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Libero Rassegna Stampa
11.09.2007 Terrorismo jihadista: Veneziani minimizza
la replica di Renato Farina

Testata: Libero
Data: 11 settembre 2007
Pagina: 1
Autore: Marcello Veneziani - Renato Farina - Andrea Morigi
Titolo: «Diciamo la verità: la guerra non c'è stata - Ma è solo una tregua: colpiranno ancora - I servizi americani: Hezbollah colpirà negli Stati Uniti»

Siccome nulla di pargonabile, nel campo del terrorismo islamista,  è avvenuto dopo l'11 settembre, se ne deve concludere che dopo quell'attacco l'allarmismo fu eccessivo.
La tesi di Marcello Veneziani, su LIBERO dell'11 settembre 2007, è l'opposto speculare di quella secondo la quale la guerra in Iraq ha lasciato intatta o addirittura ha aggravato la minaccia di Al Qaeda.
Entrambe le immagini sono falsate. La realtà è che la guerra è in corso, ma è stata in parte spostata dalle città dell'Occidente ai santuari mediorentali del terrore (non senza, comunque, che i qaedisti riuscissero a mettere a segno attentati in Europa) .
La  guerra al terrorismo è riuscita  a ridurre la capacità offensiva dei terroristi. Negando questo sbagliano coloro che sostengono che la strategia adottata sia un disastro.
D'altro canto, la relativa tranqullità delle città dell'occidente non è garantita, ed'è garantita dall'impegno bellico in Iraq e Afghanistan e dalle attività dell'intelligence. Negando questo sbaglia chi nega, come Veneziani, che il terrorismo islamico sia poi quel gran rischio.

Ecco il testo:

