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Rassegna Stampa
06.11.2007 Per Shulamit Aloni Hamas è meglio del diavolo
e il diavolo è meglio di Barak

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Io israeliana dico: A Gaza commessi crimini contro l'umanità»

Un giorno, quando la democrazia avrà messo stabili radici in Medio Oriente, potremo forse leggere di un politico palestinese che chiederà per i responsabili del terrorismo suicida, dei lanci di razzi kassam contro i civili israeliani, effettuati tra i civili palestinesi, un processo per "crimini di guerra" o per "crimini contro l'umanità".

Nel frattempo, come sempre, in Medio Oriente c'è almeno una democrazia: Israele. E da Israele vengono le opinioni  più svariate e, talora,  stravaganti, come quella di Shulamit Aloni, un ex ministro che condanna come crimini contro l'umanità i bombardamenti diretti contro i terroristi palestinesi  e come crimine di guerra l'annunciata e mai attuata  sospensione delle forniture elettriche  a Gaza, per brevi periodi e senza compromettere i servizi essenziali.

Ehud Barak, Dan Halutz e presumibilmente Ehud Olmert, secondo lei dovrebbero essere giudicati dalla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja.
I capi di Hamas,  reponsabili di  attentati suicidi e di lanci di razzi kassam, invece non andrebbero giudicati. Con loro si deve, come suggerisce Umberto De Giovannangeli, "aprire un confronto", perché "per giungere alla pace" Shulamit Aloni parlerebbe "anche con il diavolo".

I palestinesi invece, non sono certo tenuti a  parlare con i  rappresentanti democraticamente eletti del popolo israeliano. Quelli vanno processati all'Aja. Sono peggio, evidentemente, del diavolo.

Per il "dialogo" c'è Shulamit Aloni, che nessuno ha eletto, ma dice quello che un'israeliana dovrebbe dire, secondo i desideri dei nemici di Israele.

Il titolo dell'intervista, pubblicata dall'UNITA' del 6 novembre 2007, è infatti un compiaciuto "Io israeliana dico: a Gaza commessi crimini contro l'umanità".

Ecco il testo:

«Il diritto alla difesa non può giustificare bombardamenti contro aree popolate da civili. Il diritto alla difesa non giustifica punizioni collettive quali quelle imposte alla popolazione di Gaza. Il diritto alla difesa non può assolvere coloro che si sono macchiati di crimini contro l’umanità». È un atto di accusa durissimo quello che Shulamit Aloni lancia contro il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak e l’ex capo di stato maggiore, il generale Dan Halutz; un j’accuse tanto più significativo perché a lanciarlo è una figura storica della sinistra israeliana: fondatrice di Peace Now, già parlamentare e ministra nei governi a guida Rabin e Peres, Shulamit Aloni è stata più volte minacciata di morte dai gruppi dell’estrema destra israeliani. Come sempre, le sue posizioni toccano la coscienza di Israele.
Perché è tornata a scatenare polemiche in Israele?
«Per amore della verità e perché ho troppo a cuore quei principi di democrazia che furono alla base della fondazione dello Stato d’Israele. Ed è in nome di quei valori che sostengo che Ehud Barak e Dan Halutz dovrebbero essere giudicati dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja per crimini contro l’umanità».
La sua è un’accusa pesantissima.
«Pesantissime sono le azioni di cui Barak e Halutz si sono macchiati. Da israeliana non possono essere fiera dello Stato d’Israele per i comportamenti tenuti dall’allora capo di stato maggiore e dall’attuale ministro della Difesa. Il diritto alla difesa e la lotta al terrorismo non possono mascherare né tanto meno giustificare atti che si configurano come crimini contro l’umanità».
A cosa si riferisce in particolare?
«Mi riferisco ai massicci bombardamenti aerei ordinati da Halutz contro la Striscia di Gaza. Quei bombardamenti colpivano zone densamente abitate e non potevano non colpire la popolazione civile. E non vale come giustificazione sostenere che gli attivisti di Hamas usano muoversi tra la folla. L’eliminazione di un miliziano palestinese non giustifica l’uccisione di civili, molti dei quali donne e bambini».
Sul banco degli imputati lei colloca anche l’attuale ministro della Difesa Ehud Barak. Perché?
«Perché Barak è un pericolo per Israele, a causa del suo temperamento estremista e perché è un uomo di guerra che crede così di poter battere Benjamin Netanyahu (il leader del partito di destra Likud, ndr.). Condivido la decisione dei palestinesi di aprire contro di lui un procedimento davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja per la sua decisione di togliere l’elettricità alla Striscia di Gaza. Quella assunta da Barak è una decisione illegale, inumana, che entra a pieno titolo nella categoria dei crimini di guerra. Le restrizioni imposte a Gaza costituiscono una punizione collettiva contro civili. Mi chiedo come si possa parlare di dialogo, della ricerca di un accordo di pace di fronte a questi crimini».
Eppure di pace si continua a parlare tra Ehud Olmert e Abu Mazen. Tutti guardano alla Conferenza di Annapolis in programma per fine mese. Cosa pensa di questo appuntamento?
«Penso che l’opinione pubblica del mio Paese sia più lungimirante e coraggiosa di coloro che governano. La gente sa che la pace non può essere a costo zero ed è pronta a pagarne il prezzo. La questione è se il governo israeliano sia altrettanto coraggioso. Conoscendo Olmert e, soprattutto, Barak ne dubito fortemente».
In questo frangente, quale messaggio dovrebbe a suo avviso lanciare la sinistra israeliana al Paese?
«Più che di messaggio parlerei di una grande mobilitazione popolare in grado di esercitare una forte pressione sul governo e su Olmert. Siamo al momento della verità: se falliremo, dovremo pagare un duro prezzo di sangue».
Sabato sera scorso oltre 150mila persone si sono ritrovate a Tel Aviv per ricordare Yitzhak Rabin.
«Presente e passato si sono intrecciati in quella piazza. Si è tornati a manifestare per la pace nel luogo in cui, 12 anni fa, fu assassinato l’uomo che aveva "osato" stringere la mano a Yasser Arafat e avviare una stagione di speranza. Dodici anni dopo, siamo tornati in piazza in nome di Yitzhak Rabin e di una lezione che lui ci ha lasciato e che Israele non deve dimenticare: solo il dialogo porta sicurezza».
La piazza ha protestato anche per l’assenso dato dalla Corte Suprema per la cerimonia della circoncisione del figlio di Yigal Amir, l’assassino di Rabin.
«Questa cerimonia, volutamente tenuta nel giorno dell’assassinio, 12 anni fa di Rabin, è un affronto alla memoria di Yitzhak e la riprova, inquietante, di una pericolosa rimozione di cosa abbia significato non solo per i famigliari ma per l’intera Israele quell’assassinio».
Molto si discute sull’opportunità di aprire un confronto con Hamas. Qual è in merito la sua posizione?
«Per giungere alla pace, io parlerei anche con il diavolo. Non esiste una scorciatoia militare alla soluzione della questione palestinese. La soluzione non può che essere politica. Per questo è decisivo che Annapolis non si risolva in un ennesimo fallimento. A mettere fine ai lanci di razzi da Gaza verso Israele sarà solo un accordo politico ad Annapolis e non la scellerata politica di forza condotta da Ehud Barak».

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