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Libero Rassegna Stampa
29.03.2022 Pierluigi Battista: 'L'Anpi oggi non rappresenta nessuno'
Lo intervista Alessandro Giuli

Testata: Libero
Data: 29 marzo 2022
Pagina: 11
Autore: Alessandro Giuli
Titolo: «'I partigiani di oggi? Usurpatori'»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/03/2022 a pag.11, con il titolo 'I partigiani di oggi? Usurpatori' l'intervista di Alessandro Giuli.

Per approfondire, consigliamo la lettura di questo articolo di Deborah Fait: https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=60603

Ecco l'intervista:

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Pierluigi Battista

«Ormai quasi nessuno dei “compagni” che scendono in piazza ha fatto la guerra, però hanno creato il “reddito di resistenza”: ogni loro esternazione è come un ricatto morale. Ma Zelensky li ha ignorati. Le posizioni dell’Anpi sulla guerra russo-ucraina hanno lo stesso valore d’un comunicato di qualche centro sociale, tipo Askatasuna, o di qualsiasi associazione No-tav»; e tutto ciò malgrado il marchio prestigioso dietro il quale si avanza la pretesa di rappresentare l’eredità dei partigiani che hanno combattuto il nazifascismo in Italia. La pensa così Pierluigi Battista, giornalista, firma storica del Corriere della Sera (è stato anche vicedirettore di Paolo Mieli) e adesso rubrichista sull’Huffington Post diretto da Mattia Feltri: «Quelli dell’Anpi, oggi, non sono artigiani, sono gli usurpatori di una nobile sigla che esprimono le loro posizioni come tanti altri gruppi comuni di associati».

ANPI | Associazione Nazionale Partigiani d'Italia

Il 17° Congresso dell’Anpi si è appena chiuso fra le polemiche per la formulazione di un atteggiamento equidistante tra Putin e Zelensky e totalmente avverso alla Nato. Par di capire che Pierluigi Battista non sia fra i nuovi tesserati. «Io tesserato Anpi? Guarda, proprio perché il partigiano non l’ho fatto, la tessera potrei averla anch’io (ride, ndr). Sai che cosa abbiamo in comune io e il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo? Che nessuno di noi due ha rischiato la pelle per la libertà dell’Italia. Quindi lui dica quello che vuole, ci mancherebbe, ma non pretenda di dirlo a nome della resistenza, perché è come se io mi iscrivessi a un’associazione di garibaldini e pretendessi di parlare a nome di Garibaldi».

L’Anpi rivendica una continuità, un’eredità morale e storica precisa. «Massimo rispetto per la libertà d’espressione. Ma esistono enti che coltivano la ricerca e gli studi sulla memoria partigiana, come l’Istituto storico della resistenza; e poi ci sono quelli dell’Anpi che dietro la loro sigla esercitano una specie di ricatto morale intervenendo nel dibattito pubblico con moniti e scomuniche, o con omissioni abbastanza gravi».

Gianfranco Pagliarulo è il nuovo Presidente nazionale ANPI - IskraeIskrae
Gianfranco Pagliarulo

Esempi? «L’Anpi che non dice una parola di biasimo sui fischi che investono la Brigata ebraica durante le manifestazioni per il 25 aprile; l’Anpi che fischia il padre di Letizia Moratti mentre sfila in carrozzella perché è stato partigiano, sì, ma non comunista; l’Anpi che interviene contro la riforma costituzionale di Matteo Renzi! L’Anpi dice questo... l’Anpi ha detto quello... Uno si chiede: ma a che titolo lo fanno? La risposta a ogni loro esternazione dovrebbe essere: l’ha detto l’Anpi... embè?! E invece la reazione per lo più è questa: oh attenti che quelli dell’Anpi sono contrari».

Qualche partigiano ancora in vita c’è. «E io a loro dico chapeau, se reagisco così lo faccio proprio per il rispetto che porto verso i partigiani veri che sono morti o hanno rischiato la vita! Perché, ripeto, quelli dell’Anpi non sono partigiani ma vorrebbero fare come si faceva un tempo in Grecia, quando i figli degli impiegati dello Stato potevano subentrare ai genitori nel posto di lavoro».

Come un reddito di resistenza. «Esatto. Con la differenza che in Italia il reddito di cittadinanza può esistere perché c’è la cittadinanza, il reddito di resistenza manca di rispetto alla resistenza che non esiste più e non ha più ragione di esistere; è il frutto di un’appropriazione indebita esercitata da parte di chi non può vantare alcun titolo morale superiore agli altri».

Partigiani non si diventa? «Beh oggi sembra sia sufficiente bussare alle porte dell’Anpi e dire: scusate, vor rei diventare partigiano... e quelli lo arruolano per intonare “Bella ciao” anche se l’invasore non c’è più. E se poi l’invasore diventa Putin, allora non si canta più nemmeno “Bella Ciao”».

C’è partigiano e partigiano. «Ecco, diciamo la verità. Premesso che l’Anpi era una cosa seria quando c’erano ancora i partigiani a farne parte, dobbiamo ammettere che non ha mai rappresentato tutti i partigiani fin dalla scissione dei liberali e dei de mocristiani nel 1947. Partigiani erano il cattolico Paolo Emilio Taviani e Edgardo Sogno che nel Dopoguerra hanno dato vita a Gladio per proteggere l’Italia da un’eventuale invasione sovietica; partigiani erano Guido Pasolini, ammazzato dalla Brigata comunista Garibaldi, e Francesco De Gregori, lo zio del cantautore, ucciso con lui a Porzus. Loro per me erano dalla parte giusta della storia».

Una minoranza. «Se parliamo di minoranze dobbiamo allargare il campo visuale e ammettere che la resistenza italiana, storicamente, dal punto di vista militare non ha contato quasi nulla. La vera resistenza al nazifascismo l’hanno fatta gli Alleati con il sostegno minoritario di una guerriglia italiana. A differenza che in Ucraina, dove in mancanza di resistenti Putin avrebbe già vinto, in Italia non si può dire che senza la resistenza Hitler avrebbe prevalso. La libertà ha trionfato grazie agli americani».

L’Anpi ha tutto il diritto di opporsi all’invio di armi a Kiev. «E chi glielo nega? A patto che non lo facciano a nome dei partigiani. Io sono per dare quante più armi possibili, altri sono per il disarmo della resistenza ucraina, cioè pensano in sostanza che debba prevalere la Russia di Putin».

Il presidente ucraino Zelensky non è riuscito a convincerli... «Quando si è rivolto agli americani, Zelensky ha evocato l’11 settembre e Pearl Harbor; con i tedeschi ha citato il Muro di Berlino. Quando invece ha parlato al nostro Parlamento, qualcuno si aspettava un appello alla resistenza italiana, invece non c’è stato. Sapete perché?».

Perché? «Perché nella storiografia internazionale la resistenza italiana ha un peso vicino allo zero, irrilevante».

Nella nostra memoria pubblica non è così. «Ma un conto è la memoria di un fenomeno nobile come la resistenza, altro è vedere in piazza manifestazioni con le bandiere di Rifondazione comunista e ascoltare slogan tipo “né con Putin né con la Nato”... Cose che succedono soltanto in Italia, in nessuna capitale europea potrebbero accadere».

Un motivo ci sarà. «L’Italia non è ancora uscita dal Novecento e il Sessantotto è durato più a lungo che altrove, sempre che sia davvero finito. Siamo rimasti il popolo del fasciocomunismo descritto da Antonio Pennacchi, una specie di Bulgaria fuori tempo massimo».

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