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Libero Rassegna Stampa
05.02.2019 Gli arabi palestinesi vivono di sussidi e terrorismo, ma un figlio di emigrati è diventato presidente del Salvador
Commento di Maurizio Stefanini

Testata: Libero
Data: 05 febbraio 2019
Pagina: 10
Autore: Maurizio Stefanini
Titolo: «I palestinesi producono solo se li allontani da casa»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 05/02/2019, a pag.2, con il titolo "I palestinesi producono solo se li allontani da casa" il commento di Maurizio Stefanini.

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Maurizio Stefanini

Un palestinese è stato eletto presidente: però non in Palestina. Nayib Armando Bukele Ortez, 37 anni, è infatti diventato capo dello Stato in El Salvador. A chi la cosa potesse sembrare strana, va ricordato che non solo non è la prima volta, ma addirittura nel 2004 c'era stato un specie di derby, e il giornalista sportivo di Elias Antonio Saca, di origine palestinese, aveva sconfitto l'ex-guerrigliero Schafik Jorge Handal Handal, di origine palestinese, con 57,71% dei voti contro il 35,68%. Il primo era candidato per l'Alleanza Repubblicana Nazionalista (Arena), in passato espressione di sanguinari squadroni della morte di estrema destra; il secondo per il Fronte Farabundo Marti perla Liberazione Nazionale (Fmin), in passato espressione di una guerriglia di sinistra in realtà con una immagine meno truce, ma di cui si è poi appurato che anch'essa ne aveva fatte di cotte e di crude. Da tempo i due partiti hanno smesso fortunatamente di uccidere, ma purtroppo si sono messi a rubare.

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Nayib Armando Bukele Ortez

Nayib Bukele aveva iniziato con la sinistra, pur essendo figlio di un noto imprenditore, e lui stesso un abile uomo d'affari. Conreccionario della Yamaha in El Salvador, ha trovato comunque il tempo di studiare, e poi di diventare sindaco del Fmln: nel 2012 a Nuevo Cuscatlán; nel 2015 nella stessa capitale San Salvador. Ma ha poi rotto col Fmln, ed ha raccolto scontenti di destra e di sinistra in un nuovo partito che con lo slogan «restituite quello che avete rubato!» ha stracciato tutti: 53,03% a lui; 31,78% al candidato dell'Arena; appena il 14,42% al Fmln, che sembra ormai contagiato dal malessere della sinistra mondiale. Va ricordato che ora annuncia una rottura con Maduro e Ortega. Ma, come si è detto, Bukele colpisce soprattutto perché è palestinese, e contro di lui è stata fatta campagna anche definendolo un musulmano nascosto. Lui spiega che i suoi nonni paterni erano una cattolica di Betlemme e un greco ortodosso di Gerusalemme, e che il padre nato greco-ortodosso in El Salvador si era sposato con una salvadoregna cattolica con rito cattolico «soprattutto perché di chiese greco-ortodosse in El Savador non ce ne erano». Poi si fece musulmano e divenne un famoso costruttore e finanziatore di moschee, ma i figli comunque studiarono alle scuole cattoliche, e lui dice di rispettare tutte le religioni, pur non seguendone in realtà nessuna. Il dato interessante è che i palestinesi in casa loro e nei paesi vicini dove sono stati fatti vegetare in campi profughi hanno immagine di miserabili e cenciosi, ma la loro diaspora in El Salvador è invece in realtà ricca di imprenditori e professionisti. E altrettanto facoltosa e influente è anche la comunità palestinese in Cile, da cui sono venuti a esempio i banchieri e re dei media Carlos Abumohor Touma e Alvaro Saieh Bendeck e il re dell'immobiliare José Said, e dove ha addirittura una importante squadra in serie A di calcio: il Deportivo Palestino. I palestinesi latino-americani sono a loro volta all'interno di una più vasta comunità etnica che in America Latina definiscono "turcos" per il fatto che quando iniziarono ad arrivare avevano la cittadinanza ottomana, e in cui i due primi gruppi di provenienza sono libanesi e siriani. Tra di loro una quantità di Vip: dal miliardario Carlos Slim alla cantante Shakira passando per l'attrice Salma Hayek, il manager Carlos Ghosn, l'ex-presidente brasiliano Michel Temer, quello argentino Carlos Saúl Menem, il colombiano Julio César Turbay Ayala, gli ecuadoriani Abdalá Bucaram e Jamil Mahuad, e anche l'ex-vicepresidente del Venezuela e attuale ministro dell'Industria e Produzione Nazionale Tareck El Aissami. Che, è vero, dire ministro della Produzione del Venezuela di Maduro è quasi come dire ministro della Marina svizzero. Ma va detto che è di padre siriano e madre libanese: non palestinese.

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