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Io Donna Rassegna Stampa
04.01.2003 Confusione mentale e lacune storiche
L'invettiva antiisraeliana di Lilli Gruber

Testata: Io Donna
Data: 04 gennaio 2003
Pagina: 12
Autore: Lilli Gruber
Titolo: «Mandare in esilio Arafat e Saddam non risolverebbe nulla»
Ma le comari di un paesino / non brillano certo in iniziativa / le contromisure fino a quel punto / si limitarono all'invettiva.
Dev'essere proprio da qui, dalla nota canzone del compianto Fabrizio De Andrè - nonché suo compagno di fede antiisraeliana - che Lilli Gruber ha tratto lo spunto: non brillando in iniziativa - e neanche in molti altri campi, se proprio vogliamo dirla tutta - si butta a corpo morto sull'invettiva antiisraeliana. Per praticare la quale, in mancanza di argomenti, non si perita a lanciarsi in rocambolesche avventure concettuali. E dunque ci sottoponiamo volentieri alla fatica di trascrivere integralmente lo spassosissimo articolo pubblicato sull'ultimo numero di Io donna, per il piacere dei nostri lettori.

Tunisia e Stati Uniti hanno siglato un accordo per far tornare Arafat a Tunisi, se fosse costretto all'esilio da un nuovo governo conservatore in Israele. Con la prospettiva di una vittoria di Benjamin Netanyahu alle prossime elezioni politiche di gennaio, torna d'attualità questa ipotesi, poiché l'uomo forte della destra israeliana ritiene sia il miglior modo di sbarazzarsi del vecchio capo palestinese. In questi mesi gli americani hanno preso in considerazione una soluzione analoga anche per il presidente iracheno Saddam Hussein, sempre che trovi un paese abbastanza "generoso" da accoglierlo (il candidato potrebbe essere la Libia). Questa eventualità avrebbe almeno il vantaggio di evitare una nuova guerra contro l'Iraq. In un passato neanche tanto lontano, l'esilio è stato utilizzato spesso nel tentativo di trovare un'uscita ragionevole per leader ingombranti o decaduti. Ci fu per esempio lo Scià dell'Iran, Reza Palhavi, poi Bani Sadr, l'ex presidente iraniano. L'Imam Khomeini li aveva preceduti in Iraq e poi in Francia. Jean-Bedel Bokassa, un tempo "imperatore" centrafricano, il presidente ugandese Idi Amin Dada o il dittatore di Haiti Jean-Claude Duvalier, chiamato anche "Baby Doc", sono alcuni degli esiliati famosi. Tutte "fughe" con un punto in comune: dare per un momento l'illusione che per questi paesi in crisi una soluzione era stata trovata. Ma in realtà si era solo aggiunto un tassello nel già sanguinoso percorso di un'instabilità cronica di nazioni martoriate dalla Storia. Ventitré anni di instabilità in Uganda, ex protettorato britannico. Rivoluzione islamica in Iran che precipita nella guerra contro l'Iraq. L'interminabile discesa negli inferi di Haiti, uno dei Paesi più poveri del mondo, nonostante l'intervento americano del 1994. Colpi di Stato, ammutinamenti a ripetizione nella Repubblica Centrafricana, dopo l'allontanamento di Bokassa nel 1979. Bisognerà allora fare qualche sforzo in più: la sola partenza di Arafat o di Saddam non basterà a risolvere i problemi della Palestina e dell'Iraq. E gli strateghi che garantiscono il contrario mentono per nascondere la loro impotenza, o la loro cecità, di fronte a tragedie che spesso hanno contribuito a provocare e ad aggravare.
Ancora una volta la signora Gruber mostra di essere riccamente dotata di confusione mentale e lacune storiche. Confonde, per esempio, tra fughe e cacciate, tra rivolgimenti interni e interventi esterni; ignora che l'Iran di Khomeini non è "precipitato nella guerra contro l'Iraq", ma è stato aggredito dall'Iraq in una guerra che non voleva affatto. Ignora o finge di ignorare che alle prossime elezioni israeliane non sarà eletto Netanyahu, sconfitto da Sharon alle primarie; ma dato che per il discorso che si era preparata funziona meglio Netanyahu, sceglie di ignorare i fatti e parla di quest'ultimo. Vorrebbe darci a bere che i sanguinari dittatori menzionati siano stati allontanati da non si sa chi per "dare per un momento l'illusione" ecc. ecc., quando in realtà sono stati cacciati dalla loro gente, stanca di essere massacrata. E infine, questa nota esperta di strategie planetarie, ci offre i suoi preziosi consigli (si sa che la gente dà buoni consigli / sentendosi come Gesù nel Tempio / si sa che la gente dà buoni consigli / se non può più dare cattivo esempio): lasciamo tutto così come sta! Lasciamo che qualche frigorifero africano continui a riempirsi di cadaveri di dissidenti, lasciamo che qualche tavola venga imbandita con cosciotti di adolescente, lasciamo che gli squadroni della morte dei Tonton Macoutes continuino a seminare terrore e morte fra la popolazione indifesa! E lasciamo, naturalmente, che Saddam porti tranquillamente a termine il suo programma nucleare e che Arafat continui a finanziare il terrorismo coi nostri soldi: allontanarli non serve; se vogliamo risolvere i problemi dell'Iraq e della Palestina, dobbiamo "fare qualche sforzo in più" (forse eliminare Stati Uniti e Israele?). Notiamo comunque con piacere che la signora Gruber, mettendo Arafat e Saddam insieme a Idi Amin, Bokassa e Duvalier, li ha finalmente inquadrati nella loro giusta prospettiva. Ma forse ci illudiamo, nel pensare che stia cominciando ad aprire gli occhi, visto che i suddetti personaggi, per lei, sarebbero potuti tranquillamente restare al loro posto.
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