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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
16.10.2011 L'Unità rovescia anche le immagini
Quel che conta è che Israele sia sempre messo in cattiva luce

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La libertà di Shalit ? Chi grida al tradimento non conosce Israele»

Sull'UNITA' di oggi, 16/10/2011, a pag.26/27, con il titolo " La libertà di Shalit ? Chi grida al tradimento non conosce Israele ", Umberto De Giovannangeli intervista A.B.Yehoshua, il quale esprime le sue valutazioni, già ampiamente apparse su molti giornali italiani.
La segnaliamo senza entrare dunque in merito al contenuto, se non per far notare che Udg non perde occasione, nella scelta dei suoi interlocutori, di porre domande che tengano fuori le responsabilità della parte arabo-palestinese. Sotto al riflettore,come imputato, c'è sempre e solo Israele.
Una annotazione: Udg si occupa di Israele da parecchi anni, non gli si chiede di conoscere l'ebraico, ma la foto che illustra il suo pezzo - una manifestazione per la liberazione di Gilad Shalit in Israele - è pubblicata all'incontrario, la scritta sopra al volto di Gilad è come se venisse vista in uno specchio. La colpa non è di Udg, ovviamente, ma qualche raccomandazione potrebbe darla a chi impagina i suoi pezzi (in fondo anche l'arabo si legge da destra a sinistra, non potranno accusarlo di essere diventato filo-sionista..).
Un altro appunto a Udg, che all'inizio del suo pezzo chiama Yehoshua 'Abram Bet': deve sapere Udg che nella traslitterazione la A sta appunto per Avraham, ma la B, che lui traduce con Bet, non è corretta, perchè 'bet, è la seconda lettera dell' alfabeto ebraico, ed è l'iniziale del suo nickname,Bulli, per cui è corretto chiamarlo Alef Bet Yehoshua quando lo si pronuncia, ma quando lo si scrive è un errore tradurre la B con Bet, perchè la B sta a indicare Bulli, il suo nickname, appunto. Pignoli ? Forse, ma precisi.
Ecco l'intervista:

