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L'Espresso Rassegna Stampa
15.06.2017 Facebook censura le opinioni non politicamente corrette sull'islam, ma lascia correre sull'antisemitismo e l'odio verso Israele
Censura inaccettabile, prendiamo esempio da Hamed Abdel-Samad intervistato da Stefano Vastano

Testata: L'Espresso
Data: 15 giugno 2017
Pagina: 1
Autore: Stefano Vastano
Titolo: «'La radice dell'Islam è fascista. E i moderati musulmani non esistono'»

Riprendiamo dall' ESPRESSO online, con il titolo 'La radice dell'Islam è fascista. E i moderati musulmani non esistono', l'intervista di Stefano Vastano al politologo egiziano Hamed Abdel-Samad (http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/01/15/news/la-radice-dell-islam-e-fascista-e-i-moderati-musulmani-non-esistono-1.195198).

La censura politicamente corretta dei media tradizionali e nuovi è un alleato di chi vuole imporre all'Occidente la legge del Corano. Pochi giorni fa Valentino Baldacci, Presidente dell'Associazione Italia Israele di Firenze, ha visto per due volte un suo commento rimosso da Facebook. Riportiamo di seguito il secondo intervento censurato:

Poiché sono convinto che il mio post che è stato rimosso non contenga alcuna offesa ai principi che reggono Facebook e che rappresenti esclusivamente la libera manifestazione di un'opinione, peraltro espressa, come è mia abitudine, con un linguaggio che ritengo corretto, ho deciso di riproporlo. Mi auguro che i controllori di FB tengano conto non solo delle mie parole ma anche delle proteste e delle espressioni di solidarietà nei miei confronti e non ripetano lo stesso atto di censura. Infine invito la persona che ha segnalato a FB il mio post perché venisse rimosso ad usare le armi del confronto civile, contrapponendo le sue ragioni alle mie. Se vuole può farlo pubblicamente oppure, se crede, anche con un messaggio privato. Questo il post scritto all'indomani dell'attacco terroristico di Londra, seguito da un altro che non è stato rimosso e che rispondeva ad alcune critiche che mi erano state rivolte in maniera del tutto civile. L'ennesimo attacco islamico a Londra dimostra una volta di più, se ce ne fosse stato bisogno, che l'Islam è deciso a distruggere la nostra civiltà, usando le armi della violenza e del terrore. Di fronte a questa situazione le strade che abbiamo davanti sono due: o continuare ad agire come è avvenuto fino ad ora, cercando di arginare qua e là il pericolo; oppure operare una svolta radicale, seguendo le indicazioni che vengono dall'unico Paese che abbia affrontato con lucidità il problema, pur trovandosi in una condizione ben più difficile di quella dell'Europa: Israele. L'indicazione che viene da Israele è chiara: separazione, ed ha preso la forma della barriera di protezione, che in Occidente le anime belle vituperano con il nome di muro. L'Europa deve convincersi che l'Islam rappresenta un pericolo mortale e che l'unica soluzione è la separazione tra noi e loro. E' inutile autoingannarsi ripetendo la solita lezioncina secondo la quale non tuti gli islamici sono terroristi: in realtà ogni agglomerato islamico rappresenta un pericolo e quello che possiamo aspettarci nei casi di attacco è al massimo una silenziosa neutralità che in realtà nasconde una tacita (e a volte nemmeno tacita) approvazione. Come attuare la separazione dovrebbe essere materia di riflessione ma prima di tutto occorre che si diffonda la coscienza della sua necessità. La separazione deve avvenire in forme che non ledano i principi della nostra civiltà ma non può nemmeno essere del tutto indolore. Certamente la prima e inevitabile misura (molto in ritardo) è il blocco assoluto dell'immigrazione islamica. E' una misura che è contraria ai nostri principi costituzionali e di questo si deve essere coscienti, come si deve essere coscienti che in guerra le garanzie costituzionali vengono almeno in parte sospese. Come al tempo stesso affrontare il nodo degli agglomerati islamici, i centri dai quali partono gli attacchi terroristici, è problema ancora più difficile. Ma su una cosa non possono esserci dubbi: gli attacchi terroristici islamici continueranno al ritmo di uno ogni 15 giorni, come è avvenuto finora, se non ci sarà una svolta radicale nella politica dei governi europei.

