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Agenzia Radicale Rassegna Stampa
24.07.2010 Le sfide di Israele
Anna Rolli recensisce il libro di David Meghnagi

Testata: Agenzia Radicale
Data: 24 luglio 2010
Pagina: 1
Autore: Anna Rolli
Titolo: «Le sfide di Israele»

Riportiamo da AGENZIA RADICALE l'articolo di Anna Rolli dal titolo " Le sfide di Israele ".

A 'Le sfide di Israele' Informazione corretta ha dedicato una pagina della rubrica 'Libri Raccomandati', cliccare sul link sottostante per leggerla:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?sez=300&cat=rubriche&b=35307&ord=author


David Meghnagi

L’ultimo saggio di David Meghnagi, storico dell’Università di Roma e psicoanalista, proposto recentemente al pubblico italiano dalla casa editrice Marsilio, non è semplicemente da leggere ma da rileggere e meditare a lungo, un libro da regalare a tutti coloro che, tra le nostre conoscenze, sono intenzionati a conoscere o a comprendere meglio la realtà straordinariamente complessa del Medio Oriente, a dispetto della cattiva, spesso falsa, informazione dalla quale ci ritroviamo quotidianamente quasi sommersi. 
 Tutti noi, nella nostra vita di lettori, ci siamo trovati tra le mani libri nei quali, sebbene i concetti non mancassero di interesse, ciò che veniva esposto nel corso di 10 pagine, avrebbe potuto esserlo in molte meno, senza per questo perdere in profondità e in comprensibilità, acquistando anzi in incisività e soprattutto risparmiando al lettore la sensazione della noia. Nel mondo accademico dove spesso si fa carriera (e si aumentano gli introiti delle vendite agli studenti) in base al numero delle pagine pubblicate piuttosto che in base alla qualità delle stesse si tratta di un “ vizio” molto diffuso, non soltanto in Italia.
 Leggendo "Le sfide di Israele", si prova una sensazione esattamente opposta a quella appena descritta. Verrebbe da chiedere al prof. Meghnagi di dilungarsi un po’ di più, di tornare ancora su quanto già esposto, per lasciare al lettore un po’ di respiro. Il testo è caratterizzato dalla densità del periodare, 150 pagine che avrebbero potuto esserne 500, non una parola superflua o fuori posto, non una frase di troppo, i concetti si susseguono uno dietro l'altro: sintetici, nitidi, adeguati, come scolpiti nella pietra, ognuno necessario all'insieme di un discorso frutto di conoscenze approfondite e di una lunga rielaborazione. Il lettore è costretto ad uno sforzo di attenzione continua e ad una continua riflessione.
"Le sfide di Israele" potrà essere utilizzato, certamente, come libro divulgativo e anzi va sicuramente raccomandato a chi pur conoscendo poco o niente sia interessato all’argomento, non si tratta però di un libro facile, si tratta di un libro appassionante, certamente, ma non facile o che possa essere letto mentre i bambini giocano nella stanza accanto o guardano la televisione o tra uno squillo e l'altro del telefono. A partire dalla fine degli anni ’40, centinaia di migliaia di ebrei inermi, spogliati di tutto, furono costretti dalle persecuzioni e dalle carneficine a fuggire in massa dai paesi arabi, nei quali vivevano da sempre, da ben prima dell’invasione araba del settimo secolo che li aveva ridotti sotto il giogo islamico.
 Erano molto più numerosi dei profughi palestinesi e furono in gran parte accolti in Israele grazie ad uno sforzo immane della società civile che vide in pochi anni più che raddoppiata la propria popolazione. Di loro e della loro vicenda non si parla mai. Come non si parla (o molto poco) dell’agonia di ciò che rimane delle civiltà cristiane in Oriente. La famiglia dello stesso Meghnagi, dopo essere scampata a tre pogrom in venti anni, riuscì a riparare in Italia dalla Libia, perdendo casa ed averi. I profughi palestinesi invece furono rigettati anche se erano stati costretti dalla guerra a spostarsi di pochi km o di poche decine di km dai villaggi di origine. Le società musulmane limitrofe in nome della comune religione e di un nazionalismo spietato rifiutarono loro qualsiasi possibilità d’integrazione. Avrebbero potuto essere considerati come gli altri milioni e milioni di profughi che erano stati costretti a fuggire, in varie parti del mondo, in conseguenza della ridefinizione dei confini che fece seguito alle vicende della seconda guerra mondiale e invece la loro condizione si trasformò in “ontologica” poiché “…la creazione di una patria ebraica nel cuore della umma islamica era una violazione degli ordinamenti divini e terreni…”( pag.13).