A.B.Yehoshua, ovvero Avraham 'Bulli' Yehoshua

Comprendiamo il timore delle conseguenze della liberazione di un così alto numero di detenuti palestinesi fra cui numerosi quelli che sono stati coinvolti in gravi e dolorosi atti terroristici». E tuttavia «la vita dei nostri soldati non è mai stata misurata in termini di prezzomadi valore ». Così si concludeva l’appello pubblico per la liberazione del soldato Shalit, rivolto dai più importanti scrittori israeliani all’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert. Era il 26 settembre 2008. Tra i firmatari di quell’appello c’era Abram Bet Yehoshua, il più affermato tra gli scrittori israeliani. Tre anni dopo, la vicenda del caporale Shalit, sequestrato il 25 giugno2006 dauncommandopalestinese ai confini tra Israele e la Striscia di Gaza, si avvia conclusione. Una storia a «lieto fine».Secondo quanto affermato da fonti governative israeliane e da esponenti di Hamas, Gilad Shalit sarà riconsegnato alla sua famiglia martedì prossimo, nell’ambito di uno scambio di prigionieri che aprirebbe le porte delle carceri israeliane – in due fasi - a 1027 detenuti palestinesi. Israele s’interroga se il prezzo della libertà di Gilad Shalit non sia stato troppo alto. «Il prezzo della libertà» è anche il titolo di un articolo scritto un anno fa dal grande scrittore israeliano: «La mia risposta – dice Yehoshua – si rifà a quanto scrivemmo in quell’appello: la vita dei nostri soldati non è mai stata misurata in termini di prezzomadi valore. È il valore di un giovanerestituito alla libertà è incommensurabile ». Il tema del “prezzo da pagare” ricorre anche su un altro versante: lo Stato palestinese. «Resto convinto – annota in proposito Yehoshua – che la divisione della Palestina in due Stati sovrani non è solo una necessità politica e l'unico modo per realizzare la pace in Medio Oriente: è un imperativo morale che la Comunità internazionale dovrebbe garantire con tutta la sua forza, politica e militare, senza compromessi ». In questa chiave, lo scrittore israeliano non nasconde la sua delusione per il discorso pronunciato da Barack Obama all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: «Quel discorso – dice Yehoshua – mi ha deluso. E non tanto per il marcato sostegno che di fattoObama ha offerto alle tesi sostenute da Netanyahu, ma perché al fondo di quel discorso c’è l’ammissione dell’incapacità di giungere ad una soluzione del conflitto israelo-palestinese». Una delusione avvertita come tale dalla sinistra israeliana: «È così – ammette Yehoshua - . La sinistra israeliana non solo è delusa da Obama maanche dall’incapacità degli Stati Uniti di imporre a Israele un’equa soluzione di pace». Martedì prossimo, Gilad Shalit dovrebbe tornare in libertà. Israele s’interroga sul prezzo pagato–1.027detenuti palestinesi liberati – per riportare a casa il caporale di Tsahal...
«Per una volta mi sento in sintonia con quanto affermato da Netanyahu: l’accordo raggiunto era il migliore possibile nelle circostanze date e chi grida al tradimento dimostra di non conoscere la storia d’Israele...».
In che senso?
«Dopo ogni guerra è già accaduto che Israele abbia rilasciato centinaia se non migliaia di prigionieri nemici in cambio di pochi ostaggi israeliani, e quegli scambi a mio parere hanno solo rafforzato la sua dignità e il suo valore agli occhi dei suoi cittadini e di altri. E il ritorno in libertà di Gilad Shalit accresce questo valore. Ottenere la liberazione di un fratello prigioniero è un principio sacro agli occhi degli ebrei, sia nella diaspora che nel loro Stato indipendente». Per tornarealla storia.Quelle a cui faceva riferimento, erano guerre tra Stati mentre, in questo frangente, affermanoi contrari alloscambio, Israeleèsceso a patti con un’organizzazione terroristica...
«Se così fosse, non sarebbe la prima volta. In passato, Israele si è trovato costretto ad accogliere le richieste di scambio di prigionieri con organizzazioni terroristiche palestinesi, per esempio dopo la prima guerra del Libano, quando centinaia di prigionieri palestinesi furono rilasciati per ottenere il ritorno di un pugno di soldati israeliani inmanoall’organizzazione integralista palestinese di Ahmed Jibril. E quella trattativa non impedì a Israele di esercitare in seguito il suo diritto di difesa...».
Insisto nelle obiezioni: questo scambio, affermano i contrari, rafforza Hamas e indebolisce Abu Mazen…
«Non sono di questo avviso. E non solo e tanto perché Hamas ha dovuto accettare importanti restrizioni nell’elenco dei palestinesi da liberare. AbuMazensi rafforza o s’indebolisce a seconda della volontà della dirigenza israeliana di riaprire il tavolo negoziale per raggiungere in un tempo definito un accordo globale con i Palestinesi. In questa ottica, continuo a ritenere un erroreda parte di Netanyahu essersi opposto alla richiesta avanzata all’Onu da Abu Mazensul riconoscimento dello Stato palestinese...».
Ad opporsi è stato anche Barack Obama…
«È un’amara verità. E lo è per due ragioni: la prima investe la persona Obama, e le grandi aspettative che aveva suscitato, anche in Medio Oriente, la sua ascesa alla Casa Bianca. Aguardare i fatti, di quelle aspettative, forse eccessive ma sincere, è rimasto ben poco. Sono rimasto deluso, e nonsono stato il solo in Israele, dal discorso pronunciato da Obama all’Assemblea Generale dell’Onu. Quel discorso, e vengo alla seconda ragione, dava conto dell’incapacità da parte americana di giungere ad una soluzione del conflitto israelo-palestinese. Aver dovuto pronunciare quel discorso è stato di per sé la registrazione di una sconfitta, spero non definitiva... ».
Di quale sconfitta si tratta?
«Quella di non essere riuscito a convincere, o a imporre, a Netanyahu un atto concreto di apertura, quale il blocco degli insediamenti, e non aver avuto argomenti convincenti per far sì cheAbuMazennongiocasse la carta dell’Onu». Con Obama impegnato nella non facile rielezione,su chi puntare per ridare una chance alla pace?
«Se riuscisse finalmente a parlare con una sola voce, punterei decisamente sull’Europa...».
In passato, lei aveva chiamato l’Europa ad assumersi responsabilità sul campo,comeè avvenuto in Libano.È ancora di questo avviso?
«Direi proprio di sì. L’Europa potrebbe giocare un ruolo decisivo non solo nella ricerca di un accordo globale di pace tra Israeliani e Palestinesi, ma anche nella fase di attuazione. L’Europa come gante sul campo di una pace nella sicurezza. Una pace fra due Stati».

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