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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
29.09.2008 Israele: il pericolo dell'estremismo di destra
intervista al ministro della Sicurezza interna Avi Dichter

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: ««Incubo coloni ultrà come ai tempi di Rabin ma Tzipi Livni non si farà intimorire»»
Il problema dei gruppi violenti all'interno della destra israeliana, denunciato in un'intervista ad Umberto De Giovannangeli da Avi Dichter, ministro israeliano della Sicurezza interna, è reale. Sostenere però, come fa u.d.g., che Israele sia un Paese "in trincea" per le minacce interne come per quelle esterne, ed equiparare i grupposcoli di estrema destra all'atomica iraniana, ci sembra  eccessivo e strumentale.  Si finisce in questo modo per sminuire l'allarme sulla bomba iraniana e per accreditare l'immagine di un paese lacerato dalla violenza politica interna. Israele, come spiega nell'intervista lo stesso Dichter, è invece una democrazia sana, che saprà reagire alle minacce della violenza politica.

Da L'UNITA' del 29 settembre 2008:


Non è buon segno quando una democrazia deve «blindare» i suoi intellettuali per difenderli da attentati e minacce di morte. È un inquietante campanello d’allarme quello che scatta quando i servizi di sicurezza devono rafforzare le misure di protezione attorno alla premier incaricata di formare il nuovo governo. Israele è un Paese in trincea. E non solo per le minacce esterne, prima fra tutte quella iraniana. Dopo l’attentato a Zeev Sternhell, Israele s’interroga sul nemico interno: i gruppi dell’estrema destra. S’interroga e non sottovaluta la minaccia. Lo ha chiarito il premier dimissionario, ma ancora in carica, Ehud Olmert nella riunione domenicale del governo: «Spira un vento cattivo di estremismo, di odio, di malvagità, di insubordinazione, di illegalità, di disprezzo verso le istituzioni dello Stato», denuncia Olmert. «Tutto ciò rappresenta una minaccia per lo Stato», rileva ancora il premier (dimissionario). secondo cui non è escluso che nell’ombra agisca «un nuovo gruppo clandestino» di estrema destra. «C’è un filo conduttore fra Emile Grinzweig (un pacifista ucciso da una bomba a mano a Gerusalemme nel 1983, ndr), la terribile uccisione di Ytzhak Rabin (1995) e l’attacco dei giorni scorsi a Sternhell», osserva Olmert. Dello stesso tenore le considerazioni della ministra degli Esteri e premier incaricata, Tzipi Livni: «Quanto avvenuto al professor Sternhell - rileva la Livni - non può essere tollerato. Israele è un Paese in cui deve regnare la legge e l’ordine. Il prossimo governo che verrà formato, indipendentemente dalla sua composizione politica, dovrà non solo condannare fenomeni del genere, ma anche combatterli. Se (i zeloti oltranzisti, ndr.) hanno colpito soldati ed agenti in Cisgiordania, possono colpire anche qua». «Negli insediamenti più estremisti vengono fatte cose inaccettabili che possono mettere in pericolo l’autorità dello Stato - incalza Tzipi Livni -. Il governo - insiste la premier incaricata - ha la responsabilità e il dovere di cambiare le cose e di imporre, costi quel che costi, il rispetto della legge».
Politica. Sicurezza. Conoscenza della galassia dell’oltranzismo ebraico. Se c’è un uomo che oggi in Israele racchiude nella sua biografia questi tre campi d’azione, l’uomo in questione è Avi Dichter, dal 2000 al 2005 capo dei servizi segreti interni, lo Shin Bet, l’organizzazione che con il Mossad salvaguarda la sicurezza d’Israele. Attuale ministro della Sicurezza interna dello Stato ebraico, Dichter dopo aver sfidato Tzipi Livni nelle recenti primarie di Kadima, è divenuto il più stretto alleato della premier incaricata. «Tzipi può farcela - dice Dichter a l’Unità - a dare a Israele un governo stabile e capace di portare avanti una politica di pace nella sicurezza».
Signor ministro, Lei ha usato parole durissime nel condannare l’attentato al professor Sternhell.