11 settembre, la guerra che non venne. Dobbiamo avere la cruda franchezza di dirlo: si trattò di un gigantesco, doloroso falso allarme. Vorrei tornare con voi, a sei anni esatti da quella catastrofe, a quei giorni e ricordare che cosa pensò il mondo, l’America, noi, all’indomani della tragedia (...) delle due torri. Si apriva per noi, in modo spettacolare e feroce, il terzo millennio con la terza guerra mondiale. Non tra est e ovest ma tra nord e sud, non tra due ateismi, uno pratico e l’altro ideologico, ma tra due civiltà venute da due religioni, anzi tre, di cui una appariva come giudeocristianesimo. Con la perdita dell’invulnerabilità dell’America in casa sua, pensavamo di entrare in un tunnel di attentati, guerriglie, ritorsioni, fino al conflitto mondiale. Eravamo rassegnati a veder precipitare le cose, sembrava una valanga inarrestabile, un po’ come il 1939 o il 1914. Madrid, Londra poi poco più Per fortuna ci siamo sbagliati. L’11 settembre non fu l’inizio di questa guerra, ma l’apice. Allora pensavamo che niente sarebbe stato più come prima; il peggio doveva ancora accadere. Invece, almeno finora, in Occidente, dobbiamo dire che il peggio è passato e la vita, più o meno, ha continuato a essere quella di prima. Nei sei anni seguenti la psicosi è stata alta, gruppi di fanatici sono stati scovati, l’attesa di attentati è stata cento mille volte più alta di quel che è realmente accaduto; due tre attentati, a Londra e Madrid, per esempio, ci sono stati. Ma non abbiamo visto moltiplicarsi le due torri, non abbiamo visto orde di fanatici, come cantava Battiato, invadere le terre degli infedeli. Abbiamo visto un paio di guerre, in Afghanistan e in Iraq, ma guerre preventive, mosse dall’America e dall’Occidente, la seconda più discutibile, morte di Saddam inclusa. Ma in fondo il filmato odierno di Bin Laden dimostra che Al Qaeda non è stata distrutta, il nemico principale, vero o presunto, non è stato cancellato. Ma a sua volta, non ha fatto granché, in questi sei anni. Nulla ha superato l’attentato dell’11 settembre, nulla si è pur vagamente avvicinato, solo minacce e presentimenti, prevenzioni e falsi allarmi, o allarmi sventati. L’emergenza Iraq c’era prima dell’11 settembre, l’Afghanistan pure, e così Israele e il Libano, la Striscia di Gaza e i territori occupati. Insomma l’11 settembre ha prodotto più una svolta culturale che storica, ha inciso più nella mentalità che negli assetti mondiali. L’egemonia planetaria dell’America è rimasta, con le stesse contraddizioni e le stesse cadute; l’antiamericanismo, che si era spento all’indomani dell’11 settembre, ha ripreso a veleggiare in Occidente, oltre che naturalmente nel resto del mondo. E dall’altra parte, l’islam non si è unificato, non ha seguito Bin Laden né gli ayatollah. Persino l’avvento di Ahmadinejad alla guida dell’Iran non ha coalizzato i Paesi islamici ma ha continuato a dividerli. In quei Paesi, vedi il Marocco e la Turchia, l’antidoto al fondamentalismo e all’integralismo non è la democrazia liberale, ma i nazionalisti o i socialisti, che perlomeno trasferiscono la religione nel secolo e la attenuano alla ricerca di modernizzazione. Non dirò allora che tutti, da Bush ai teocon e ai nostri atei devoti, si sono sbagliati, che Oriana Fallaci ha perso il suo tempo a suonare l’allarme, che gli apparati militari e polizieschi si sono mobilitati per nulla, che le file interminabili agli aeroporti per i controlli, soprattutto negli Usa, siano ingiustificati. Altro che… Ma la guerra non c’è stata, i barbari interni all’Occidente hanno ripreso il sopravvento sulla paura dei barbari esterni; e chi diceva che l’islam sarà il comunismo del XXI secolo, ribaltando una vecchia teoria, forse si è sbagliato, perché la Cina, ad esempio, è il nuovo comunismo, repressivo, antiambientalista e mercantile del XXI secolo. E il neonazismo d’appendice può sorgere perfino in Israele. Non è Dio il mandante Allora forse converrà attrezzarci a capire l’esigenza religiosa dei popoli, le diverse civiltà e sensibilità. Capire che non è Dio il mandante dell’Orrore e del Terrore, come credono sciami di atei; non sono le religioni a insanguinare il pianeta, ma sono i fanatici che possono usare una religione, un’ideologia o perfino un interesse, per spargere sangue per volontà di potenza. E in ogni caso disprezzare e sopprimere una religione impoverisce l’umanità e fa più danni del suo riconoscimento. Non sono felice, ad esempio, che in India sia stato proibito esibire il puntino sacro sulla fronte, il tilak o il bindi (da non confondere col nostro puntone sacro, la Bin-di). Ogni segno di tradizione cancellato per forza e per legge, è un’offesa all’uomo, alla sua civiltà e un incitamento ai fanatici. E il tilak è un segno innocuo e interclassista di identità, di tradizione e di comunità. Non dirò che l’allarme suonato dopo l’11 settembre fosse un effetto propagandistico per tenere unito il mondo sotto l’America, dopo che aveva perso il suo antagonista sovietico; non dirò, come sostenevano gli stessi neocon, che l’islam fanatico è stato utile all’America; non dirò che dietro tutto ci sono solo gli interessi petroliferi, militari e strategici degli Usa che hanno pompato il pericolo e tantomeno seguirò i complottisti che parlano dell’11 settembre come di un evento inesistente e pilotato dalla stessa America, più ambienti giudaici… Dirò invece che nell’islam si nasconde un pericolo, che i fanatici sono tanti e gente disposta a morire per farci morire ce n’è ancora tanta in numero impressionante. Ma le aspettative tragiche dopo l’11 settembre non si sono avverate, l’allarme ha superato di gran lunga la realtà. E la fine del mondo, con annesso giudizio universale, è stata rinviata a data da destinarsi.

