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Libero Rassegna Stampa
03.07.2019 Strage di Bologna: è ancora calda la pista palestinese, anche se nessun governo avrà l'onestà di raccontare la verità
Commento di Renato Farina

Testata: Libero
Data: 03 luglio 2019
Pagina: 12
Autore: Renato Farina
Titolo: «A Bologna fu una strage di terroristi palestinesi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 03/07/2019, a pag. 12, con il titolo "A Bologna fu una strage di terroristi palestinesi", il commento di Renato Farina.

Dopo 39 anni i colpevoli/responsabili della strage di Bologna rimangono per la nostra magistratura ignoti. Ma le verità che sono venute alla luce in tutti questi anni sarebbero state sufficienti a riaprire il processo. La pista palestinese è verosimile, anche se è stata frettolosamente archiviata. D'altronde è stato lo stesso ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a chiarire i rapporti tra Stato italiano e terrorismo arabo palestinese quando ha parlato del "lodo Moro", con cui il nostro Paese si impegnava a non interferire con le attività criminali dei terroristi palestinesi in Italia.

Ecco l'articolo:

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Renato Farina
 

Tra i reperti della strage di Bologna (2 agosto 1980, 85 morti) i periti del Tribunale hanno rintracciato un interruttore «che non aveva alcuna ragione di esserci». Era un congegno di sicurezza. Fatto apposta per impedire l'esplosione. Una sicura. Non ha funzionato. I periti hanno dedotto con logica elementare che davvero fu «una strage per caso». La deflagrazione imprevista travolse chi portava con sé l'esplosivo, destinato altrove. Dunque... 1) Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, condannati in via definitiva all'ergastolo per questo eccidio, sono innocenti. 2) La strage fascista, proclamata in quei giorni di agosto come verità assoluta, è un mito ideologico costruito a tavolino. 3) Occorre una revisione del processo. Ma lo sapevamo già in tanti che Mambro e Fioravanti, capi dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari, estrema destra), non c'entravano nulla con quel sangue. Francesco Cossiga lo sostenne fino all'ultimo giorno della sua vita. Ora l'intervista raccolta da Beatrice Nencha ad Adriano Monti, oggi 89enne, nome in codice Siegfried, agente dei servizi segreti informato sui fatti, dà un'ulteriore conferma di questa verità.

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Bassam Abu Sharif        Col.Stefano Giovannone

DIRITTO ALLA VERITÀ Posso dirlo? Sono contento per Francesca e Valerio, ma credo sia un diritto anche delle vittime e di una nazione conoscere la verità. Almeno provare ad avvicinarsi senza timore di sconvolgere certezze preordinate e incartate in sentenze che da anni persone di svariate idee politiche ritengono bugiarde. Da Luigi Manconi a Giovanni Minoli, da Sandro Curzi fino ai giornalisti de Il manifesto Rossana Rossanda e Andrea Colombo. Ebbi occasione di parlare con Nadia Mantovani sin dal 2004, faceva parte della direzione strategica delle Brigate Rosse: nessuno tra i Br - mi disse - ha mai creduto Membro e Fioravanti (che hanno sempre negato l'etichetta di neo-fascisti). Trascrivo qualche stralcio della testimonianza che mi ha dettato Francesco Cossiga l'11 luglio del 2008 e che è poi confluita in volume (Cossiga mi ha detto, Marsilio). Oggi essa ha una potenza di testimonianza capitale. Cossiga: «Sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 sono convinto, arciconvinto, che c'entri il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Questo fronte è ancora adesso operante a Gaza, ed è un residuato marxista-leninista tollerato da Hamas. Il suo fondatore e capo era George Habbash, morto in Iraq e ispiratore dell'assalto e del sequestro dell'Achille Lauro (7 ottobre 1985). L'uomo di Sigonella che lasciammo partire per Belgrado, mentre era inseguito dagli americani, ma al quale noi avevamo concesso un salvacondotto. Colpevolmente, sulla base di informazioni sbagliate fornitemi dalla magistratura, avevo dichiarato essere quella del 2 agosto una bomba fascista. Non è così. C'era un "lodo Moro", come ho in questi ultimi anni più volte ricordato».

