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Libero Rassegna Stampa
03.11.2005 La fiaccolata per Israele servirà
Angelo Pezzana risponde a Marcello Veneziani

Testata: Libero
Data: 03 novembre 2005
Pagina: 1
Autore: Angelo Pezzana - Marcello Veneziani
Titolo: «Ma un risultato già c'è Israele non è più solo - Con le fiaccolate il rischio è bruciarsi»
LIBERO di giovedì 3 novembre 2005 pubblica in primapagina l'articolo di Angelo Pezzana "Ma un risultato già c'è Israele non è più solo", che riportiamo:
C'è una frase che quando la sento mi si drizzano le antenne: "Io ho molti amici ebrei". Ebbene, si può stare certi che subito dopo averla sentita, sui malcapitati ebrei che non rientrano nella schiera degli "amici", si riverserà una quantità di accuse, o, nel caso migliore, una palata di pregiudizi da far rabbrividire. Lo stesso succede con Israele. Ogni volta che lo Stato ebraico viene delegittimato, non importa quale forza sia al governo è Israele che viene messo sotto accusa, i critici più estremi, quelli che se avessero il coraggio parlerebbero usando le stesse parole del presidente iraniano tanto è l'odio che sentono ed esprimono, ecco che si nascondono dietro a mille giustificazioni. Antisemita io ? Ma per carità, ho amici ebrei io, come se questo li esonerasse dal dover rendere conto di quello che dicono. Se poi sono di sinistra il problema non si pone neppure, l'autoassoluzione è compresa nel prezzo. E' noto che la sinistra può permettersi di riversare su Israele barili di menzogne , attacchi di una violenza che mai sono stati rivolti nemmeno agli Stati più sanguinari apparsi sulla faccia della terra, senza dover pagare pedaggio. Ma veniamo alla fiaccolata che Giuliano Ferrara con il suo benemerito Foglio ha lanciato per oggi in risposta al Signor Mahmoud Ahmadinejad, degno figlio dell'Ayatollah Khomeini, il quale vuole "spazzare via Israele dalla faccia della terra". E' giusta ? Servirà? Cominciamo dicendo che è non solo giusta ma sacrosanta. In un mondo dove quei degni signori di cui dicevo all'inizio si interessano agli ebrei, si commuovono persino al loro ricordo, solo quando si tratta di commemorarne il massacro con l'abituale, solito ipocrita rituale, ebbene, aver chiamato a raccolta, al di là della fede religiosa e dell'apparteneza politica tutte le persone per bene che, oggi, si preoccupano che quei sei milioni di ebrei che vivono in Israele possano continuare a far parte della comunità dei vivi, è impresa meritoria. E' una di quelle idee che non richiedono ricerche di mercato o analisi sociologiche. Bastano intelligenza e cuore. Della prima c'è poco da dire, ha funzionato già egregiamente all' Israel Day, funzionerà anche oggi. Del secondo, se si tratta di Israele, ce n'è poco in giro, per cui meno male che Ferrara ne ha da vendere. Ma come, non si era mai visto uno Stato che esorta alla distruzione di altro, anzi, fa di peggio, dichiara che appena avrà l'atomica la farà esplodere proprio su Israele, e noi stiamo qui a chiederci se è giusto andare sotto l'ambasciata di quello Stato canaglia, accendere una fiaccola, e fargli sapere che no, brutta carogna di un Ahmadinejad, non pensare di cavartela liscia, sarà anche vero che d'inverno ci riscaldiamo anche con il tuo
gas (che peraltro ti paghiamo in moneta sonante), ma non credere che ti lascieremo alzare anche solo un dito sullo Stato ebraico. Chiederemo agli Stati democratici di venire a bombardare le tue rampe di lancio prima che tu di missili a testata atomica ne possa lanciare anche uno solo. E' o non è giusto andarglielo a dire ?
Certo che servirà, anzi, è già servita. Quando mai Israele, pur avendo vissuto questa stessa siuazione da quasi sessant'anni, si è mai vista circondata da tante parole di affetto, considerazione, conoscenza. Sembra quasi un miracolo che grazie alla gaffe (quanto opportuna!) di un dittatore criminale, quella coltre di bugie,pregiudizi, ostilità, odio, improvvisamente si sia squarciata lasciando il posto a quella che hatutta l'aria di essere una manifestazione popolare, dove non ci saranno pulman organizzati come usa nei congressi che per forza devono essere oceanici, no, politici e non, amici di vecchia data e amici recenti, si ritroveranno insieme a dire Israele non sei solo, siamo qui per darti una mano. Non ci saranno interrogatori, nessuno peserà la buona fede un tanto al chilo. Conterà esserci. Ci vada Veneziani,lo faccia per farmi un piacere, prenda il mio posto. Pensi un po', proprio oggi che vorrei essere a Roma, sono in Israele. Un paese forte, coraggioso, con un cuore grande così. Venga a conoscerlo, può darsi persino che riesca a piacerle.