Renato Farina, sempre dalle pagine di LIBERO, risponde efficacemente a Veneziani;

Circolano tre tesi nella nostra testa. 1) Gli americani hanno sbagliato tutto. 2) Oriana ha visto il diavolo troppo nero. 3) L’11 settembre non è stato l’inizio di alcuna guerra mondiale, ma solo la scintilla di guerrette locali stupide dall’Iraq all’Afghanistan: (...) tutto ’sto casino, e Bin Laden ci appare ancora con la sua barba a tuonare imbecillità. Che cosa è poi successo? Un attentato alla stazione di Madrid, uno alla metropolitana di Londra… Pensiamo un po’ tutti in questa maniera, non è vero? Lo dico a Marcello, ma anche a te che mi leggi, e in fondo a me stesso. Eppure così non va. Il torto non sta nelle argomentazioni, ma nel manico. In quel brodo di amore debole che ormai domina nel nostro cuore, sia che siamo di destra sia che siamo di sinistra. Da cui discende una morale del vivere acquattati secondo la filosofia del tirare a campare. Proprio quella che ha cercato di estirpare la Fallaci. Se ci arrendiamo così dopo appena sei anni, è proprio Oriana ad aver perso la sua guerra, prima ancora che Bush. Ci siamo arresi, ci arrendiamo perché abbiamo rinunciato alla memoria viva del sangue, del dolore e dell’odio contro la vita. Pensiamo alle Torri Gemelle e che cosa viene in mente? Nonche il crimine, perpetuato in nome di Dio, è stato immane e di certo ripetibile, ma quanto in Occidente sia nato per combatterne gli autori sia stata tutta un’esagerazione. Ehi, cercare di difendere la libertà è un’esagerazione? Provare a inseguire il cancro che vuole allargare le sue metastasi a casa nostra è un errore? D’accordo: la strategia gestita dai neo-con oggi pentiti è stata un fallimento. Ma la causa resta giusta anche se i generali che impugnavano la buona bandiera sono stati degli asini. Non mi sento affatto moralmente superiore a te, Marcello. Figuriamoci. Siamo tutti dei poveretti, che cercano come megliopossono il bene per i propri figli. Ma sei sicuro di vederebene dentro la nebbia che ci sta intorno? Io resto convinto che siamo solo agli inizi di una quarta guerra mondiale. Perché quarta? La terza, e la pubblicistica americana e quella del dissenso sovietico è concorde, è stata quella che in Europa abbiamo chiamato impropriamente «guerra fredda» e che in realtà si è combattuta tra democrazia ecomunismo per45 anni, fino al 1989. Io propongo queste altre considerazioni rispetto a quelle di Veneziani. 1) L’11 settembre ha mostrato che esiste nel mondo una potenza ideologico-religiosa capace di colpire in modo terribilmente efficace dove e come vuole. Il nemico si chiama islam nella sua versione più radicale. Ha il consenso dichiarato o sotterraneo della maggior parte del miliardo e duecento milioni di uomini fedeli al Corano. Molti tra i suoi adepti sono disposti a morire uccidendo innocenti, in una sorta di sacrificio umano ad Allah. Dopo il colpo, il serpente ha nascosto la testa. Morde quando può. 2) La risposta americana è stata dapprima realistica. Individuato il colpevole (Osama con la sua Al Qaeda) che si era impadronito di uno Stato, l’Afghanistan, Bush ha cercato di disarmarlo. Qui (quasi) nessuno ha avuto da dire. Gli Usa hanno poi individuato nell’Iraq di Saddam una minaccia concomitante, specialmente per Israele, e hanno abbattuto il despota. 3) A questo punto - si dice - sono cominciati i guai. Vero, ma fino a un certo punto. Non esiste controprova. Ma è un fatto che l’America non è stata più colpita, e l’Europa lo è stata in maniera limitata. Al Qaeda, nella sua struttura regolare, è stata decimata. Ma il suo verbo alimenta fuochi tra giovani musulmani della seconda o terza generazione di immigrati. E questa è la tragedia vera di questa guerra, intuita da Oriana Fallaci. Sarà una guerra lunga, ma il fatto che il vulcano stia riposando non significa che sia diventato innocuo o che si sia stati allarmisti a cercare di tappargli la bocca tonante. 4) Oggi andarsene dall’Iraq vorrebbe dire lasciare in mano quella terra ad Al Qaeda. Bush, abbandonato da tutti i vecchi consiglieri, ora ha trovato uomini più pragmatici e meno ideologici. Resta il problema immenso dell’Iran. Ha potenzialità nucleari paurose. I suoi missili potranno raggiungerci. Che si fa? Risposta non c’è. O forse ce l’ha in mente Israele, e fa paura. Intanto Al Qaeda ha deciso di far sentire la suapotenza tremendainAlgeria, che è a un passo da noi. 5) In Italia non ci sono state bombe. Ma non perché i kamikaze non esistano. Ci sono ragioni tattiche: per ilmomento iterroristi sono partiti dalle nostre città e hanno colpito altrove nel mondo, specie in Iraq e Afghanistan. C’è anche l’eccellente lavoro svolto dalla nostra intelligence. Ma quella di dire che la guerra non esiste è un modo per non vedere la realtà. Avremmo bisogno della scossa di Oriana. Intanto c’è papa Ratzinger. E fa paura vedere che gli intellettuali più alla moda, da Umberto Eco a Noam Chomski, lo equiparino a Bin Laden. Due persone in fondo entrambe esagerate. P.S. Incuriosisce un fatto. Nell’ultimo messaggio, Osama elogia un ex capo della Cia, tale Michael Scheuer. È questo Scheuer che è stato l’interlocutore privilegiato di "Repubblica" (leggi Bonini- D’Avanzo) per la delegittimazione dei nostri servizi antiterrorismo. Interessante, vero?