 Meghnagi, in quanto autentico psicoanalista, oltre che storico di valore, osserva la realtà senza prescindere dalle attitudini psicologiche dei protagonisti della Storia e ci pone di fronte all’accurata disamina del rapporto tra mondo ebraico e mondo musulmano, tra mondo occidentale e mondo ebraico e musulmano, analizzando il gioco delle reciproche identificazione e proiezioni, il gioco delle rappresentazioni e delle simbologie nella vita culturale e politica. A partire dalla guerra d’Indipendenza israeliana del 1948 e dalla vicenda dei profughi viene descritta la condizione di vita degli ebrei in Israele e nelle società arabe ed europee, coinvolte più o meno direttamente in un secolo di guerre quasi ininterrotte. I luoghi comuni dei quali viene infarcita la cattiva informazione che da decenni ci opprime vengono ad uno ad uno analizzati e spazzati via. Viene analizzato il delirante mondo della propaganda musulmana in paesi retti da spietate dittature o perlomeno da regimi autoritari, la dissociazione mentale delle sinistre europee che dietro la maschera dell’ antisionismo ripropongono i più vieti contenuti antisemiti del passato e le difficoltà nelle quali si dibattono gli intellettuali ebrei.
 In alcuni capitoli si affrontano, inoltre, sinteticamente molti aspetti fondamentali della antichissima cultura ebraica, in particolare alcuni nodi centrali che sarebbe importante rielaborare in funzione delle sempre più urgenti problematiche contemporanee. Di centrale interesse, per tutti noi, l’eterno: mors tua vita mea, riproposto continuamente dalle classi dirigenti arabe, ricchissime, corrotte, dispotiche e sprezzanti nei confronti del benessere delle proprie popolazioni, quelle classi dirigenti che da sempre sacrificano gli interessi dei palestinesi alle proprie mire personali, fino alle recenti, macabre, farneticanti affermazioni iraniane sulla scarsa rilevanza di ucciderne qualche milione pur di annientare l’entità sionista . "Quel che vogliamo noi arabi” affermava Ben Bella nel 1982 "e’ essere. Ora noi potremo essere solo se l'altro non esiste” ( pag.72).
 Ben Bella è stato, negli anni ’50, il principale dirigente della guerra di liberazione nazionale algerina contro la Francia, lo stesso che, dopo la vittoria, si rifiutò di concedere l'emancipazione alle donne algerine, abbandonandole alla violenza e all’oppressione delle aree rurali e tribali di appartenenza, aree tribali alle quali lasciò invece ampio spazio. Tutti sanno ciò che è stato poi dell’Algeria. Agghiaccianti nella loro chiarezza, le sue parole sembrano riassumere tutta la tragedia di un mondo arabo nel quale non si è voluto riconoscere che "l'affermazione... non è solo un programma omicida. È una scelta suicida.” Così commenta Meghnagi “Se l'altro non esiste, è il sentimento dei limiti a venire meno e con esso la capacità di controllare la distruttività interna ed esterna. L'esistenza dell'altro è la condizione per l'esistenza di ognuno. La negazione dell'altro è la morte dello spirito religioso più autentico, il trionfo di un culto necrofilo...." . Non sarebbe ora di rendersi conto che il mors tuo vita mea appartiene ad un passato barbarico di spaventosa distruttività, le cui conseguenze nella Storia hanno toccato il loro apice con il nazismo dei campi di sterminio? Non sarebbe ora di cominciare ad affermare, in particolare nella sinistra nostrana, ma non solo, che l'unica dialettica degna di un essere umano e quella del vita tua vita mea ?
 Giustamente Meghnagi ricorda che l’ atteggiamento della sinistra europea nei confronti di Israele costituisce la cartina al tornasole della sua capacità di mantenere un rapporto esatto con la realtà internazionale ed interna. La sinistra attraversa attualmente una crisi di identità profondissima, a tutti evidente. Nonostante questo, in brevissimo tempo, le verrà richiesto di confrontarsi con gli innumerevoli problemi di convivenza civile sollevati dalla presenza sempre più massiccia di minoranze portatrici di differenti retaggi culturali. Molto presto sarà necessario riflettere in modo ben più approfondito sulla natura dell'essere umano, delle relazioni interumane, e sui valori etici che dovranno guidarle nel futuro. Meghnagi, con estremo rigore, analizza un mondo di violenza e di immenso dolore, nonostante questo è capace di riproporre pagina dopo pagina la speranza in un futuro di pace, un futuro di pace certamente possibile, perché una pace duratura si è instaurata innumerevoli volte tra popolazioni che pure nel passato erano state acerrime nemiche. Se il futuro è nel lavoro dei costruttori di pace questo libro, sicuramente, rappresenta un ottimo contributo.

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