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L'Espresso Rassegna Stampa
30.11.2007 "Orientalismo" di Edward Said è un libro di propaganda
e la recensione di Wlodek Goldkorn è "pubblicità ingannevole"

Testata: L'Espresso
Data: 30 novembre 2007
Pagina: 133
Autore: Wlodek Goldkorn
Titolo: «L'Oriente immaginato»
L'ESPRESSO del 30 novembre 2007 pubblica una presentazione del libro di Edward Said "Orientalismo", che sarà allegato al numero successivo.
Said,  che fu membro del consiglio direttivo dell'Olp, oppositore degli accordi di Oslo, con "Orientalismo" ha realizzato un'opera di sottile propaganda, incentrata sull'idea storicamente assurda che il sionismo sia l'erede dell'antisemitismo europeo, e i palestinesi i "nuovi ebrei". 

Sicuramente "Orientalismo" è un testo che ha fatto scuola, ma nell'ambito propaganda d'odio antisraeliana.
Nulla di tutto questo viene chiarito dalla recensione di Wlodek Goldkorn che riportiamo:

Edward Said, l'autore di 'Orientalismo', il libro della collana Idee in edicola la settimana prossima con 'L'espresso' e 'la Repubblica', era un uomo di confine, uno dei più importanti e sofisticati intellettuali del XX secolo, una persona dotata di uno sguardo doppio: capace di osservare la stessa cosa 'da dentro e da fuori' al contempo. Era nato in Palestina, ai tempi dei britannici, cristiano protestante (apparteneva a una minoranza quindi), è diventato americano, professore alla Columbia University. Ufficialmente teorico e storico di letteratura inglese, Said nei fatti era un influente maestro di pensiero, ma anche formidabile polemista, sempre capace di rovesciare il punto di vista comune, mai propenso ad accettare l'opinione che sembra così ovvia da essere considerata un 'fatto'. Questa premessa è indispensabile per capire che cosa è l''Orientalismo'. In apparenza si tratta di un testo su come l'Occidente (colonialista) abbia inventato un'immagine dell'Oriente, soprattutto degli arabi e dell'Islam, consona ai propri valori e pregiudizi, ma falsa in sostanza. Così, in questo formidabile libro si citano i classici dei viaggi verso Oriente: da Chateaubriand a Nerval a Flaubert a Kipling; si parla dei teorici del colonialismo britannico come Balfour, si raccontano gli scritti di Renan. In realtà l'ambizione di Said, quando più di una trentina di anni fa si è messo a lavorare su questo libro era ben altra. Said (ed ecco il tratto biografico intrecciato nel testo) voleva demolire l'idea stessa di un'identità data, naturale, innata, immobile. L'identità è sempre una costruzione artificiale, dice in questo lavoro pionieristico che prima ha suscitato polemiche poi è stato tradotto in decine di lingue (in Svezia è stato un bestseller assoluto), per diventare infine un classico. E per riuscire nell'impresa dell'invenzione dell'identità, occorre creare un suo opposto. L'opposto dell'Occidente, razionale, virile, giovanile, organizzato secondo i principi gerarchici, è l'Oriente: regno dei sogni, degli inganni, delle doppie verità. Per mantenere l'immagine giovanile e dinamica dell'Occidente, i britannici facevano rientrare in patria gli alti funzionari delle colonie quando questi compivano i 55 anni. Ogni epoca, insomma, dice Said, si crea i 'propri altri', funzionali ad affermare la propria egemonia culturale. Said usava spesso questa categoria di Gramsci e lo indicava come uno dei suoi maestri. L'egemonia culturale si accompagna (per Said) con l'idea che il sapere 'oggettivo' e classificatorio sia lo strumento con cui l'Occidente ha dominato l'Oriente. Da radicale qual era, Said diceva invece: Oriente e Occidente non esistono, sono solo prodotto mutabile e provvisorio della nostra cultura. Da tutto questo è facile capire quanto Said fosse nemico dei fondamentalisti islamici. Il suo testo è pure una critica devastante del loro immaginario.

Ancora più fuorviante è la recensione redazionale:

Questo era l'uomo (scomparso per un tumore nel 2003 a New York) e questo è il libro. Ma di Said non si può non parlare senza citare la sua amicizia con Daniel Barenboim, direttore d'orchestra ebreo e israeliano, e le sue prese di posizioni politiche, anch'esse sempre controcorrente. Agli arabi diceva che dovevano capire cosa era la Shoah. Agli israeliani spiegava che dovevano riconoscere il dramma dei profughi e che lui (profugo), per come era fatto e per come pensava, era anche un 'ebreo palestinese', un senza patria, o forse un uomo di molteplici identità. n

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