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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Libero Rassegna Stampa
01.10.2019 Cina: 70 anni di crimini all'insegna del comunismo
Commento di Marco Respinti

Testata: Libero
Data: 01 ottobre 2019
Pagina: 11
Autore: Marco Respinti
Titolo: «Soldi e orrori: 70 anni di comunismo in Cina»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/10/2019, a pag.11,
l'articolo "Soldi e orrori: 70 anni di comunismo in Cina" di Marco Respinti.

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Un manifesto di propaganda maoista

Il 1° ottobre di 70 anni fa la rivoluzione comunista di Mao Zedong instaurava la Repubblica Popolare Cinese che poi ruppe persino con l'Unione Sovietica, deviazionista "di destra". Ma il modello "cinese", dalla Cambogia dei Khmer rossi a Sendero Luminoso in Perù, ha dato il peggio ovunque. In patria il "Grande balzo in avanti" (1958-1961) e la "Rivoluzione Culturale" (1966-1976) hanno falcidiato almeno 65 milioni di persone, documenta Il libro nero del comunismo. Molti archivi restano comunque ancora chiusi. Nel dopo-Mao, dal 1976, due leader hanno contato davvero: Deng Xiaoping e Xi Jinping. Il primo lanciò il "socialismo con caratteristiche cinesi", innestando sul tronco marxista talee "liberali" all'insegna di un ossimoro, il "socialismo di mercato", che all'improvviso e per anni ha prodotto una crescita economica a due cifre capace di strabiliare il mondo e di permettere a Pechino di comperarsene una buona fetta di quel mondo. Ma è vera gloria?

ABISSO MAOISTA L'introduzione di dosi di mercato nel sistema marxista testimonia infatti il fallimento del collettivismo. Peraltro era facile crescere dopo l'abisso maoista. Ma soprattutto in Cina vige ancora la pianificazione economica. Il detentore di ultima istanza delle proprietà è lo Stato. La gente, per esempio, non possiede la terra su cui sorgono le case e quindi il regime le può requisire d'emblée. La vera chiave del boom cinese resta però la manodopera offerta dagli schiavi dei laogai («campi per la riforma attraverso il lavoro»). A denunciarli fu il dissidente Harry Wu, egli stesso ospite di quell'incubo per 19 anni. Scomparso Wu nel 2016, di lui si è occupato il movimento Me Too. Nessuno sa se Wu fosse stato un molestatore. Ma mettiamo di sì. Forse che l'orrore dei laogai scompare? E pure l'aberrazione delle migliaia e migliaia di esecuzioni capitali di "controrivoluzionari" da cui venivano e vengono prelevati organi da trapianto immessi in un lucrosissimo mercato nero? Ultimamente se n’è occupato il China Tribunal, una corte londinese indipendente forte di una documentazione ineccepibile che non riguarda solo il passato. E questo ci porta a Xi Jinping. Il suo «socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era» fa funzionare alacremente i jiaoyu zhuanhua, campi per la «trasformazione attraverso l'educazione», laddove però significativamente zhuanhua significa «conversione». Per un po' il regime li ha nascosti, poi li ha descritti come "scuole professionali": peccato che ci finiscano anche professionisti già in pensione e rettori di università.

Immagine correlata
Il comunismo resiste in Cina

RIEDUCAZIONE Il periodico specializzato Bitter Winter, online in otto lingue, ha documentato in un video che ha fatto il giro del mondo che si tratta inequivocabilmente carceri. Visi rieducano i riottosi, a milioni. La Regione autonoma (si fa per dire) uigura dello Xinjiang ne pullula e studi recenti ne stimano la popolazione carceraria in tre milioni: in gran parte uiguri, ma pure uzbeki, kirghisi, tatari e kazaki. Sono colpevoli di appartenere a minoranze etniche e di credere in Dio. Sono islamici, ma la stessa cosa accade dal 1959 (altro anniversario di quest'anno) ai buddhisti tibetani, oggetto di mattanza prima e di pesanti vessazioni oggi. E al Falun Gong, un nuovo movimento religioso sincretista per anni vittima prediletta del commercio di organi umani. E ora alla Chiesa di Dio Onnipotente, il più grande nuovo movimento religioso cristiano del Paese, e in crescita (il regime lo teme per quello), oggetto di una persecuzione atroce. Nella Cina di Xi, infatti, il nemico sono le fedi. La persecuzione è per tutti: anche i taoisti, i protestanti che non si allineano e pure ancora i cattolici che non si piegano al regime. Intanto il Paese pullula di sistemi di sorveglianza high tech, il DNA di milioni di "nemici" viene profilato e Huawei mette il cappello sull'Internet del futuro. Dal massacro di Piazza Tiananmen di 30 anni fa, costato 10mila vite, il potere cinese è del resto convinto che le religioni possano mettere in crisi il regime. E mentre architetta la globaliz7a7ione con "caratteristiche cinesi" con il nome di "Belt and Road Initiative", Xi prende tutto maledettamente sul serio. La Cina rossa? Settant'anni e, purtroppo, non sentirli.

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