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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
29.07.2008 Perché Hamas non permette alla Croce Rossa di visitare Gilad Shalit ?
Umberto De Giovannangeli poteva chiederlo a Ismail Haniyeh, ma non l'ha fatto

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Haniyeh: il soldato Shalit è vivo Israele tratti con noi di Hamas»

Umberto De Giovannangeli sull' UNITA' del 29 luglio 2008 intervista Ismail Haniyeh, capo golpista di Hamas a Gaza.
Gilad Shalit è vivo, afferma Haniyeh, aggiungendo che, come con Hezbollah, Israele dovrà pagare il prezzo della sua liberazione, rilasciando terroristi, anche con le mani sporche di sangue.
De Giovannangeli  si preoccupa di accertare se nella lista di Haniyeh sia  o meno incluso Marwan Barghouti, che appartiene a Fatah, fazione rivale di Hamas. La preoccupazione per il capo della sanguinaria milizia terrorista dei Tanzim si inquadra perfettamente nel taglio apertamente politico dato all'intervista: De Giovannangeli appare soprattutto preoccupato della realizzazione di un governo unitario Hamas-Fatah e del dialogo tra i due gruppi. E' di questa prospettiva che domanda più volte, quasi con ansia, ad Haniyeh. Tanto che le sue domande finiscono per sembrare esortazioni.

Di una cosa, invece, il giornalista non si preoccupa affatto. Delle visite della Croce Rossa a Shalit, che Hamas continua a negare, contro il diritto internazionale e le più elementari norme umanitarie.

De Giovannangeli non rivolge ad Haniyeh nessuna domanda in merito. Una grave omissione, anche informativa, perché in questo modo ai lettori dell'UNITA' non viene ricordato che, mentre Hamas afferma che Shalit è vivo, impedisce che le sue condizioni vengano verificate e che gli sia prestata assistenza. 

Ecco l'articolo:

