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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
30.01.2009 Un appello al patto tra l'esercito israeliano e i suoi soldati
ma L'Unità travisa le parole della madre di Gilad Shalit

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La madre di Shalit: l'esercito rompe il patto di restituirci i figli»

Sull' UNITA' di oggi, 30/01/2009, l'articolo di Umberto De Giovannangeli sul suo colloquio con la madre di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito da Hamas nel giugno 2006, mette in dubbio che il "patto" fra lo Stato di Israele e le famiglie dei soldati (e cioè quello di far tornare a casa, vivi o morti che siano, tutti i soldati israeliani) sia ancora valido dal momento che Shalit è ancora prigioniero di Hamas.
Il titolo (della redazione), contrariamente a quanto afferma la madre di Shalit nel pezzo, dà per scontato che il "patto" sia già stato rotto dall'esercito, colpevole di lasciare Gilad Shalit in mano ai terroristi di Hamas perchè troppo occupato a combattere le proprie guerre.
Ecco il testo: "La madre di Shalit: l'esercito rompe il patto di restituirci i figli, - Gilad è stato rapito a Gaza 949 giorni fa, Israele ha fatto due guerre ma non è mai tornato. Noi familiari ce ne ricorderemo al seggio - ", pag. 26

Da quel maledetto 25 giugno 2006 non ha mai smesso di combattere per riavere suo figlio. Il suo nomeè Aviva Shalit. Madre del caporale Gilad Shalit, rapito da un commando palestinese nel giugno 2006 e d’allora prigioniero a Gaza. «Il mio Gilad - dice a l’Unità la signora Shalit - è tenuto prigioniero da 949 giorni. In questo arco di tempo sono scoppiate due guerra, firmata una tregua, sono avvenuti cambiamenti nel governo e incampo militare, e Dio sa cos’altro... Una sola cosa non è cambiata: mio figlio, il soldato Gilad Shalit, marcisce in un carcere di Hamas ». Il dolore della famiglia Shalit s’intreccia indissolubilmente conle vicende che segnanoun intero Paese.UnPaese intrincea. Israele. Aviva Shalit è in contatto con tante madri di soldati, e riservisti, impegnati sul fronte di Gaza. Aviva sente di dover parlare anche per loro.Eanche per loro denuncia la rottura di un «patto»: quello tra lo Stato d’Israele e le madri dei soldati e delle soldate che hanno combattuto per il loro Paese. «L’impegno dello Stato - riflette Aviva - è stato incrollabile nel corso degli anni. Quel “patto” tra Tsahal e le madri è stato scolpito nella pietra. Noi vi diamo i nostri figli e le nostre figlie per servire il Paese, voi farete di tutto per farli ritornare a noi, Non sempre in vita, troppo spessoda morti,masempre, sempre a casa». Questo «patto » non sembra valere per Gilad Shalit. «Questa - dice Aviva - è la convinzione che si è consolidata in meenella mia famiglia col passare del tempo. Sulla sorte di Gilad è calato un silenzio spettrale. Non sappiamo più nulla di lui. Ci chiediamo sempre: Gilad sta soffrendo? In questi 949 giorni ha mai visto la luce del sole? In quali condizioni è tenuto prigioniero? Nessuno ha saputo darmi una risposta». Aviva segue con apprensione le notizie che giungono da Gaza. «Prego per quei ragazzi impegnati al fronte. Da molti di loro abbiamo ricevuto tanti attestati di solidarietà. Ho conmetante lettere commoventi: lotteremo fino a quando Gilad non sarà tornato a casa, promettono questi ragazzi straordinari. Negli ultimi mesi ho partecipato a tante manifestazioni di solidarietà verso Gilad. Molte di queste si sono tenute nel Sud d’Israele, a Ashdod, Ashkelon, Beersheva, Sderot... Le città bersagliate dai razzi sparati da Gaza». «Non è facile - dice Avila Shalit - vivere ogni giorno con l’incubo dei razzi. Tremare ogni volta che scatta la sirena d’allarme. Veder trasformati gli asili, le scuole in fortini. Ilmondo non può misurare questa sofferenza solo in termini dimorti e feriti. Perché vi sono traumi che restano nel tempo e segnano una vita. Ho avutomododi parlare con tantemadri di questi bambini. Ognuna di loroha “adottato”Gilad. Tutte mihanno detto: siamo pronte ad accettare una tregua, se questapuòportare alla liberazione di Gilad». Il pensiero torna ai ragazzi in divisa. «Sono certa - afferma Avila - che imigliaia di giovani che si preparanoad entrare in Tsahal, siano molto attenti a come il governo si occupa della vicenda di Gilad.Non è solo una questione di solidarietà...». Si torna al «Patto» scolpito nella pietra. «Anch’io, da cittadina e non solo da madre, sono interessata a vedere se il Paese mantiene la sua promessa ai suoi soldati: fare di tutto per riportarli a casa, non abbandonarli nelle mani del nemico.». Il 10 febbraio Israele andrà al voto. La guerra aGaza è al centro della campagna elettorale. Nelle trattative per rafforzare un fragile cessate il fuoco, rientra la liberazione di Gilad Shalit. Aviva ha incontrato il premier Ehud Olmert, il ministro della Difesa, Ehud Barak, la titolare degli Esteri,Tzipi Livni: «A loro - racconta - ho rivolto una preghiera. Per favore, non scaricate sul futuro governo la responsabilità di decidere. Mantenete le promesse che avete fatto». «Tanti israeliani - aggiunge Avila Shalit - almomento del voto si ricorderanno di Gilad, di ciò che è stato detto e non è stato fatto per riaverlo libero».

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