Di seguito, riportiamo l'articolo di Marcello Veneziani "Con le fiaccolate il rischio è bruciarsi" cui l'articolo di Pezzana risponde:

Posso confessare una cosa sicuramente indecente e sgradita ai più? Non mi piace la fiaccolata di stasera a Roma sotto l'ambasciata iraniana. Temo che non porti nessun aiuto a Israele e produca solo un danno all'Italia. Temo che noi italiani resteremo da soli con il cerino in mano. So che non bisogna dirlo, quando quasi tutto l'arco politico scende in piazza e il centro-destra è compatto. So che l'astuto Ferrara lo ha fatto anche per spaccare la sinistra italiana e vi è riuscito. Ma non so che farmene delle astuzie politiche se sono sull'orlo di un burrone: passare per nemici principali dell'Islam furioso, significa tirarsi in casa attentati, inimicizie e minacce che del resto sono già cominciate. Grandi rischi e nessun risultato. Ma come, dovremmo ritirarci per paura, dovremmo nasconderci per salvare la nostra pelle, dicono i nuovi leoni? Ma come, proprio tu, che vieni da una cultura non certo pacifista, dici una cosa del genere? Ma non è che sotto sotto c'è una pregiudiziale ideologica contro l'Occidente americanizzato e contro Israele? No, signori, sto parlando con assoluto realismo. Queste manifestazioni ci mettono in vetrina, anzi ci espongono al tiro al piccione, senza produrre alcuno significativo risultato rispetto all'obbiettivo che si propongono. Lo diciamo da una vita: nessun corteo pacifista ha mai fermato una guerra, nessuna fiaccolata farà mai indietreggiare il fanatismo islamico e il presidente "iranscibile". Allora, se la cosa è assolutamente inefficace allo scopo, non produce alcun effetto, se non in politica interna, allora mi dico: ma possiamo per il nostro teatrino interno mettere a rischio il Paese? Possiamo, solo per metterci la coscienza a posto, simulare di essere scesi in guerra in difesa d'Israele minacciata? Non credo che il programma del governo Berlusconi debba riassumersi nelle tre I: Iraq, Iran e Israele. Badate, do per scontata e totale la condanna delle dichiarazioni del presidente iraniano che ha un cognome così intricato e minaccioso da rifiutarmi di impararlo a memoria. E ritengo bestiale che qualcuno non nutra in questo caso un senso incondizionato di solidarietà verso Israele, minacciato di annientamento. Non discuto la cosa e in questo caso è una strabica e perfida demagogia tirare in ballo la par condicio con i palestinesi, dicendo che dobbiamo però nello stesso tempo manifestare per garantire lo Stato palestinese. Sono d'accordo da sempre su questo punto e sono convinto anch'io che non usciremo dall'inghippo mediorientale se non garantiremo l'incolumità d'Israele e contestualmente il diritto dei palestinesi ad avere una patria, uno Stato. Ma qui ci troviamo di fronte ad un proclama d'eccezione, inquietante: un Paese forte e potente, ben più potente dell'Iraq, faro di tutto l'Islam, detentore della bomba atomica, fa una dichiarazione di guerra, per bocca del suo massimo rappresentante, a Israele e una chiamata alle armi di tutto l'Islam. Quest'appello è ancora più serio delle minacce di Al Qaeda e di tutti i gruppi terroristici; è l'appello di uno Stato forte alla guerra santa contro Israele. Che diventa, inevitabilmente una chiamata alle armi contro l'Occidente. Perché l'Occidente non potrà defilarsi, non potrà mai dire che con Israele non c'entra. Allora l'atto è così grave da richiedere un'iniziativa internazionale. Meglio se non parte dagli Stati Uniti, meglio se non è muscolare, in partenza; un'iniziativa politica e diplomatica che raccolga in primis l'adesione dei palestinesi e dei Paesi arabi, visto che si sono già dichiarati contro le minacce del capo iraniano; poi della Russia e di altre potenze extraoccidentali, dell'Europa e delle Americhe. Insomma una rete mondiale, perché qui ci troviamo di fronte ad una seria ipotesi di guerra mondiale. Non ho mai creduto all'Onu, ma questa volta concordo con il nostro ministro degli Esteri che chiede un intervento delle Nazioni Unite. La fiaccolata serve solo a bruciarci le mani. Soprattutto se non è più un'iniziativa simbolica di un piccolo giornale che chiama a raccolta cittadini e movimenti; ma diventa, come è diventata, anche per timore di essere accusati di antisionismo, la discesa in piazza di tutta la politica italiana, dal governo all'opposizione. L'unica via è isolare l'Iran, a questo punto, costringerla a ravvedersi. Non quella di sfilare in Italia e poi magari chiedere agli americani il bis di Baghdad su Teheran. Siate prudenti, anche nell'ipotesi di doverci preparare ad una guerra. Consideriamo la guerra come extrema ratio, non come prima ratio, non giochiamo con le cose serie, anzi tremende; solo perché vogliamo mostrarci all'altezza dei pamphlet di Oriana Fallaci. La realtà è un'altra cosa. La tragedia non è un titolo magnifico per aprire i tg e i giornali. Tocca vite umane, anche la nostra. Non sto facendo un appello al disarmo e un invito ad avere paura. Ma a procedere con i piedi di piombo prima di scaricare piombo sulle rotative e poi sull'Iran. La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla a generali che hanno fatto tirocinio negli studi televisivi, nelle redazioni dei giornali e nei cortei sessantottini. Non balocchiamoci con questi sit in sulle bocche dei cannoni. Per questo io stasera non applaudirò alla fiaccolata anche se rispetto e condivido la passione ideale e civile di molti che scenderanno in piazza. E vorrei che la fiaccolata non servisse, come spesso accade, a rasserenarci, confondendo un corteo romano con una risposta alla guerra. Uniti, sì ma nella realtà; non nella rappresentazione.
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