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Agenzia Radicale Rassegna Stampa
16.07.2007 Riflessioni sulla liberazione di Alan Johnston
e sulla prigionia di Gilad Shalit

Testata: Agenzia Radicale
Data: 16 luglio 2007
Pagina: 1
Autore: Elena Lattes
Titolo: «Fa riflettere la liberazione di Alan Johnston da parte dell'Esercito dell'Islam»
Da NUOVA AGENZIA RADICALE:

La vicenda del reporter della BBC Alan Johnston, contribuisce alla formulazione di alcune domande e diverse riflessioni sia sulle modalità del rapimento e del successivo rilascio, sia sulle varie denominazioni coinvolte.

Il giornalista è stato sequestrato dall’Esercito dell’Islam, lo stesso gruppo che, in collaborazione con le Brigate dei Martiri di Al Aqsa (queste ultime sul libro paga di Fatah) aveva rapito l’anno scorso Gilad Shalit.

C’è chi sostiene che l’Esercito sia di ispirazione qaedista, ma anche chi afferma che esso sia associato alle brigate Ezzedin Al Qassam le quali sono a loro volta sul libro paga di Hamas (anche nel forum Al Qassam che si rifà a quest’ultimo, il gruppo viene elogiato dagli iscritti più anziani: “sono nostri fratelli” e “non spargeremo sangue musulmano per un kafir [infedele] e crociato come Johnston”). Un membro del clan, inoltre, ha riferito al Jerusalem Post che Hamas ha approvato con loro un accordo in cinque punti nel quale l’Esercito dell’Islam è riconosciuto come “l’arma dei mujahiddin [santi guerrieri], contro gli Ebrei, i Crociati e gli apostati” e vieta alle due organizzazioni di attaccarsi l’un con l’altra.

Da queste premesse sembrerebbe che le varie denominazioni si scannino per il potere, ma quando si tratta di rapire stranieri o ammazzare gli israeliani vadano d’amore e d’accordo. Niente di nuovo per carità! Ma quella dicotomia tra il bianco e il nero, tra guelfi e ghibellini, tra il fondamentalista e il laico, tra l’estremista e il moderato, tra lo schietto e quello che pratica la Taqiya è molto lontana dalla realtà perché la situazione è ben più ingarbugliata di quanto si possa pensare. E tra il Fatah con i suoi vari bracci armati e la laicità (almeno per come la intendiamo noi, cioè qualcosa di indipendente e staccato dalla religione) ci corre un abisso, come anche la denominazione delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa (una delle moschee a Gerusalemme) sta a ricordarci.

La liberazione sembra sia avvenuta grazie all’intervento violento di Hamas: Haniyeh ha invitato Johnston a casa sua e i quotidiani li hanno fotografati insieme mentre festeggiavano con atteggiamento reciprocamente amichevole (ma poi, sempre per ritornare all’intreccio di prima, il reporter della BBC è corso a Ramallah a ringraziare anche Mahmud Abbas). Hamas, con questa operazione, sembra abbia voluto dimostrare il suo impegno nel riportare l’ordine a Gaza e per questo ha chiesto di essere riconosciuta come partito e cancellata dalle liste delle organizzazioni terroristiche. Se volesse perseguire seriamente questo scopo, tuttavia, dovrebbe quanto meno adoperarsi anche per il rilascio di Gilad Shalit, il quale, secondo Abu Mutfana, esponente dell’Esercito dell’Islam, è stato consegnato a Hamas, perché la sua organizzazione era “impegnata in altre cose”

E qui si ritorna al rapporto “collaborativo” delle diverse sigle che, però, non si esaurisce con questo. Per liberare il soldato israeliano, infatti, è stata chiesta la scarcerazione di palestinesi e la ripresa (a dir la verità mai interrotta, come già ampliamente documentato in precedenza) dei finanziamenti. Haniyeh aveva prima promesso di trattare la liberazione di Shalit, anche se le agevolazioni sarebbero state a favore di Fatah (i 250 palestinesi sarebbero, infatti, fedeli a quest’ultima organizzazione e i soldi andrebbero a Mahmoud Abbas e ai suoi seguaci. Ammesso che poi non vengano girati a Hamas come fu raccontato da diverse fonti qualche mese fa in occasione di altre elargizioni). Poi però sono scoppiate le scene di gelosia e a tutt’oggi non si sa bene se la scarcerazione di piccoli criminali non coinvolti in atti di terrorismo favorirà o meno la liberazione di Shalit.

Allora verrebbe da chiedersi: come mai Hanyieh dopo aver liberato Johnston con la forza (ma non avevano minacciato, con un video, che se ci fosse stato anche un solo tentativo coercitivo, l’ostaggio sarebbe saltato in aria con una cintura esplosiva?), non si prodiga anche per Shalit e inizialmente si dichiara anche d’accordo a trattare solo dopo che Israele ha accontentato Fatah? E se è vero, come è stato detto, che la Siria ha fatto pressioni per la liberazione del reporter, vuol dire che essa influenza non solo gli Hezbollah, ma anche Hamas e/o le altre organizzazioni? A confermare la tesi di forti connessioni tra le varie organizzazioni pare ci siano anche le dichiarazioni, ancora nebulose, di Pollari sull’intermediazione italiana tra Iran (e Siria?) e Israele per la liberazione dei tre ostaggi.

Altra questione il diverso trattamento per i rapiti e i rapitori. Per la Sgrena e l’Aubenas si sono appese gigantografie in Campidoglio (e poi anche per Padre Bossi a Milano). Per Mastrogiacomo si è organizzata una manifestazione. Per Johnston e per Shalit (ma neanche per gli altri due soldati rapiti al confine con il Libano, Ehud Goldwasser e Eldad Regev), almeno in Italia, le istituzioni non hanno preso provvedimenti altrettanto plateali e popolari. Come mai? Dipende dalla nazionalità dei rapitori (guai a far credere che i palestinesi siano dei criminali. Anche quando linciano, massacrano o usano i bambini come carne da macello è sempre colpa degli israeliani, mica loro) o dei rapiti (italiani e francesi sì, inglesi, anche se amici dei fondamentalisti, come lo è Johnston) e israeliani no?

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