«Le ho usate a ragion veduta. Per la gravità dell’atto in sé e per il messaggio che coloro che l’hanno perpetrato intendevano lanciare. È un attacco che ci porta per molti versi, indietro di anni, ai giorni che precedettero l’assassinio di Rabin. Tanto le forze dell’ordine quanto l’apparato legale, non devono riposare fin quando non avranno messo le mani su questi terroristi e non li avranno sbattuti in prigione. Questo è quanto meritano persone che appoggiano l’assassinio di quanti non a pensano come loro».
Lei ha parlato anche, a proposito dell’attentato al professor Sternhell, come di un avvertimento lanciato alla premier incaricata Tzipi Livni.
«Questo gruppo di fanatici intende impedire il normale svolgimento della vita democratica e chi ha la massima responsabilità di garantirla è visto come un potenziale nemico, a cominciare dal primo ministro. In questo senso ritengo quell’atto terroristico anche un avvertimento alla signora Livni; la quale, conoscendola bene, non si lascerà intimorire».
Lei ha fatto riferimento all’assassinio di Rabin. Un assassinio che l’estrema destra più radicale continua a ritenere un atto di giustizia…
«La loro è una sfida a Israele, alla nostra democrazia, alle sue istituzioni rappresentative. Una democrazia è tale se rispetta e difende la libertà di opinione e il pluralismo di idee, ma una democrazia non può subire ricatti né mostrarsi incerta, titubante di fronte alle minacce, e agli atti ostili, che provengono dai suoi nemici, esterni e interni. Israele non sarà mai ostaggio di una minoranza di fanatici».
Da capo di Shin Bet, Lei ha dovuto fare i conti a più riprese con l’estrema destra più radicale. Lei denunciò un complotto ordito da un gruppo di zeloti per attentare alla vita dell’allora primo ministro Ariel Sharon.
«Ricordo bene quella vicenda. Si trattava di una ventina di elementi ispirati da una ideologia integralista e antidemocratica. Attorno a questi ideologi operavano un centinaio di altri estremisti, che erano riusciti a procurarsi armi e munizioni sottraendole all’esercito. Allora riuscimmo a svenare il piano contro Sharon, si era alla vigilia del ritiro da Gaza (agosto 2005, ndr.) ma quell’episodio sta a dimostrare che non è possibile abbassare la guardia contro questi fanatici disposti a tutto».
Non è la sola volta che grazie ai servizi di sicurezza da Lei diretti sono stati sventati piani terroristici dei gruppi oltranzisti ebrei…
«Il problema è dotarsi degli strumenti, anche di legge, necessari per affrontare questa minaccia. Quando ci troviamo a fronteggiare il terrorismo palestinese e abbiamo notizia di imminenti attentati, i presunti terroristi possono essere sottoposti ad arresti amministrativi, preventivi. C’è bisogno di adeguate misure anche verso il pericolo interno. Non dimentichiamo che questi fanatici sognano di far saltare a Gerusalemme la Moschea Al Aqsa e l’attiguo Duomo della Roccia (terzi luoghi sacri dell’Islam, ndr.). Il loro obiettivo è di scatenare una Guerra di religione, ponendo Israele contro l’intero mondo musulmano. Allora sostenni che la destra estremista rappresenta una minaccia strategica per Israele perché al suo interno agiscono elementi senza scrupoli. A distanza di tempo, resto di questa convinzione, ma con la certezza che Israele ha tutti i mezzi, la determinazione e l’unità necessari per far fronte a questo pericolo».
Quando parla di unità, si riferisce anche al tentativo messo in atto dalla premier incaricata Tzipi Livni di dar vita ad un governo di unione nazionale con dentro anche il Likud (destra) di Benyamin Netanyahu?
«Israele ha di fronte a sé sfide difficili, impegnative, che mettono in gioco il futuro stesso del Paese. Mi riferisco in primo luogo alla minaccia, sempre più incombente, iraniana. Guai che calcoli di parte facessero venir meno la percezione di questi pericoli. I calcoli elettorali devono essere accantonati quando in gioco è il destino di Israele».
Ritiene che la comunità internazionale abbia piena consapevolezza della minaccia iraniana?
«Purtroppo no. E questo è un errore che può rivelarsi tragico perché l’Iran con l’arma nucleare in mano a un regime di fanatici, è un pericolo mortale non solo per Israele ma tutto il mondo libero».

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