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Valentino Baldacci

Si tratta di opinione legittima espressa con pacatezza, non certo di razzismo, eppure il commento è stato rimosso e l'autore bloccato per 24 ore.  Facebook ha comunicato che, in caso di ulteriori commenti simili, il blocco sarebbe stato perpetuo. Si tratta di una censura inaccettabile in un Paese libero. L'accaduto è tanto più grave in quanto idee come quelle di Baldacci, e anche più radicali, sono diffuse su molti media. Abbiamo riportato su IC pochi giorni fa un'intervista pubblicata dal Manifesto (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=41&sez=120&id=66643) al coraggioso politologo egiziano in esilio in Germania, Hamed Abdel-Samad sul "fascismo islamico" (la definizione è sua). Di seguito riportiamo un'altra intervista a lui pubblicata sull' Espresso, uscita addirittura nel gennaio 2015:

Ecco l'articolo dell' Espresso:

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La copertina (Garzanti ed.) - Hamed Abdel-Samad, un libro da leggere e diffondere

La carneficina a Parigi è il nostro 11 settembre e i terroristi che l’hanno eseguita l’incarnazione del “fascismo islamico”, una deriva che sin dagli inizi fa parte dell’islam... Parla Hamed Abdel-Samad, 42 anni, politologo e storico tedesco nato al Cairo. Non nuovo a tesi estreme e controverse sul fondamentalismo, espresse anche recentemente nel saggio dal titolo “Il fascismo islamico”, Abdel-Samad, figlio di un imam sunnita, è stato oggetto di una fatwa dell’università Al-Azhar del Cairo. E condannato a morte dal gruppo terrorista egiziano Al-Jamaa Al-Islamiya. In Germania, dove abita dal 1995, vive sotto scorta. Nonostante le minacce, rilancia le sue accuse in questa intervista con “l’Espresso”: «L’islam moderato non esiste. Dai tempi di Maometto l’islamista aspira alla teocrazia, lo Stato con Dio come sovrano. Dobbiamo vigiliare affinché la cultura islamo-fascista non pervada la società europea».

Hamed Abdel-Samad, partiamo dagli attentati di Parigi. Qual è stata la sua reazione? «Uno choc. E questo 11/9 europeo si è verificato a Parigi, culla della rivoluzione e di Voltaire, padre dell’illuminismo. Sono queste due conquiste dell’Occidente, la critica ad ogni dogmatismo e i diritti dell’uomo, il bersaglio che i killer hanno voluto colpire. Non hanno agito a caso, ma eseguendo un preciso comandamento religioso: chi offende il Profeta deve essere punito. Certo, oggi la maggior parte dei musulmani non esige più la vita dell’infedele, ma che il Profeta non sia criticabile né dileggiato in vignette è un dogma. Ripeto, non ogni musulmano è un Corano su due gambe e ancor meno un killer. Solo certi demagoghi di destra diffondono questi cliché. Ma se esistono differenze tra musulmani è anche evidente che non c’è una vera differenza tra l’islam e l’islamismo. È la religione che, sin dalle origini, spinge all’intolleranza. Da qui alla esecuzione fascista a Parigi il passo è breve».

Lei insiste col termine fascista. «L’odio con cui i terroristi hanno liquidato le vittime, sentendosi autorizzati da al Qaeda o persino da Allah, è uno dei primi elementi che accomuna l’islamismo al fascismo. Noi musulmani per primi siamo chiamati a cogliere la continuità tra islam, islamismo e fascismo. Altrimenti è difficile spiegarsi i successi del cosiddetto Stato islamico. Il Califfato è la sintesi perfetta tra boss della criminalità organizzata al vertice e giovani che s’immolano per la teocrazia. Lo Stato Islamico è il gruppo che porta alle estreme conseguenze la malattia originaria dell’islam».

Quale malattia? «Quel che attira i giovani musulmani, europei e no, nelle file dell’Is è la sacralizzazione della violenza. Solo se sei pronto a credere che tagliando la testa all’ infedele stai obbedendo a un ordine divino puoi giubilare su Internet, “Allah Akbar”. Per quei killer le dosi di violenza sono la droga con cui liberarsi dal peso della civiltà e riportare l’orologio della storia al VII secolo, ai tempi di Maometto. La furia con cui i terroristi liquidano le minoranze religiose, schiavizzano donne e bambini, è uno dei lati più razzisti e fascisti del Califfato».

Nel suo libro ricostruisce i paralleli tra i fascismi degli anni Venti e i primi movimenti islamisti come i Fratelli musulmani. «La prima guerra mondiale portò al crollo degli imperi austro-ungarico e ottomano. Al tramonto degli imperi non seguì solo, in Europa, la nascita dei fascismi, ma anche dei fondamentalismi nei territori dell’ex-impero ottomano. I due radicalismi, fascismo e islamismo, hanno sempre fatto leva su una matrice emotiva. Hanno adescato le masse insistendo sul sentimento di esser stati trattati male dalla storia. È su questi miti che entrambi i movimenti fondano la pretesa di soggiogare il mondo una volta liquidati i nemici».

Per fascisti e nazisti i primi da liquidare erano comunisti ed ebrei. E per gli islamisti? «I nemici dichiarati sono tre: gli Usa, i valori dell’occidente e Israele».

