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Shalom Rassegna Stampa
29.11.2017 Le firme su un pezzo di carta non hanno fermato la bomba atomica iraniana
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Shalom
Data: 29 novembre 2017
Pagina: 11
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Le firme su un pezzo di carta non hanno fermato la bomba atomica iraniana»

Riprendiamo da SHALOM di novembre 2017, a pag. 11, con il titolo "Le firme su un pezzo di carta non hanno fermato la bomba atomica iraniana", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein

Se uno ha in mente la faccia di Federica Mogherini quando ha affermato la sua opposizione e quella di tutta l'Unione Europea di fronte alla decisione di Trump di decertificare l'accordo nucleare con l'Iran del 2015, si rende immediatamente conto che l'UE stavolta ha esagerato. Proprio come esagera sempre quando condanna a piena voce, come se fossero quelle le cause della mancanza di un processo di pace effettivo, le costruzioni israeliane nei territori, o decide con sanzioni e "labeling" quali devono essere i confini dei due Stati prossimi venturi in un accordo che è di là da venire, oppure condanna Israele perché si difende dal lancio dei missili da Gaza. Sono prese di posizione ideologiche, di bandiera, quindi fittizie, non radicate nella realtà dei fatti, dovute più a un istinto, a una reazione pavloviana, a una spinta sostitutiva verso una realtà unitaria che non c'è che a un atteggiamento ben radicato in motivazioni. Quando la Mogherini vestita di nero, con una striscia tirata e sofferente di rossetto molto scuro sulle labbra ha detto davanti alle telecamere "Non ci possiamo permettere che la comunità internazionale smantelli un accordo che funziona" e "questo accordo non è bilaterale, la comunità internazionale ha chiaramente indicato che l'accordo è e continuerà ad essere in funzione" sapeva benissimo di non stare dicendo la verità. L'accordo non funziona affatto, e la comunità internazionale non è affatto compatta nel proseguire sulla strada che esso ha tracciato.

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Perchè? Perchè effettivamente quando Trump dice che l'Iran non ne ha osservato lo spirito dice una verità talmente evidente che già si sa per certo che l'Inghilterra, la Germania e la Francia in questi giorni come innalzare il livello della critica al programma balistico e al ruolo degli ayatollah nel fomentare l'instabilità del Medio Oriente. Ed è un'instabilità intrisa, purtroppo, di molto sangue: l'Iran si è buttata a corpo morto nella protezione del regime assassino di Bashar Assad che ha fatto 250mila morti, la Guardia Rivoluzionaria sguinzagliata in Siria ha armato gli hezbollah con centinaia di migliaia di missili e altre armi, intanto si è impegnata nel controllo dell'Iraq, del Libano e dello Yemen, mentre stringeva di nuovo accordi con l'organizzazione terrorista Hamas e risultava il numero uno, secondo tutte le ricerche del campo, fra gli Stati protettori del terrore. I progressi eventuali nel campo dell'arricchimento dell'uranio non sono verificabili al cento per cento, perché l'accordo impedisce le visite dell'IAEA, l'agenzia atomica, nelle strutture militari; la costruzione di missili balistici mostrati fieramente in parate in cui la parola d'ordine è "morte a Israele" e "morte all'America" non parlano affatto di rispetto per l'accordo atomico, ma anzi, di armi programmate proprio per trasportare le testate atomiche che verranno. E sempre secondo l'accordo "peggiore del mondo" (come dice Trump) verranno anche presto: o si sta lavorando ad esse di nascosto (a che servono altrimenti tutti quei litri di acqua pesante che sono stati comprati in questi ultimi mesi?) oppure comunque dopo 15 anni cessa l'obbligo di non costruire l'atomica, e può ricominciare allegramente a farlo sotto gli occhi del mondo.

