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Libero Rassegna Stampa
01.03.2019 La minaccia islamista sull'Europa
Commento di Francesco Carella

Testata: Libero
Data: 01 marzo 2019
Pagina: 8
Autore: Francesco Carella
Titolo: «Con le elezioni europee tutto il Continente rischia l'assalto islamico»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/03/2019, a pag. 8, con il titolo "Con le elezioni europee tutto il Continente rischia l'assalto islamico", il commento di Francesco Carella.

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Alain Finkielkraut

Abbiamo dovuto attendere l'aggressione antisemita al filosofo Alain Finkielkraut per le strade di Parigi a opera di un gilet giallo, già noto alla polizia come militante islamista, per riportare in primo piano la costante minaccia rappresentata dal fondamentalismo islamico oggi pericolosamente alleato con l'estrema sinistra europea nell'odio delle comunità ebraiche. Vale la pena di ricordare alla vigilia di un appuntamento elettorale di particolare importanza per l'Unione che la crisi di credibilità delle sue istituzioni è legata alla colpevole disattenzione con cui è stato affrontato fin qui il problema dell'immigrazione irregolare di massa. Lo scetticismo dei cittadini nei confronti di Bruxelles nasce dalla consapevolezza di essere stati lasciati soli ad affrontare una realtà crudamente descritta dallo storico Walter Laqueur, quando annota, in "Gli ultimi giorni dell'Europa", che «per le strade di Londra, Parigi, Berlino, Milano si possono trovare suoni del Cairo, colpi d'occhio di Karachi o di Dacca, mentre molti cartelli sono per noi incomprensibili a meno che non decidiamo di andare a studiare in massa in una scuola orientale». D'altronde, il compianto Bernard Lewis - uno dei più accreditati studiosi del mondo arabo - qualche anno fa subì critiche feroci perché osò dire che «l'Europa, avendo rinunciato a difendere le proprie radici giudaico-cristiane, rischia di non comprendere sia le future trasformazioni della vita quotidiana a cui va incontro che la portata della sfida dell'estremismo jihadista».

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L'Europa tende la mano all'islam...

LA PREDIZIONE DI PODHORETZ In tal senso, gli allarmi, dopo l'attacco alle Twin Towers di New York del 2001, non furono pochi a partire da quello lanciato dal decàno dei neoconservatori, Norman Podhoretz, il quale, a poche ore da quell'attentato, scrisse un lungo saggio su "Commentary" - ex rivista di culto dei liberal statunitensi - in cui si diceva convinto che quel che era accaduto andava considerato «come l'inizio di una guerra di lunga durata nel corso della quale i terroristi colpiranno con modalità sempre più subdole». Di G a poco, le città europee incominciarono a conoscere direttamente il terrore jihadista contando morti e feriti da Nizza a Parigi, da Londra a Manchester, da Bruxelles a Berlino fino ai recenti episodi di Strasburgo. La sensazione che si avverte - a giudicare dalle sottovalutazioni che l'establishment politico-culturale continua a fare - è che sulla violenza islamista si stiano commettendo gli stessi errori compiuti al momento delle prime manifestazioni del nazionalsocialismo già cariche di furore antidemocratico e di odio antisemita. Tuttavia, si preferì girare la testa da un'altra parte convinti che il tempo avrebbe sistemato ogni cosa. Come finì è cosa nota. Oggi solo chi è intellettualmente disonesto può continuare a non riconoscere che il fondamentalismo islamico punti alla distruzione della democrazia liberale e alla creazione di un sistema totalitario su base religiosa. Si spera che gli ultimi avvenimenti inducano la lacce politica più attenta, nei tre mesi che ci separano dal rinnovo del Parlamento europeo, a mettere al centro del dibattito elettorale il tema del delicato rapporto fra gli europei che credono nei diritti di libertà e nel pluralismo dei valori e coloro che appartengono a una comunità nella quale in tanti pensano che sia «un obbligo morale combattere con ogni mezzo i princìpi del mondo occidentale considerato corrotto e decadente». E questo il terreno sul quale si gioca il futuro dell'Unione, anche se i sacerdoti del politicamente corretto si ostinano a negarlo.

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