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L'Espresso Rassegna Stampa
02.10.2015 I deliri di Chomsky: perché dare tanto spazio alla bieca propaganda ?
Intervista di Wlodek Goldkorn

Testata: L'Espresso
Data: 02 ottobre 2015
Pagina: 108
Autore: Wlodek Goldkorn
Titolo: «Chomsky contro tutti»

Riprendiamo dall' ESPRESSO di oggi, 02/10/2015, a pag. 108-111, con il titolo "Chomsky contro tutti", l'intervista di Wlodek Goldkorn a Noam Chomsky.

Non perdiamo tempo a ribattera a tutte le menzogne di Chomsky, a partire da quelle contro Israele. Ci chiediamo, però, come mai venga concesso tanto spazio a un propagandista dell'odio come l'ahinoi celebre linguista. Interevistarlo solo perché ha 87 anni non ci sembra, in tutta onestà, un motivo sufficiente.

Ecco l'articolo:

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Wlodek Goldkorn

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Noam Chomsky

ALL'ETÀ DI 87 ANNI Noam Chomsky, uno dei più influenti intellettuali contemporanei, è più radicale e vigoroso che mai e non rinuncia a dire cose controverse e controcorrente. Seguace di George Orwell e di pensatori anarchici non sempre molto conosciuti al largo pubblico (primi fra tutti Rudolf Rocker, tedesco, a suo tempo leggenda dei libertari ebrei e italiani), l'atteggiamento intransigente lo ha probabilmente imparato fin da bambino dai genitori. II padre e la madre di Chomsky erano ebrei in prima linea nella lotta per l'emancipazione dei lavoratori, negli States. Ma erano anche persone che, in nome dell'utopia sionista, avevano bandito la loro lingua madre, lo yiddish, per optare invece per l'ebraico, l'idioma che (così pareva) doveva segnare la nascita di un ebreo nuovo, combattente e agricoltore e non più commerciante "privo di radici".

Chomsky stesso, da giovane, insegnava l'ebraico. L'occasione per questa intervista è la recente uscita di un libro che il professore del Mit di Boston ha scritto assieme al giornalista André Vltchek, "Terrorismo occidentale" (Ponte alla Grazie). ll volume, costruito come un dialogo, in realtà consiste in due testi, l'uno di Chomsky, l'altro del suo partner. In questa conversazione abbiamo considerato solo la parte di Chomsky, se non altro per la qualità delle tesi enunciate.

Lei parla del terrorismo come arma e metodo dell'Occidente. E cita l'uso del droni, come esempio. Nessuna differenza tra i droni e le decapitazioni dello Stato Islamico? E cosa è il terrorismo? «Di solito vengono definite come terrorismo le azioni perpetrate dalla parte avversa alla nostra. Così, quando l'Is decapita qualcuno siamo tutti indignati. Ma lo siamo stati molto meno quando, l'anno scorso, Israele ha invaso e bombardato Gaza, e l'attacco è stato così massiccio e distruttivo che la gente riusciva a stento a trovare pezzi dei cadaveri dei propri cari, tra le macerie delle abitazioni. Quell'attacco fu perpetrato con la scusa del terrorismo di Harnas e con le armi fornite dagli Stati Uniti. E quindi, essendo stato fatto da un nostro alleato, non l'abbiamo considerato come un atto di terrorismo».

II giudizio negativo sulla politica d'Israele nei controntI dl Gaza e dei territori occupati non può farci dimenticare però che fu Hamas a sparare per primo del razzi su obiettlvi dello Stato ebraico... «È stato invece Israele a violare apertamente la tregua con Hamas in vigore. E facile verificarlo"».

Torniamo alla questione del droni. «Faccio un esempio ipotetico. Proviamo a immaginarci che l'Iran decida di uccidere persone, fuori dai suoi confini, sospettate di voler danneggiare il governo di Teheran: gente che apertamente chiede di bombardare l'Iran, appunto. Avremmo detto, ecco una serie di attacchi terroristici. Però questa è una pratica accettata e portata avanti dall'amministrazione di Barack Obama. Noi le chiamiamo "uccisioni mirate". Secondo i dati ufficiali, in quelle azioni sono morte tremila persone, sospette di voler compiere attentati contro gli Stati Uniti. La consideriamo una pratica legittima, eppure si tratta di terrorismo».

Secondo lei la radice di tutto il male che ci alligge è in Occidente? «No. Non tutto il terrorismo e non tutta la violenza sono prodotto occidentale e non tutto il male viene necessariamente dall'Occidente. Nel 1975, il governo indonesiano ha invaso Timor est e ha compiuto uno dei peggiori genocidi dei tempi moderni, e - anche se appoggiato dagli Stati Uniti - l'esecutivo di Giacarta non era l'espressione dell'Occidente. Però il terrorismo jihadista cui assistiamo oggi è conseguenza dell'aggressione americana contro l'Iraq».

L'Occidente ha prodotto II colonialismo, l'imperialismo, ha sterminato intere popolazioni. Però è stato anche molto Inclusivo. Basti pensare a scrittori come Sahnan Rushdie, Hanif Kureishi, Anita Dessi: figli di questa "inclusione coloniale". Senza di loro la letteratura sarebbe più povera... «La storia è materia complessa e contraddittoria. Pensiamo all'illuminismo, al progresso di cui è stato il portatore, al suo insegnamento etico. Ma nello stesso tempo in America, Paese fondato da illuministi, esisteva la schiavitù. E la schiavitù fu la base dell'economia moderna».

