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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
30.07.2008 Umberto De Giovannangeli intervista il padre di Gilad Shalit
e lo presenta come l'"eroe del dialogo" con Hamas, ma lui non ci sta

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il padre del soldato Shalit: E' vivo Olmert tratti con Hamas»
Umberto De Giovannangeli intervista, per L'UNITA' del 30 luglio 2008, il padre di Gilad Shalit, Noam.
Il quale, dopo le parole di Ismail Haniyeh, "Il soldato Shalit è vivo" (nell'intervista di u.d.g. pubblicata il 29 luglio 2008) chiede, com'è naturale, che Israele tratti per la liberazione del figlio.
E' evidente come u.d.g. voglia conferire a questo appello un significato politico, a favore del "dialogo" a tutto campo con Hamas (organizzazione terroristica che vuole la distruzione di Israele) e contro una presunta "ragion di Stato", che altro non è, in realtà, che la necessità di contemperare la preoccupazione per il caso di Shalit con le esigenze di sicurezza di tutti gli altri cittadini israeliani.
Per u.d.g. Noam Shalit dovrebbe essere l'"eroe del dialogo", contrapposto alla miopia e all'intransigenza dei governi israeliani. Quel che
non coincide con questa immagine di comodo gli viene rimproverato.   "In passato lei ha avuto parole di solidarietà verso la popolazione di Gaza, tuttavia lei e sua moglie Aviva avete presentato un ricorso, respinto, alla Corte Suprema, che il blocco della Striscia fosse mantenuto finché non fosse assicurata la liberazione di Gilad" ricorda u.d.g.  Giustamente Noam Shalit chiarisce allora che le sofferenze degli abitanti di Gaza dipendono da Hamas e dalle sue scelte di guerra.
E rifiuta di interpretare il ruolo che gli è stato assegnato dall'intervistatore: "Eroi sono i nostri ragazzi che rischiano la vita per il bene d'Israele" dichiara, "Io sono solo un padre che si batte per riabbracciare il proprio figlio"

Ecco il testo:

«Il soldato Shalit è vivo». Le parole pronunciate dal premier di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, nell'intervista a l'Unità riaccendono la speranza nella famiglia del giovane caporale israeliano rapito nel giugno 2006 da un commando palestinese ai confini tra lo Stato ebraico e Gaza. «Torniamo a sperare. E a chiedere al primo ministro Ehud Olmert di negoziare con Hamas uno scambio di prigionieri. Farlo non sarebbe un cedimento ma una dimostrazione di forza morale da parte del signor Olmert. Gilad era a Gaza per difendere la sicurezza di Israele. Fare di tutto per riportarlo in libertà è un messaggio per tutti i nostri soldati: Israele non vi dimentica».
Non vuole rinunciare alla speranza. Da quel maledetto 25 giugno 2006, il giorno in cui il suo Gilad fu rapito da un commando palestinese, Noam Shalit non ha smesso per un solo istante di pensare a suo figlio, e a battersi per la sua liberazione. «Gilad - dice a l'Unità Noam Shalit - non deve essere sacrificato alla ragion di Stato».
Nell'intervista concessa a l'Unità, Ismail Haniyeh, leader di Hamas, ha affermato che Gilad, suo figlio, è ancora in vita.
«È una notizia incoraggiante, che rompe un silenzio di mesi. Io e mia moglie Aviva non avevamo mai smesso di sperare. Ogni nostro pensiero va a Gilad, e ai rapitori di nostro figlio dico: non dimenticate, non dimenticatelo mai, che Gilad è innanzitutto un essere umano».
In Israele si continua a dibattere sulla legittimità di negoziare con coloro che hanno rapito suo figlio. Un dibattito che si è riacceso dopo la decisione del governo di accettare lo scambio tra i corpi di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, i due soldati rapiti in Libano nel luglio 2006 e prigionieri libanesi, tra i quali un condannato al carcere a vita per un barbaro attacco terroristico.
«In questi due terribili anni, abbiamo condiviso la speranza e poi il dolore delle famiglie Goldwasser e Regev. Assieme a loro, e a tanti israeliani che ci sono stati vicini, ci siamo battuti perché Israele riportasse a casa i suoi ragazzi. Voglio risponderle non come padre ma come cittadino israeliano. Israele ha già trattato con i terroristi e liberato terroristi che si erano macchiati di crimini sanguinosi, e Samir Kuntar è l'ultimo della serie, per avere in cambio nostri cittadini, e non solo soldati. Perché ciò non dovrebbe valere anche per Gilad? Trattare per un ragazzo mandato a combattere in prima linea, non è una prova di debolezza, ma al contrario una prova di superiorità morale nei confronti del nemico. Perché per Israele, come recita il Talmud, ogni vita umana è sacra, e salvarne una significa salvare l'umanità…».
Diversi ministri non hanno escluso la possibilità di un negoziato con Hamas.
«Con Hamas Israele ha già negoziato, sia pur indirettamente, un cessate il fuoco a Gaza. Occorre proseguire su questa strada sapendo che Gilad non sarà mai rilasciato senza che venga pagato un prezzo. Purtroppo nella trattativa che ha portato al cessate il fuoco la vicenda di Gilad è stata messa da parte, come se potesse essere d'intralcio. Ma la vita di mio figlio, del soldato Shalit non è, non può essere una variabile di un accordo. Certo, ogni genitore è pronto a qualsiasi sacrificio pur di salvare la vita del proprio figlio. Ma il discorso riguarda Israele e il nostro modo di guardare a coloro con i quali dovremmo comunque imparare a convivere. Dobbiamo cedere qualcosa se vogliamo averne qualche altra in cambio. Il vero problema è che Hamas pretende la liberazione dei suoi uomini e non accetterà null'altro in cambio, né soldi né nessun altro beneficio».
Per restituire Gilad, Hamas chiede la liberazione di centinaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
«So bene che la questione dei prigionieri è fondamentale per la società palestinese, ma non può essere messa sulle spalle di mio figlio. Non sono abbastanza grandi da sopportarlo».
Signor Shalit, in passato lei ha avuto parole di solidarietà verso la popolazione di Gaza, tuttavia lei e sua moglie Aviva avete presentato un ricorso, respinto, alla Corte Suprema, che il blocco della Striscia fosse mantenuto finché non fosse assicurata la liberazione di Gilad.
«Quel ricorso era un accorato grido d'allarme. Vedevamo che la vicenda di Gilad era stata accantonata, e poi, è stato il nostro ragionamento, se non abbiamo più mezzi di pressione, Hamas può far durare i negoziati per la sua liberazione anche due, cinque o dieci anni. Potremmo non vederlo più. D'altra parte, Hamas non solo ha preso Gilad come ostaggio, ma sta infliggendo pesanti sofferenze ai palestinesi. Nell'ultimo anno, dopo la prova di forza militare che ha portato Hamas al controllo della Striscia, la situazione è molto peggiorata per la popolazione di Gaza. Donne e bambini non sono mai stati così poveri e le cose sembrano andare sempre peggio. Gaza è bloccata, sottoposta a embargo, la disoccupazione è alle stelle e gli unici a lavorare sono quelli che lavorano per Hamas. Questa non è vita. È essenziale migliorare la situazione non solo per mio figlio Gilad ma per i palestinesi, perché dove ci sono rabbia e disperazione là un sentimento di pace non potrà mia attecchire. Dobbiamo spezzare questa spirale di odio e di violenza. E l'unico modo per farlo è che le due parti si siedano attorno a un tavolo per negoziare. Per quanto mi riguarda, sono pronto, da sempre, a parlare con i rapitori, non ho nulla da offrire, ma possiamo discutere. Alla fine è con loro che direttamente o indirettamente bisogna parlare».
In questi due anni di angosciante attesa, c'è qualcosa che ha potuto alleviare la sua sofferenza e quella di sua moglie Aviva?
«Il calore, l'affetto del popolo d'Israele. Un sostegno che in questi due anni non è mai venuto meno: è come se Gilad fosse stato "adottato" dall'intero Paese. Questa solidarietà ci è di grande conforto, ci dà la forza di vivere, di guardare avanti. Sul nostro Gilad non è calato l'oblio del tempo. Israele non ha dimenticato un suo ragazzo, un suo soldato».
C'è chi parla di lei come un "eroe del dialogo"….
«Eroi sono i nostri ragazzi che rischiano la vita per il bene d'Israele. Io sono solo un padre che si batte per riabbracciare il proprio figlio».

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