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Agenzia Radicale Rassegna Stampa
22.05.2009 Israele e la sindrome traumatica post-guerra
L'analisi di Elena Lattes

Testata: Agenzia Radicale
Data: 22 maggio 2009
Pagina: 1
Autore: Elena Lattes
Titolo: «Israele e la sindrome traumatica post-guerra»

Riportiamo da AGENZIA RADICALE l'articolo di Elena Lattes dal titolo " Israele e la sindrome traumatica post-guerra ".

Durante il viaggio del Papa in Medio Oriente molti mass media si sono soffermati sulle sofferenze dei palestinesi e sulla presunta nocività della barriera di sicurezza, da alcuni definita muro addirittura con la emme maiuscola, quasi fosse un nome proprio (dimenticando che quella barriera ha salvato tantissime vite umane, anche tra i palestinesi stessi ed è forse il modo più pacifico e nonviolento per evitare gli attentati, finché i dirigenti e i terroristi palestinesi non si decideranno a rinunciare alla distruzione dello Stato di Israele e all'eliminazione fisica di tutti i suoi abitanti).
Eppure anche gli israeliani hanno sofferto e continuano a soffrire a causa del terrorismo e della guerra. Nonostante, infatti, la notevole diminuzione degli attentati in tutto il Paese (grazie proprio a quelle misure di sicurezza che molti nel mondo chiedono ad Israele di eliminare) e dei missili sparati da Gaza, i residenti del Negev occidentale continuano a soffrire per l'impatto traumatico della guerra.
Recentemente il sito online del quotidiano israeliano più diffuso, Yediot Aharonot, ha pubblicato un rapporto stilato dal direttore del Centro di salute mentale dell'ospedale di Sderot, la dottoressa Adrianna Katz, secondo la quale i residenti dell'area stanno affluendo nella clinica in cerca di una terapia per i sintomi traumatici da "post-guerra".
"Molti arrivano ora, nonostante abbiano passato 8 anni sotto il tiro dei missili - racconta la dottoressa Katz -  I sintomi emergono durante i periodi di relativa calma come questo. Tra coloro che cercano una cura ci sono tanti che hanno tentato, senza successo, di sopprimere questi sintomi durante la passata escalation."
I disturbi consistono in disordini nell'ansia che sviluppano successivamente in una dura prova che minaccia o addirittura danneggia la salute fisica e includono flashback e incubi, difficoltà ad addormentarsi, torpore e distaccamento, tutti elementi che influiscono negativamente sulle relazioni sociali e familiari e sul rendimento lavorativo.
La dottoressa Katz spiega che i pazienti in via di ripresa che sentono anche una sola volta l'allarme "Codice rosso" che avvisa i civili di scappare nei rifugi per un imminente (in quindici secondi) arrivo di missili, ritornano a mostrare i sintomi del trauma. Perché, in effetti, da gennaio le sirene hanno dato l'allarme quasi tutte le settimane (solo in aprile sono stati lanciati 23 razzi e tre colpi di mortaio). "Durante la guerra il mio staff ha scoperto un nuovo tipo di ansia sviluppatasi tra i residenti di Sderot che noi abbiamo definito ‘ ansia ottimista". Sebbene essi fossero spaventati dai missili, sperimentavano per la prima volta dopo anni, un senso di ottimismo, certi che le operazioni di difesa dell'esercito avrebbero portato alla fine del terrore.
Comunque i residenti di Sderot non credono che l'operazione di gennaio abbia ottenuto un cambiamento completo e duraturo, poiché è stata interrotta a metà. Infatti, siccome i missili hanno raggiunto altre città, Netivot, Ashdod e Beer Sheva, gli abitanti di Sderot si sentono meno sicuri. Molte famiglie hanno lasciato questo posto durante la guerra e sono andate nelle cittadine vicine che credevano fossero più sicure per scoprire poi che non lo erano affatto. Questa realtà rivelatasi durante la guerra ha causato ulteriore ansia tra i pazienti".
Oltre 5mila e 500 casi sono stati aperti nel Centro che ha uno staff di 4 consiglieri, da quando i palestinesi hanno cominciato a sparare missili, nel 2002. Oltre a queste cartelle aperte, altre 2500 sono attive con molti pazienti che cercano una cura definitiva.
La dottoressa Katz crede che ci siano molte vittime di queste sindromi post-traumatiche (PTSD) che non cercano aiuto. Molti residenti vengono perché mandati dal medico o da un esperto mentre sono pochi coloro che arrivano per iniziativa propria. Alla domanda del giornalista se la dottoressa ritiene che ci siano speranze per una pace duratura nella regione, risponde con un piccolo sorriso: "Non al momento purtroppo", mentre si accinge a salutare il suo prossimo paziente.

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