Mar Rosso, USA e Gran Bretagna hanno intanto bombardato basi degli Huthi, gli yemeniti filoiraniani. E' il quarto raid combinato anglo-americano. Secondo il Pentagono: «Gli attacchi sono stati mirati contro 18 obiettivi Huthi in otto luoghi dello Yemen. Colpiti depositi di armi, droni, sistemi di difesa aerea, radar e un elicottero». Gli Huthi hanno risposto sparando contro la petroliera americana Torm Thor missili che sono stati abbattuti dalla nave da guerra USA Mason.

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