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Shalom Rassegna Stampa
23.09.2015 In memoria di Robert S. Wistrich, tra i massimi studiosi di antisemitismo
Ricordo di David Meghnagi

Testata: Shalom
Data: 23 settembre 2015
Pagina: 24
Autore: David Meghnagi
Titolo: «In memoria di Robert Solomon Wistrich»

Riprendiamo da SHALOM di settembre 2015, a pag. 24, con il titolo "In memoria di Robert Solomon Wistrich", il ricordo di David Meghnagi.

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David Meghnagi

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Robert S. Wistrich

Con Robert Wistrich, uno dei più autorevoli studiosi dell’antisemitismo contemporaneo, m’incontrai molti anni fa all’Università di Heidelberg per un convegno sull’antisemitismo. Dopo di allora, mantenemmo dei contatti epistolari. Avremmo dovuto rivederci a Gerusalemme nel maggio di quest’anno in occasione delle assise internazionale sull’antisemitismo, cui si era dedicato con forza, nonostante le precarie condizioni di salute. Dopo la sua morte a Roma, ho appreso dai famigliari che nei giorni precedenti aveva avuto uno svenimento. Per motivi di salute, al convegno non ho potuto partecipare.

Un paio di settimane prima ero stato visiting professor a Tel Aviv e dopo il convegno avrei dovuto ripetere il viaggio a Gerusalemme. C’eravamo però, più volte sentiti e scritti. Nell’ambito di un ciclo di seminari sulle nuove forme di antisemitismo, lo avevamo inviato a tenere una lectio sul caso francese. Data l’importanza, era stata scelta la Biblioteca Spadolini del Senato. Il Presidente Napolitano aveva inviato una lettera di plauso all’iniziativa. Il sindaco di Torino, Piero Fassino, aveva dato la sua adesione. Autorevoli studiosi e giornalisti, avevano garantito la loro presenza e la loro partecipazione al dibattito. Non avrei mai immaginato, il giorno prima della conferenza, di doverlo assistere con la morte nel cuore, nelle sue ultime ore, lontano dai suoi cari.

La sera prima, al Gianicolo, parlammo di Benedetto Musolino, una figura di rilievo del Risorgimento italiano che nel 1851 scrisse un libro in cui affermava la necessità di una ricostruzione di una vita nazionale ebraica indipendente nella terra in cui prese corpo la sua civiltà. Wistrich che non conosceva l’autore, fu fortemente colpito. Voleva saperne di più. “Come mai il libro non era stato tradotto in ebraico?”, mi chiese. Gli dissi che il libro è stato pubblicato per la prima volta in italiano cento anni dopo, nel 1951, per iniziativa di Dante Lattes.

Il libro uscì dopo la ristampa del libro di Carlo Cattaneo contro le leggi antiebraiche. Pubblicando il volume di Musolino, l’ebraismo italiano sanciva per bocca di uno dei suoi più autorevoli intellettuali, che dopo la catastrofe della Shoah, la problematica ebraica dell’emancipazione non poteva essere disgiunta dalla rivendicazione in positivo di un’esistenza nazionale ebraica indipendente. Una copia del libro di Musolino fu inviata a Ben Gurion, che lo apprezzò. Sessanta anni dopo per le celebrazioni dei cento cinquanta anni dell’unità d’Italia, il gesto è stato simbolicamente ripresentato. Il libro è stato ristampato. Una copia è stata inviata congiuntamente ai Presidenti Giorgio Napolitano e Shimon Peres. Il progetto di traduzione in ebraico del libro, aggiunsi era stato annunciato nel 1955, ma poi non se ne fece nulla. Musolino aveva sicuramente stretto amicizia con i combattenti ebrei per la libertà di Roma nel 1848.

Che cosa si siano detti, non lo sappiamo. Possiamo però immaginare la ricchezza di quei dialoghi nell’attesa della difesa estrema della città. Discutemmo della necessità di tenere separate la dimensione religiosa del riscatto messianico, da quella propriamente politica e nazionale. Se la rinascita è sovraccaricata di significati messianici, c’è il rischio di una sovrapposizione fra i tempi della religione con quelli della politica. Un pericolo grave potenzialmente letale. Laico di formazione, ma fortemente impregnato di cultura religiosa, Wistrich era fortemente consapevole di questi pericoli. Se non fosse stato per l’emergenza, cui si era votato, con opere poderose di analisi delle forme più antiche e nuove di antisemitismo), avrebbe accettato di buon grado di promuovere congiuntamente un’iniziativa su questi temi.

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Ytzhak Babel

Ci salutammo la sera. Non pensavo sarebbe stata l’ultima. La notte ebbe un grave infarto, forse era già in atto dal viaggio. Solo la mattina si decise a chiedere aiuto. Troppo tardi per salvarlo. Appena informato, mi sono precipitato in taxi al Policlinico. Nel corso del viaggio ho allertato il Rettorato e tutti gli amici che conosco, e che potevano fare qualcosa. Dall’ospedale telefonai in Israele, i medici del Policlinico di Roma parlarono con il suo medico personale. Troppo tardi. Nemmeno per un ultimo saluto ai famigliari. Lì sul suo letto mi fece pensare al personaggio babeliano del figlio del rabbino, descritto in modo mirabile con i suoi sogni in frantumi. Tra i pochi oggetti che Wistrich aveva portato con sé nel suo ultimo viaggio c’era una piccola mezuzà, che mi consegnò ormai febbricitante. Era per il nipote appena nato e che avrebbe fatto la milà pochi giorni al suo rientro. La sera me ne aveva lungamente parlato con affetto. Era felice di essere nuovamente nonno. Nella piccola valigia, tra i libri, c’erano un tallet e i tefillin.

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