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A destra: guerra al terrorismo
Da più di un decennio la Nato si è così chiusa in un suo splendido isolamento, non si è minimamente interessata dei disastri che terremotano il Mediterraneo (di nuovo, incredibile l'assenza di ogni suo interesse per la crisi libica) e si è esclusivamente occupata di continuare, a 30 anni ormai dalla caduta dell'impero sovietico, la sua pressione politico militare sulla Russia. Il tutto, peraltro, anche male e con pessimi risultati, perché proprio alla Nato, oltre che a Barack Obama e Angela Merkel, va attribuita la gestione fallimentare della guerra civile in Ucraina. Scontro dal quale il governo di Kiev, appoggiato dalla Nato, è uscito non solo sconfitto nei fatti, ma anche con vergogna, perché le sue armate hanno perso anche perché i suoi ufficiali vendevano armi e blindati ai filo russi. Ma ora Trump intende capitalizzare il fallimento della strategia Nato in Ucraina, innanzitutto per imporre a 23 su 28 Paesi alleati di far salire sino al 2% del Pil le loro spese militari, sgravando il peso economico sempre sostenuto maggioritariamente dagli Usa (che investono in spese militari attorno al 4% del Pil). Trump anche ieri è stato esplicito: «Sono stato molto diretto con i membri Nato, finalmente devono contribuire nel modo giusto con la quota giusta rispettando gli obblighi finanziari, ma 23 dei 28 membri ancora non pagano quanto dovrebbero, questo non è giusto per il popolo e per i contribuenti degli Stati Uniti».
Inoltre, il nuovo presidente americano intende sviluppare una politica di appeasement con la Russia di Vladimir Putin e anche questa è una sua solida ragione per distogliere la Nato dalla sua ossessione verso i confini orientali dell'Europa e dirottare i suoi sforzi e il suo formidabile apparato (anche di intelligence) contro il terrorismo. Questo, anche perché nella visione di Trump il concetto di «terrorismo» è ben più ampio di quanto comunemente si intenda. Più volte, nel suo viaggio in Arabia Saudita e in Israele, Trump ha accusato infatti l'Iran di essere la fucina e l'organizzatore del terrorismo. E dunque, nella sua visione, d'ora in poi la Nato dovrà impegnarsi in orizzonti ben più complessi della caccia ai singoli jihadisti. Di fatto, deve entrare in concorrenza alla alleanza anti terrorista che agisce in Mesopotamia e che fa capo a Russia e Iran. Questa implicazione è apparsa subito chiarissima a Stoltenberg, attuale segretario generale della Nato, il quale si è detto d'accordo al nuovo impegno anti terrorismo della organizzazione che dirige, aggiungendo però la perfida frase: «Però senza combattere». Posizione ben strana da parte del leader della più grande e potente alleanza militare del mondo e della storia, che evidenzia appunto il timore di certa Europa ineffabile di trovarsi impegnata in combattimenti in Iraq, Siria (o Libia) a fianco, o magari contro l'impegno parallelo della alleanza russo-iraniana. Di fatto. Stoltenberg vorrebbe che la Nato si impegnasse contro il terrorismo solo con gli strumenti dell'intelligence. Un po' poco. Ennesimo paradosso di una visione del mondo «politically correct». Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@liberoquotidiano.it |
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