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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Panorama Rassegna Stampa
13.12.2005 Marwan Barghouti, il terrorista dietro le sbarre che minaccia la pace (e Abu Mazen)
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Panorama
Data: 13 dicembre 2005
Pagina: 147
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Quando il leader è dietro le sbarre»
PANORAMA datato 15 dicembre 2005pubblica alle pagine 147 e 148 un articolo di Fiamma Nirenstein che riportiamo:
Ha la faccia di Marwan Barghouti, 46 anni, in carcere con cinque ergastoli per terrorismo, il pericolo che incombe sul presidente palestinese Abu Mazen.
E ha lo sguardo beffardo e allegro del fondatore dei Tanzim molto più che quello di Ariel Sharon o Benjamin Netanyahu., il rischio che l’unico politico ritenuto credibile da Israele per il ritorno alla trattativa di pace venga cancellato dalla scena. Infatti alle primarie a fine novembre di Al Fatah, ieri partito di Arafat e oggi di Abu Mazen, è stato travolto da un’ondata di voti a favore di Barghouti, dalla cui costola sono nate le Brigate dei Martiri di al Aqsa.
Nell’area di Ramallah Barghouti ha ottenuto più del 505 dei voti mentre Sakher Habash, il prescelto di Abu Mazen per guidare la lista, ha raccolto solo qualche centinaia di voti. E’ stata una sorpresa senza precedenti e non c’è dubbio che preluda a una rivoluzione politica , sempre che la data del 25 gennaio per le elezioni non venga cancellata, paragonabile a quella che ha scosso Israele in questi giorni" prevede l’analista palestinese Khaled Abu Toameh, con riferimento al nuovo partito Kadima di Ariel Sharon. "Questo cambio potrebbe essere per il meglio o per il peggio" dice un altro famoso esperto di politica palestinese, Hani al Masri.
Che cosa si può leggere nella nuova realtà palestinese ? La sorpresa consiste nella vittoria di Barghouti e della generazione dei quaranta-cinquantenni sulla potente, aggressiva generazione dei vecchi arrivati da Tunisi con Arafat dopo gli accordi di Oslo nel 1993. Si profila un ribaltamento del potere arafattiano, ancora in sella tramite i vari Mazen o Abu Ala. Gli "Abu", come li chiamano i palestinesi, hanno rifiutato di condividere il potere con gli ex ragazzi delle pietre degli anni Ottanta. Allora i Tanzim di Barghouti nacquero dalle esigenze di una base arrabbiata: oggi per la prima volta sembrano vincere la partita.
Ben 463 mila palestinesi si sono iscritti alle liste di Al Fatah per votare alle primarie in Cisgiordania e a Gaza. Abu Mazen ci aveva lavorato duro nella speranza di mettere in scena una dimostrazione di forza verso Hamas. Ma ecco due sorprese: Barghouti ha preso sin dal primo giorno oltre il 50 per cento dei voti, mentre gli uomini del presidente, come Sakher Habash, il favorito della viglia, hanno portato a casa una misera manciata di preferenze. La seconda sorpresa, che a Gaza ha portato alla chiusura dei seggi, è stata un'esplosione di violenza tra gruppi diversi di al Fatah: individui mascherati hanno costretto alla fuga gli scrutatori dei seggi di dir el Ballah, Khan Yunis e Beit Hanun.
In funzione preventiva, molti nomi di rappresentanti della giovane guardia sembra fossero spariti dalle liste. Pare anche che gli uomini armati abbiano sparato e lanciato una bomba per protestare; e che tra i miliziani ci fossero gli amici di Mohammed Dahlan, un quarantenne di al- Fatah, ex ministro dell’interno palestinese e uomo di grande potere locale.

"Abu Mazen rischia grosso" chiosa Abu Toameh . Mentre Al Fatah è percorso da violenti scontri interni, Hamas aspetta tranquillo le elezioni come una tigre accovacciata. Anche se oggi vale tra il 20 e il 30 per cento, secondo i sondaggi, la sua popolarità cresce.
La sua linea politica, molto popolare, insiste sia sulla corruzione dei "tunisini", sia sull’uso della violenza; Hamas ripete, tranquilla, di essere l’unica organizzazione che aiuta i poveri e non ha conti privati all’estero. Insiste inoltre che gli israeliani se ne sono andati da Gaza grazie alla lotta armata. E la gente ci crede.
Rispetto alla linea di Abu Mazen, il quale ritiene che solo la trattativa porti vantaggi ai palestinesi (però non osa disarmare i gruppi armati), Barghouti si distingue in quanto prigioniero degli israeliani e per la critica alla corruzione degli uomini tunisini. Anche riguardo alla violenza la sua immagine è diversa da quella degli attuali vertici palestinesi: basta rileggere la storia dei Tanzim.
Le Brigate di al-Aqsa sono sostenitrici del doppio linguaggio: quello delle bombe e quello della trattativa.
E a questo punto arriva il colpo di scena, Sakher Habash, il leader sconfitto nelle primarie ha proposto ad Abu Mazen du fare i barghouti il suo vicepresidente. L’obiettivo, neanche tanto nascosto, è contenere la marea che avanza. Ma questa scelta, anche se fosse vincente, più che fermare la violenza rischierebbe di crearne altra, sia sul fronte interno che su quello esterno.
La vittoria dei Tanzim non appare dunque di buon auspicio per il processo di pace. Soprattutto non lo è per Abu Mazen.
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