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L'unica possibilità, allo stato attuale, che non lo faccia è nel caso di un cambio di accordo o di regime: ma purtroppo non se e vedono gli albori, e il regime attuale si difende assai duramente grazie a leggi liberticide che salvaguardano la compattezza ideologica punendo col carcere e la morte i dissidenti, e preservando le leggi di uno stato dittatoriale che impicca in piazza gli omosessuali e può secondo la legge lapidare le donne fedifraghe; in ogni caso, la donna vale per legge la metà di un uomo, e così è nella società violenta dell'Iran. La reazione europea è fatta anche per coprire l'immenso volume di business, di delegazioni e di uffici commerciali che hanno scelto, con la protezione di molti governi europei compreso quello italiano, di fluire in massa verso il mercato iraniano liberato dalle imposizioni delle sanzioni: ma si tratta di una scelta miope e illusoria di fronte a una società violenta e in continuo allarme bellico, soggetta a norme dettate dalla Guardia Rivoluzionaria ora in predicato di essere inserita nella lista delle organizzazione terroriste. La domina anche una pesante atmosfera di corruzione: il danaro è aleatorio e incerto, può finire in imprese violente e immorali, può girare nella ruota del riciclaggio e del terrorismo, insomma diventa olio nel macchinario di un sistema deprecabile che nessuna persona democratica può desiderare. L'Europa ha una tradizione di pacifismo e di liberalismo che non regge all'urto dei tempi: su di essa sono caduti la grande ondata di immigrazione, i problemi legati al terrorismo dilagante, la percezione chiara che rispetto all'Islam l'Europa sia divisa e carente di analisi.

Questo crea un substrato di polemica continua fra stati nazione ormai molto diversificati anche politicamente, che non regge alle proclamazioni unitarie e pacifiste di Mogherini. Meglio ragionare, articolare, distinguere, partecipare allo sforzo di Trump di cambiare il trattato, rivendicarlo così com'è è sbagliato. Il richiamo della speranza, persino della simpatia, per un accordo col mondo islamico che passi dall'Iran, si scontra con la chiarissima consapevolezza che semmai, al contrario, è il mondo sunnita e non quello sciita iraniano, quello che, combattendo gli estremisti orribili di Daesh, può condividere un futuro di equilibrio con l'Europa e gli USA. Esso dimostra in questo periodo di poter essere quello che forma un ponte con Israele per una prospettiva di pace: attualmente Egitto, Arabia Saudita, Giordania e i Paesi del Golfo condividono la preoccupazione dell'imperialismo iraniano. Il fronte iraniano collegato , nel mondo sunnita, solo alla Turchia e ai Fratelli Musulmani risulta oggi il maggior pericolo per la pace in Medio Oriente, e anche il maggior pericolo per Israele. Gli scontri che si moltiplicano in queste settimane alla frontiera fra Israele e la Siria parlano del nuovo paradigma strategico dell'Iran che intende minacciare Israele dalle alture sui confini siriano e libanese, dando fuoco all'area fino a una guerra di distruzione. Hamas, mentre il mondo si balocca con il suo accordo interno con Fatah, si occupa infatti di stringere i rapporti con gli ayatollah e incrementare i finanziamenti dall'Iran, e punta su quelli quando rilancia, come sta facendo in questi giorni, le sue minacce di morte a Israele. L'Europa non deve sprecare il suo senso di unità sull'Iran mentre va cadendo a pezzi e soffre rischi di secessioni, non deve millantare la dignità della sua serietà negli accordi quando essi non vengono rispettati dalla controparte, non deve puntare il recupero economico su prospettive incerte e pericolose, non deve indulgere al vecchio cemento all'antiamericanismo che è sempre in agguato e prende stavolta il volto di Donald Trump. Deve ragionare invece sulle sue autentiche opportunità e convenienze e avere la modestia di fare un passo indietro dato che tutto quello che Obama si prefigurava non ha funzionato e ha portato rovine; e, peggio di tutto, non funziona nemmeno questo accordo.

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