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Rassegna Stampa
13.04.2014 Un'intervista in ginocchio, sul quotidiano del PD
quella di Udg a Hanan Ashrawi

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Nel silenzio complice Israele fa pulizia etnica»

Riprendiamo dall'UNITA' di oggi, 13/04/2014, a pag. 13, con il titolo " Nel silenzio complice Israele fa pulizia etnica " l'intervista di Umberto De Givannangeli a Hanan Ashrawi.
Non entriamo in merito alle argomentazioni della Ashrawi, chi legge IC ha gli strumenti per capire il 100% della propaganda che contengono. Ci chiediamo invece come può essere compatibile con la politica del PD guidato oggi da Matteo Renzi una intervista che altro non è che un insieme di menzogne alle quali Udg tiene bordone, guaradandosi bene dal fare domande che potrebbero imbarazzare l'intervistata. Il titolo, poi, riflette la posizione del giornale del PD ? L'unica risposta possibile è sì.
Qualcuno avvisi Matteo Renzi, aggiunga l'UNITA' all'opera di risanamento che ha intrapreso, per essere credibili la prima cosa da fare è cominciare da casa propria.

Umberto De Giovannangeli   Hanan Ashrawi

Ecco l'intervista:

Il suo è un possente, argomentato, j'accuse contro un «processo di pace che ha ucciso la pace». La sua narrazione delinea un quadro angosciante fatto di una «legalità calpestata quotidianamente»», di un'arroganza del più forte che «non conosce limiti". E al grande scrittore israeliano Abraham Yehoshua che, di fronte all'intransigenza del governo Netanyahu, chiede pubblicamente agli Usa di rinunciare al ruolo di mediatori, lei replica: «Mediare non può voler dire coprire chi usa il processo di pace solo per guadagnare tempo e rendere impraticabile la soluzione "due Stati"».
A parlare è Hanan Ashrawi, più volte ministra dell'Autorità nazionale palestinese, la prima donna a ricoprire l'incarico di portavoce della Lega Araba, oggi membro dell'esecutivo dell'Olp. «Perché ci sia pace - dice alI 'Unità la "pasionaria palestinese" - ci deve essere un riconoscimento di parità dei diritti. Ma la realtà è un'altra, opposta: la realtà è che a una parte, quella palestinese, anche i diritti più elementari continuano a essere negati. E senza giustizia, pace è una parola vuota, priva di senso»». II segretario di Stato Usa, John Kerry, ha messo sotto accusa l'intransigenza del governo guidato da Benjamin Netanyahu. A rischio, avverte, è II futuro stesso del processo dii pace. «Il futuro? Kerry è ottimista. Perché mi pare difficile coniugare al presente quello che è stato ridotto a uno stanco rito recitato male. Occorre guardare in faccia la realtà, e non chiudere gli occhi di fronte ad una verità incontestabile...»». Qual è questa verità? «La verità è che il popolo palestinese ha pagato un prezzo altissimo a un processo che ha negato la pace. L'ha pagato, l'abbiamo pagato, con la vita di molti civili palestinesi, con la colonizzazione forzata della Cisgiordania. L'abbiamo pagato con un furto senza precedenti di terre e di risorse perpetrato dal governo israeliano anche attraverso la pulizia etnica e misure degne di un regime di apartheid. C'è solo una definizione che dà il senso di questo sistematico scempio di legalità: punizione collettiva contro il popolo palestinese. Un reato sanzionato dalla Convenzione di Ginevra, di cui Israele dovrebbe rispondere nelle sedi internazionali appropriate, perché le politiche portate avanti dai governanti israeliani violano i diritti e le libertà fondamentali, istituzionalizzano il razzismo e incitano all'odio, calpestando quella legalità internazionale che sembra valere per tutti tranne che per Israele».
Netanyahu ribatterebbe che la sua è una lettura falsata unilaterale della realtà. «Cosa c'é di falso e unilaterale nel denunciare il via libera dato da Netanyahu alla realizzazione di migliaia di unità abitative a Gerusalemme Est e in Cisgiordania? E falso che la realizzazione del "Muro dell'apartheid" (la barriera di sicurezza per Israele, ndr) ha spezzato decine di villaggi palestinesi, frantumando il territorio in tante enclavi, espropriando i palestinesi delle terre più fertili? A denunciarlo non è Hanan Ashrawi, sono organizzazioni non governative israeliane, rapporti delle Nazioni Unite, premi Nobel per la Pace...E ora Netanyahu giudica una provocazione il fatto che l'Anp abbia richiesto l'adesione a 15 agenzie delle Nazioni Unite. Dove sarebbe la provocazione nell'aver sottoscritto le Convenzioni di Ginevra, che costituiscono la base del diritto internazionale umanitario? Di fronte a tutto questo, cosa si sente di chiedere agli Stati Uniti e alla comunità internazionale? '»Di avere un sussulto di dignità e di esercitare le pressioni necessarie per contrastare non solo la politica ma la cultura dell'impunità che permea la leadership israeliana. Israele sta deliberatamente violando la legge e le convenzioni internazionali»'.
La parola «dialogo» non ha più diritto dl cittadinanza In Terrasanta? «Tutt'altro. Bisogna intendersi però su cosa s'intenda per dialogo. Per me, è mantenere aperti canali di comunicazione, di ascolto e di azione comune con quei settori della società israeliana che si battono per una pace giusta, tra pari. Un dialogo dal basso. Insisto su un concetto che è stato al centro di nostri precedenti colloqui: esiste una terza via tra rassegnazione e militarizzazione della protesta. E la via della rivolta non violenta, la via della disobbedienza civile...»». È anche la via della campagna Intemazlonate di boicottaggio dei prodotti delle colonie Israeliane? «Assolutamente si. La reazione rabbiosa di Netanyahu sta a dimostrare che questa campagna sta incidendo. Siamo a un punto di svolta. La gente dice basta, non si pub continuare a gettare fumo negli occhi, giocando come fa Israele con le vittime". Lei è divenuta punto di riferimento dl tante donne palestinesi. Recentemente ha usato parole durissime per denunciare i «delitti d'onore» nei Territori. «È una vergogna a cui metter fine. L'aumento di uccisioni di donne deriva dall'assenza di una legge che garantisca sicurezza e protezione delle donne, dalla mancanza di meccanismi e quadro giuridico adeguati a rendere i criminali responsabili dei loro crimini, e dalla mitezza delle sentenze nei loro confronti. tempo per la magistratura di fare il proprio dovere giudicando in modo appropriato questi criminali senza scusarli con nessuna "circostanza attenuante". La donna palestinese lotta contro una doppia oppressione: quella israeliana, certamente, ma anche quella di una società patriarcale che non accetta l'uguaglianza dei diritti di genere. La legge deve in modo inequivocabile penalizzare i colpevoli di femminicidio e garantire che venga approvato il massimo della pena per questi crimini odiosi»».

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