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Shalom Rassegna Stampa
02.03.2017 Shayetet 13: l'elite dell'esercito israeliano
Commento di Mario Del Monte

Testata: Shalom
Data: 02 marzo 2017
Pagina: 7
Autore: Mario Del Monte
Titolo: «Shayetet 13: l'elite dell'esercito israeliano»

Riprendiamo da SHALOM di febbraio 2017, a pag. 7, con il titolo "Shayetet 13: l'elite dell'esercito israeliano", il commento di Mario Del Monte.

Risultati immagini per Shayetet 13
Un reparto di Shayetet 13

Dalla sua fondazione ad oggi l’esercito israeliano ha subito una serie di profonde trasformazioni che ne hanno mutato la natura ma non l’efficacia. In particolare le forze militari sono state snellite, dotate dei più tecnologicamente avanzati armamenti e basate sul prevalente utilizzo di droni e aerei da combattimento. Questo perché le minacce per lo Stato Ebraico non sono più legate agli eserciti dei paesi confinanti, ma alle milizie di organizzazioni terroristiche come Hamas e Hezbollah che utilizzano tattiche non convenzionali come agguati, lanci di missili, autobombe e guerriglia. In questo contesto carri armati e artiglieria non sono più indispensabili mentre assumono un’importanza centrale l’aviazione e le unità speciali. Proprio queste ultime possono essere considerate uno dei fiori all’occhiello dell’esercito israeliano.

Tra loro spicca la Shayetet 13, l’unità di incursori della marina specializzata in anti-terrorismo, liberazione di ostaggi e operazioni dietro le linee nemiche. Nonostante le conferme riguardo la partecipazione della Shayetet 13 in quasi tutte le guerre combattute da Israele, molte delle azioni compiute da questa unità rimangono avvolte nel mistero e i dettagli delle operazioni sono top secret. Per cercare un paragone di facile presa nell’immaginario collettivo, si tratta del corrispettivo dei Navy Seal americani. Soprannominati “uomini pipistrello” si sono fatti carico di gran parte delle missioni più pericolose con una percentuale di successo che sfiora la perfezione. Contribuirono anche alla riuscita dell’Operazione Mosè conducendo migliaia di ebrei etiopi su una nave ancorata in mare aperto che li portò sani e salvi in Israele. I soldati che puntano ad entrare in questa unità devono affrontare un processo di selezione di venti mesi. I primi sei mesi sono dedicati all’addestramento di fanteria con la Brigata Nahal, successivamente le reclute vengono spedite alla base navale di Atlit per tre mesi dove imparano le basi della guerra navale, come l’uso di piccole imbarcazioni e lunghe nuotate di superficie, e frequentano corsi di anti-terrorismo, paracadutismo militare e demolizioni con esplosivi.

Chi riesce a superare la fase preparatoria può accedere alla “fase avanzata”, la più lunga e rigorosa, in cui vengono addestrati a sopravvivere in situazioni estreme e all’utilizzo dell’equipaggiamento speciale dell’unità. Infine ai combattenti viene assegnata una professione in cui specializzarsi e vengono assegnati ad una delle tre compagnie: assalto, sommozzatori e trasportatori. Gli uomini della Shayetet 13 sono dotati di un equipaggiamento particolare che include mine navali magnetiche, un apparecchio per respirare sott’acqua, un gommone gonfiabile Zodiac e una muta subacquea in grado di ridurre i rumori durante i movimenti in acqua. Secondo le testimonianze di chi li ha visti in azione si distinguono per la silenziosità negli spostamenti e la capacità di raggiungere qualsiasi porto o località marittima senza essere individuati. Inoltre sono addestrati in diverse arti marziali e sono capaci di restare sott’acqua per un considerevole numero di minuti. Eroi silenziosi le cui imprese non finiscono sui titoli dei quotidiani, gli uomini della Shayetet 13 rappresentano il meglio che l’esercito di Gerusalemme possa offrire.

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