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Libero Rassegna Stampa
23.06.2020 La guerra delle statue: Churchill abbattuto, Lenin resta in piedi
Commento di Giovanni Sallusti

Testata: Libero
Data: 23 giugno 2020
Pagina: 1
Autore: Giovanni Sallusti
Titolo: «Churchill abbattuto, Lenin resta in piedi»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/06/2020, a pag.1, con il titolo "Churchill abbattuto, Lenin resta in piedi" il commento di Giovanni Sallusti.

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Giovanni Sallusti

Statue of Winston Churchill, Parliament Square - Wikipedia
La statua di Winston Churchill a Londra

Le statue ormai sono il termometro della contemporaneità, dei suoi vezzi, delle sue psicosi. E per certificarne lo stato febbrile, basta la seguente immagine: Churchill giù, Lenin su. E la fine della storia, ma opposta a quella che Francis Fukuyama certificò con faciloneria liberal all'inizio degli anni Novanta: non l'eterno trionfo della democrazia liberale, ma il suo spettacolare suicidio pubblico. Così, accade che mentre i teppisti cocchi dell'establishment intenti a devastare le città d'Occidente si accaniscono in nome dell'antirazzismo sul busto di Sir Winston (un colonialista alcolizzato che ebbe perfino il cattivo gusto di non arrendersi a Hitler quando costui era il padrone d'Europa), nel cuore del Vecchio Continente viene edificato un monumento alla memoria imperitura di Vladimir Ul'janov, detto... Lenin. Precisamente, nel cuore di quella che fu la Germania occidentale (ed è la prima volta!), l'ultima landa libera prima della tirannide per tutta la Guerra Fredda, a Gelsenkirchen. A più di trent'anni dal crollo del Muro, un grugnito balordo della Storia, una surreale rivincita ideologica che danza su milioni di cadaveri. L'iniziativa è del Partito Marxista-Leninista Tedesco, che detto così sembra una burla vintage, in realtà oggi è il più grande partito della sinistra radicale teutonica. I cadaveri sono quelli fabbricati in serie dalla macchina sterminatrice del comunismo sovietico, di cui Lenin fu teorico principe e primo attuatore. In questo senso, sl, si può dire che "era un pensatore in anticipo sui tempi", come ha blaterato il presidente del Partito Gabi Fechtner in occasione della presentazione della statua (alta 2,15 metri, originariamente realizzata nella Repubblica Ceca nel 1957, poi finita all'asta perché i cechi ovviamente non volevano nemmeno più sentirne pronunciare il nome): ha anticipato tutto il canovaccio dell'ideologia più mortifera del secolo scorso, e per distacco. La dittatura del proletariato, l'omicidio politico di massa, il Terrore istituzionalizzato dal Partito/Stato. C'era già tutto in Lenin, gli allievi successivi, da Stalin a Mao a Pol Pot, possono aver superato il maestro nella contabilità della strage, ma non hanno fatto che replicarne la ricetta. Solo qualche pillola del leninismo: «I tribunali devono non già abolire il terrore, bensì, all'opposto, sancire il terrore in linea di principio, in modo chiaro e netto, senza ipocrisie e senza orpelli». «L'obiettivo comune e unico: ripulire il suolo della Russia di qualsiasi insetto nocivo, delle cimici: i ricchi». «I kulalki.. questi ragni velenosi, queste sanguisughe hanno succhiato il sangue dei lavoratori... A morte!». Fu proprio Lenin a massacrare per primo questa classe di piccoli contadini-proprietari (un'eresia vivente per il bolscevismo) col «comunismo di guerra», poi Stalin ultimò la pratica internandone 2,5 milioni nei campi di concentramento. La stessa istituzione dei campi, questo non-luogo che segnerà tutto il Novecento (e che sopravvive tuttoggi, pensiamo ai 1400 lager cinesi di cui ormai è démodé raccontare) fu collaudata dal padre della Rivoluzione d'Ottobre nelle isole Solovki, nel Mar Bianco, dove andò in scena tutto il campionario di fame, tortura, sadismo, perfino antropofagia, che sarà poi la costante del gulag e del lager. Crimini per cui nessuno si è mai inginocchiato o si inginocchierà, infamie per cui nessuno assalterà il monumento eretto dai compagni, morti sempre considerati minori dall'intellighenzia cresciuta a champagne e Soviet, se non rivendicati come effetti collaterali nella faticosa ascesa al paradiso socialista («per fare una frittata bisogna rompere delle uova», è d'altronde un vecchio detto leniniano). Questa è la biografia politica e umana dell'unico che oggi, nel mondo "civile", riesce ad andare in controtendenza, a farsi erigere, e non ad essere abbattuto. In America hanno preso a martellate i busti di Cristoforo Colombo, Thomas Jefferson, Abramo Lincoln. Ma quello di Lenin esposto nel quartiere hippie di Seattle è ancora intatto. In Europa imbrattiamo la memoria di Churchill (l'uomo grazie a cui questo articolo non è scritto in tedesco, e sottoposto al vaglio preventivo della Gestapo) e glorifichiamo quella del "rivoluzionario di professione". Non sta tramontando, l'Occidente, si sta capovolgendo in farsa: pagliacci di tutto il mondo, unitevi.

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