Su cosa basa la tesi per cui “sin dalle origini nell’Islam vi sono elementi fascistoidi”? «Sui 14 elementi che, secondo Umberto Eco, caratterizzano l’Ur-fascismo o fascismo eterno. Molti di questi - dal culto del profeta all’idea che la verità sia una e assoluta - li ritroviamo agli albori dell’islam. Con altri tratti fascistoidi come la glorificazione della violenza o la visione manichea del mondo. Comune è anche la percezione della lotta: fascisti e islamisti non lottano per vivere, ma vivono per lottare e nulla li accomuna più dell’estetica della morte. Trasformandosi in martire l’islamista è in una situazione win-win: se muore si avvicina a Dio e riceve in paradiso 72 vergini».

Procedendo con la similitudine, anche il fascismo è una teologia politica? «Che il fascismo, dal culto del Dux al rifiuto dell’illuminismo e della modernità, sia un movimento religioso non è una novità. Il primo movimento fascista in Europa, l’Action française, nasce nell’alveo della Chiesa e punta a restaurarne il potere. Non è un caso se Mussolini giunge al potere nel 1922 in un Paese di tradizione cattolica».

Qual era il sogno di Hassan al-Banna quando, nel 1928, fondò i Fratelli musulmani? «Lo stesso di Mussolini. Del Duce ammirava lo stile. Nel suo saggio “Il Signor Mussolini spiega un principio dell’Islam” scrisse però che il militarismo non è un’invenzione del Duce, ma del Profeta».

Quindi la “guerra santa” è implicita nella vita e versi del Profeta? «Esattamente. E il programma di al-Banna è rifondare il Califfato riconducendo la comunità islamica alle glorie passate. Un’utopia sposata dallo Stato islamico».

Quel programma vale ancora oggi? «L’utopia di Mohamed Morsi, ex presidente egiziano, è la stessa dei fondatori del movimento come al-Banna o Sayyed Qutb. Identica la scelta del terrorismo: al-Banna organizzò milizie che indossavano camicie brune, come le “SA”di Hitler».

Nel paragone non teme di relativizzare gli orrori del nazismo? «Confronto le utopie, operazione necessaria per capire i milioni di morti delle guerre tra sunniti e sciiti o i 42mila attentati degli ultimi 15 anni».

Storicamente, quali furono i rapporti tra Fratelli musulmani e nazismo? «Il movimento di Al-Banna si fece megafono, insieme a Amin al Husseini, il Muftì di Gerusalemme, della propaganda antisemita. Si arrivò alla formazione di battaglioni islamici nelle Waffen SS, con il teschio sul Fez e la scimitarra islamica sul colletto. Una delle più tristi verità è che “Mein Kampf”di Hitler e “I Protocolli dei savi di Sion” (il falso di propaganda antisemita, ndr) sono stati dei best-seller nel mondo arabo».

Ha senso confrontare la cultura islamica con un’ideologia del Novecento? «Capisco i dubbi. Ma l’idea del Jihad è del Profeta. È stato Maometto a guidare guerre di conquiste proclamando la missione dell’islam. Oggi i combattenti dello Stato islamico si richiamano ad Abu Bakr, il primo Califfo che dopo la morte di Maometto riunì l’islam conducendo le più spietate guerre contro gli apostati».

Per lo scrittore franco-tunisino Abdelwahab Meddeb il Profeta è “un Napoleone arabo”... «Bella immagine. Peccato che dopo i trionfi delle origini il mondo islamico si sia chiuso per secoli nel “veleno del risentimento”, per dirla con Nietzsche».

La terapia d’urto di Nietzsche era l’affermazione “Dio è morto“. Può servire? «A Nietzsche aggiungerei la cura kantiana del “Sapere aude”, del coraggio di servirsi della ragione per curare la piaga dell’islamismo. Se sei musulmano serve a poco distanziarsi dal Califfo se poi non critichi il nucleo dell’islamismo. Che è il Corano letto non come un testo, ma come verità assoluta. Le norme della Sharia valide per tutti gli uomini, tempi e Paesi. I 23 anni di carriera politica del Profeta visti come utopia. Se non riusciamo a illuminare con la ragione questi nuclei, l’islam continuerà a generare islamismi e killer fascistoidi».

Per lo storico Dan Diner alla società islamica è mancato Dante Alighieri, un poeta che scriva una “Comedia“ in volgare... «Ha ragione. Ho sempre creduto che per noi arabi sia un vanto leggere in originale testi di 15 secoli fa. Ma la lingua congelata è il nostro vero ritardo. E chi controlla il Corano controlla, con la lingua, la mente della gente».

Questo spiegherebbe perché anche le primavere arabe sono fallite. «La primavera non è fiorita perché la gente è rinchiusa in una cipolla autoritaria. La prima pelle è quella dei Mubarak, Assad, dei Boss di clan dinastici. Abbatti loro, ecco spuntare i generali. Ma il cuore è il Corano, e a questo nessuno osa avvicinarsi».

Non teme di essere ucciso da killer islamici? «Se avessi paura non avrei scritto il mio libro. Non voglio diventare un martire, ma vivere in una società libera e non in una mafiosa. Islamismo è mafia e la mia, come quella di Roberto Saviano, è una battaglia contro le cosche mafiose islamiste».

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