Lei, citando Orwell, parla spesso delle "non persone." Chi sono oggi le non persone? «I profughi, i migranti. Sono trattati, non sempre ma spesso, come non-umani, come dis-umani, non degni di compassione. E del resto, sovente, gli apparati gerarchici di potere e di controllo sociale trasformano le vittime in esseri umani di serie B».

Una volta le non-persone erano gII ebrei. Anche suo padre scappò glovanissimo dalla Russia del Pogrom. «Lo erano non molto tempo fa, negli anni Trenta e ancora di più negli anni Quaranta: il peggior caso di un genocidio industriale e pianificato, nella storia umana. E ancora, a guerra finita, nessuno voleva i sopravvissuti ai lager, ai campi di sterminio, non li volevano né in Europa né negli Stati Uniti».

L'antisemitismo era forte. Esiste, secondo lei, un parallelo tra antisemltismo e islamofobia? «Certo. Si tratta, in ambedue i casi, di odio irrazionale verso un gruppo individuato apposta per essere oggetto di disprezzo. Ma vorrei menzionare anche il caso dei rom, che la Francia espelle verso i Paesi dell'Est. Sono figli e nipoti di gente che subì una sorte analoga a quella degli ebrei».

Torniamo al libro "Terrorismo Occidentale". Lei paria di Vaclav Havel, II defunto presidente della Repubblica ceca e dissidente celebre, come dl un "cocco dell'Occidente". Ma Havel era un eroe... «Havel è stato una persona molto coraggiosa e perfino eroica che si batteva per i diritti suoi e dei suoi compagni di lotta. Ma aveva poca comprensione per coloro che da un'altra parte del mondo soffrivano di regimi ancora più oppressivi. Nel 1998 ha parlato a Washington davanti al Congresso: disse che gli Stati Uniti erano un baluardo della libertà. Forse lo erano davvero, ma non per tutti, visto che una settimana prima, nel Salvador, sei intellettuali dissidenti erano stati assassinati da un'unità d'élite armata dagli Usa il cui comando godeva del sostegno dell'ambasciata americana. Sarebbe inconcepibile che la controparte di Havel, ho in mente gli intellettuali latinoamericani, agisse come lui».

Vale a dire? «Immaginiamo che in Cecoslovacchia un'unità d'élite, addestrata dai russi, avesse ucciso Havel e i suoi compagni; e che i militari di questa unità avessero in precedenza ucciso centinaia di persone. Non credo che in tal caso un intellettuale latinoamericano sarebbe andato a Mosca per lodare la Russia in quanto paese difensore della libertà».

Lei pensa davvero che l'Urss nel passato e l'odierna Russia dl Putin abbiano avuto ed abbiano un ruolo positivo, in quanto antidoto all'America e difensore del popoli vittime dell'Occidente? «No. Qualche volta poteva succedere, ma per ragioni sbagliate, speculari alle ragioni per cui gli americani appoggiavano le vittime dell'aggressione sovietica o russa. L'Urss era un mostro totalitario».

Torniamo al punto dl partenza: iI Medio Oriente. Boicottare Israele? «Sia dal punto di vista tattico che di principio io sono contrario. Ma sono favorevole al boicottaggio delle merci prodotte negli insediamenti nei territori occupati».

Con lo Stato Islamico cosa facciamo? «E' possibile distruggerlo militarmente, ma una simile scelta porterebbe a far emergere forze ancora peggiori. Un atteggiamento serio, invece, sarebbe affrontare alla radice le ragioni dell'attrazione che l'Is esercita nei confronti della popolazione sunnita e della gioventù musulmana; dei motivi per cui può vantare certi successi. Allo stesso tempo occorre proteggere le sue vittime, i curdi siriani primi fra tutti».

II vecchio ordine mediorientale, sancito dagli accordi coloniali del 1916 tra Francia e Gran Bretagna, con i confini degli Stati tracciati pochi anni dopo, sta crollando. Come si immagina un nuovo ordine? "Dobbiamo distinguere tra quello che sta emergendo e ciò che noi vorremmo che emergesse. Quello che si sta configurando è un orrore; quello invece che io auspico è una struttura complessa, simile al vecchio impero ottomano (ma senza la corruzione e la violenza), o all'Unione europea nei suoi aspetti migliori, e che fosse in grado di assicurare un regime di autonomie locali».

E qual è iI posto dl Israele nel Medio Oriente? Lei da ragazzo era un slonlsta di quelli che auspicavano uno stato bi-nazionale di ebrei e palestinesi. Una visione vicina a quella di intellettuali ebrei importanti come Martin Buber e alcuni professori dell'Università di Gerusalemme. «Fin dagli anni Quaranta ho pensato che la migliore soluzione del problema della Palestina fosse una struttura bi-nazionale, ma non ero vicino agli intellettuali elitari. Ero piuttosto affascinato dalla sinistra che propugnava l'azione comune della classe operaia in un ipotetico stato socialista e bi-nazionale. È una visione che non è sopravvissuta alla guerra del 1948, ma che a mio avviso potrebbe risorgere e contribuire all'erosione dell'ordine imperiale».

Ha appena parafrasato la tesi di Walter Benjamin, per cul la memoria degii sconfitti rinasce come progetto del futuro. Quali sono le fonti delle sue speranze? «Il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà. Gramsci».

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