LA RICOSTRUZIONE Di che si trattava? Cossiga: «I palestinesi garantivano all'Italia una sorta di immunità dai loro attentati a condizione che noi lasciassimo circolare per il nostro territorio esplosivi e armamenti necessari alla loro "lotta di liberazione". Essi rispettarono questo accordo. Il problema nacque dopo che la polizia stradale sorprese un capoccione dell'Autonomia, Daniele Pifano, con due suoi sodali, mentre trasportava due lanciamissili terra-aria (Sam-7 Strela) di fabbricazione sovietica, pronti per essere imbarcati al porto di Ortona a Mare, dalle parti di Chieti, sulla motonave Sidon diretta in Libano. Fu arrestato anche Saleh Abu Anzeh, il rappresentante in Italia del Fp1P. Quando ho appreso, grazie alle carte della Mitrokhin, la presenza a Bologna in quel 2 di agosto, di Ilich Ramirez Sanchez alias Carlos, alias lo Sciacallo, e al lavoro come guerrigliero senza confini per conto di Habbash, quanto già avevo saputo dai carabinieri nell'immediatezza degli eventi ha trovato conferma».

MESSAGGIO DI MINACCIA Ad Aldo Cazzullo aveva già spiegato come era venuto a saperlo: «Divenni presidente del Consiglio poco dopo, e fui informato dai carabinieri che le cose erano andate così. Anche le altre versioni che raccolsi collimavano. Se è per questo, i palestinesi trasportarono un missile sulla macchina di Pifano, il capo degli autonomi di via dei Volsci. Dopo il suo arresto ricevetti per vie traverse un telegramma di protesta da George Habbash, il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina: "Quel missile è mio. State violando il nostro accordo. Liberate subito il povero Pifano"» (Corriere della Sera, 8 luglio 2008) . Mentre discutevamo di tutto questo, in un casale nei pressi di Arezzo, controllando su Internet rintracciai un freschissimo messaggio di minaccia da parte di quel gruppo palestinese, via Beirut, diretto proprio contro Cossiga per quelle frasi riferite da Cazzullo. Il Gattosardo si sbizzarrì al telefono con i capi dei servizi segreti e dei carabinieri. Li strapazzò. E aggiunse: «C'è in corso un altro lodo(dopo quello Moro, ndr), il lodo Pollari-D'Alema che ci protegge da attentati in Libano e tutela l'Italia. Non escludo affatto che uno dei segreti di Stato che il generale Nicolò Pollari conserva sia stato proprio questo patto: con esso ci ha salvato almeno dalle minacce provenienti da quel settore e dai gruppi di terroristi o tutelati dall'Iran».

CERTEZZA MORALE Questa testimonianza di Cossiga fece infuriare alcuni magistrati bolognesi. Non li indusse a modificare le loro convinzioni, figuriamoci. Tanto meno modificò le certezze dei capi dell'associazione di familiari delle vittime. Più testarda dei fatti, in certe teste, è il marmo dell'ideologia. Da parte mia avevo già raggiunto una certezza morale opposta a quella consacrata. Non erano certezze da riferire in Tribunale, attengono alla sfera esistenziale. Sono convinzioni che cercano verifiche. Io conobbi Valerio Fioravanti e poi Francesca Mambro nel 1996, attraverso degli amici che mi proposero di incontrarli. Io stimavo e volevo bene al pittore Pablo Echaurren, un grande artista, ed ero amico da anni di Luigi Manconi, i quali mi parlarono di Valerio Fioravanti. Incontrando e intervistando Valerio Fioravanti, ho incontrato Francesca Mambro, che lui amava molto, e sono diventato loro amico, sono stato al battesimo della figlia Arianna. Erano in cella a Rebibbia. Avevano avviato un radicale ripensamento sui loro atti e sulla loro vita. Avevano ucciso. Ma quella strage no. Erano colpevoli di una serie orrenda di dieci omicidi terroristici, ma quella roba no. Gli credetti. Rischiai sull'amicizia. In un'amicizia provata non ci si mente. E' la forma di conoscenza su cui si regge la vita quotidiana. E adesso alle certezze morali si è aggiunto un interruttore molto testardo, ritrovato 38 anni dopo. A Bologna fu uno sciagurato incidente di comunisti palestinesi, non un attentato di fascisti italiani.

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