Nella sua analisi, Veneziani ha poi del tutto trascurato l'emergere di un  altro, minaccioso protagonista del terrorismo: l'Iran.
A smentire il suo ottimismo un po' irresponsabile arriva anche una notizia, riportata da Andrea Morigi, che riguarda Hezbollah, il gruppo terroristico libanese che prende ordini da Teheran.

Non è soltanto Al Qaeda a minacciare l’America. «Riteniamo che il movimento libanese Hezbollah, che in passato ha lanciato attentati contro obiettivi americani fuori dagli Stati Uniti, potrebbe verosimilmente prevedere attentati sul territorio americano nel corso dei prossimi tre anni, nel caso in cui dovesse ritenere che gli Stati Uniti rappresentino una minaccia diretta contro il movimento o l'Iran», ha comunicato ieri il direttore dei servizi di intelligence Usa, Michael Mc- Connell, al Congresso. Considerati terroristi dagli Usa, gli sciiti guidati daHassan Nasrallahsonorappresentati al Parlamento di Beirut. Come tali, hanno ricevuto domenica la delegazione del Pdci in missione in Libano, formata dall’europarlamentare Umberto Guidoni e Maurizio Musolino, che non si sono fatti mancare colloqui con «altre forze della Resistenza » e poi ieri hanno reso visita ai «rappresentanti di tutte le principali forze politiche palestinesi, compresa Hamas». Invece di andare a braccetto con i terroristi, i politici americani si pongono domande concrete. Come quella rivolta ieri all’intelligence dal senatore indipendente Joseph Lieberman, presidente della commissione per la sicurezza interna: «A chepuntoè la nostra capacità di scoprire e sventare un possibile nuovo attacco pianificato o rispondere e alleviare i danni ai nostri cittadini e stili di vita nel caso che dovesse verificarsi?». «Possiamo contaresu una sicurezza maggiore rispetto all’11 settembre del 2001 - gli ha risposto John Scott Redd, che guida il National Counterterrorism Center - ma non siamo certo al sicuro, e probabilmente non lo saremo ancora per una generazione o più».

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