«Gli autori degli attacchi criminali dei giorni scorsi non sfuggiranno alla giustizia: tutti coloro che vogliono versare sangue palestinese subiranno processi esemplari. Non permetteremo che il caos torni a regnare a Gaza». A parlare, in questa intervista esclusiva a l’Unità, è il premier di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh. «Il presidente Abbas (Abu Mazen) - dice il leader di Hamas - deve liberarsi una volta per tutte di quei personaggi che tramano contro la resistenza in combutta con il nemico sionista». Il riferimento è all’ex uomo forte di Al Fatah a Gaza, Mohammed Dahlan. A l’Unità, Haniyeh dice che Hamas è disposta ad accettare il dispiegamento di una forza araba nella Striscia di Gaza integrata da elementi scelti dei «nostri servizi di sicurezza». Haniyeh parla anche delle trattative per la liberazione di Gilad Shalit, il giovane caporale israeliano rapito due anni fa ai confini tra la Striscia e Israele: «A quanto ci risulta - afferma il leader di Hamas - il soldato israeliano è in vita. Israele ha in mano da tempo la lista dei prigionieri palestinesi di cui si chiede la liberazione in cambio di Shalit. Il meccanismo è lo stesso dello scambio avvenuto tra Israele e Hezbollah». E nell’elenco di prigionieri palestinesi da liberare c’è anche il nome di Marwan Barghuti, segretario generale di Al Fatah in Cisgiordania. Haniyeh lo conferma a l’Unità: «A differenza di altri - sottolinea il premier di Hamas - noi non facciamo differenze tra prigioniero e prigioniero. Barghuti è un dirigente della resistenza e per questo merita di tornare in libertà».
Attentati, arresti di massa a Gaza e in Cisgiordania. Nei Territori torna l’incubo della guerra civile?
«L’attentato dei giorni scorsi a Gaza è stato un atto criminale ordito dai nemici della resistenza. Costoro puntano a ricreare il caos nella Striscia, ma non raggiungeranno il loro obiettivo. Chiunque si macchia di sangue palestinese subirà processi esemplari».
Il presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) nega un coinvolgimenti di Al Fatah nell’attentato sulla spiaggia di Gaza e accusa Hamas di averlo preso a pretesto per operare arresti di massa di dirigenti e militanti di Fatah.
«Il presidente Abbas sa bene che a Gaza agiscono ancora personaggi che avevano tentato, senza riuscirci, di ribaltare con le armi i risultati delle elezioni che avevano sancito la vittoria di Hamas. Costoro non demordono e continuano la loro opera di destabilizzazione. Vogliono far piombare la Striscia nel caos Adesso dicono che gli arresti sono la seconda fase di un golpe: stiamo solo cercando gli assassini».
La parola dialogo è definitivamente bandita tra Hamas e Al Fatah?
«La nostra disponibilità a dar vita a un nuovo governo di unione nazionale non è venuta meno, ma perché ciò possa accadere prima il presidente Abbas deve far pulizia all’interno di Fatah».
Cosa significa "fare pulizia"?
«In Fatah è aperto uno scontro tra coloro che sono disposti al dialogo con Hamas e una fazione che punta sulla resa dei conti armata. Il presidente Abbas rischia di rimanere ostaggio di quest’ultimi. La nostra posizione non è mutata: rispettiamo Abu Mazen e lo consideriamo il presidente dei palestinesi, allo stesso tempo lui deve rispettare la volontà popolare che con le elezioni del 2006 ha dato la maggioranza ad Hamas».
Nei giorni scorsi ci sono stati scontri a fuoco anche tra le forze di sicurezza di Hamas e miliziani dell’"Esercito islamico" di ispirazione qaedista. Al Qaeda vuole assumere la leadership della resistenza armata palestinese?
«Nessuno può impartire lezioni al popolo palestinese su come resistere all’occupazione sionista, né accetteremo mai che la causa palestinese venga strumentalizzata per altri fini».
Cosa ne è stato del caporale Gilad Shalit? I suoi familiari disperano di poterlo riabbracciare in vita.
«Il soldato israeliano (rapito due anni fa da un commando dell’intifada, ndr.) è ancora in vita. Israele ha in mano da tempo la lista di prigionieri palestinesi da liberare in cambio del suo soldato. Lo hanno fatto con Hezbollah, è quella la strada da seguire».
Può confermare che nell’elenco consegnato al governo israeliano c’è anche il nome di Marwan Barghuti?
«Sì, c’è anche il suo nome. Hamas ha sempre lavorato per costruire un fronte comune di resistenza tra tutte le componenti palestinesi. Marwan Barghuti è un dirigente di Al Fatah ma prima di tutto è un dirigente della resistenza. Ha combattuto l’occupazione israeliana, per questo è stato imprigionato. E per questo ne chiediamo la liberazione».
Ma le autorità israeliane hanno sempre negato la libertà a Barghuti come agli altri detenuti palestinesi con "sangue sulle mani".
«Questo principio non è valso nello scambio con Hezbollah (Israele in cambio della restituzione delle salme di suoi soldati ha liberato Samir Kuntar, un miliziano libanese condannato al carcere a vita per aver partecipato ad un’azione terroristica in cui fu sterminata una famiglia israeliana, tra cui una bimba di 4 anni, ndr.). Lo ripeto: Israele dovrà pagare il prezzo per la liberazione di Shalit. Il prezzo della messa in libertà di uomini della resistenza palestinese».
Il dialogo riparte dal "fronte del carcere"?
«Può ripartire dalla convinzione, non solo nostra, che il vero problema del popolo palestinese è l’occupazione israeliana. E tutto ciò che può rafforzare la resistenza è benvisto da Hamas».
Il cessate il fuoco concordato con Israele reggerà ancora a Gaza?
«Abbiamo dimostrato di saper rispettare i patti. Sta a Israele fare altrettanto».
L’iniziativa araba ha portato alla formazione di un governo di unità nazionale in Libano…
«È un’esperienza da ripetere anche in Palestina. Sì il nuovo "modello libanese" potrebbe funzionare anche a Gaza».

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