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Informazione Corretta Rassegna Stampa
15.03.2024 Risparmiare civili innocenti, ma solo quando si tratta di palestinesi?
Commento di Michelle Mazel

Testata: Informazione Corretta
Data: 15 marzo 2024
Pagina: 1
Autore: Michelle Mazel
Titolo: «Risparmiare civili innocenti, ma solo quando si tratta di palestinesi?»

Risparmiare civili innocenti, ma solo quando si tratta di palestinesi?
Commento di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
https://israel247.org/epargner-les-civils-innocents-uniquement-lorsquil-sagit-de-palestiniens-69537.html

Hamas usa la popolazione di Gaza come scudo. Il suo obiettivo è vincere o morire (e far morire) da martire. La pressione su Israele affinché risparmi le vite dei civili palestinesi è unica nella storia di tutte le guerre

Quest'anno la cerimonia degli Oscar ha incoronato un documentario dedicato a Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Nel 1945, gli Stati Uniti l’avevano utilizzata per annientare Hiroshima e Nagasaki. Il bilancio fu di 400.000 morti, soprattutto civili. Cosa volete, dal punto di vista di Washington, era imperativo porre fine alla guerra e salvare vite umane, vite americane, naturalmente. La decisione fu presa dal presidente democratico Harry Truman che in seguito scrisse: “Sapevo cosa stavo facendo, quando ho fermato la guerra... Io non ho alcun rimpianto e, nelle stesse circostanze, lo rifarei.” Fu rieletto nel 1948. C'è lì, portata alle estreme conseguenze, una verità evidente. La maggior parte degli Stati si preoccupa principalmente dei propri cittadini, che difende con ogni mezzo. Sono finiti i giorni in cui una battaglia campale tra  prodi cavalieri del genere “Signori inglesi, sparate voi per primi” decideva il destino dei conflitti. La guerra devasta città e villaggi e uccide civili innocenti, a volte deliberatamente, durante scontri etnici – 800.000 nel 1994 in Ruanda – o religiosi, soprattutto jihadisti.
La guerra sta sradicando milioni di persone, oggi in Sudan ben 8 milioni. Attualmente, il 90% delle persone che affrontano livelli di emergenza di fame in Sudan sono bloccate in aree in gran parte inaccessibili all’assistenza umanitaria. In Europa, Stati Uniti, Canada e nemmeno in Australia non  si segnalano notizie di vaste manifestazioni a sostegno di queste popolazioni in pericolo. Invece il presidente americano esprime preoccupazione per la situazione nella Striscia di Gaza, e più precisamente a Rafah, nella regione al confine con l'Egitto, dove l'esercito israeliano si prepara ad intervenire. Recentemente aveva affermato che “troppi, troppi palestinesi tra i 27.000 uccisi in questo conflitto erano dei civili innocenti, tra cui migliaia di bambini.” Sappiamo che l’amministrazione americana prende per oro colato le statistiche fornite dal Ministero della Sanità di Gaza, sebbene siano  da valutare con cautela. “Non è possibile”, ha appena dichiarato Joe Biden, ammonendo Israele, “che altri 30.000 palestinesi muoiano in questo intervento.” Da dove viene questa stima? Lo ignoriamo.
Hamas, da parte sua, difficilmente cerca di negoziare. Conosciamo il suo motto: “Combattere fino alla vittoria o morire da martire.” Lui continua a lanciare i suoi missili contro lo Stato ebraico e a incitare gli arabi israeliani alla violenza. Il governo israeliano e lo Stato Maggiore dell'Esercito, dal canto loro, ritengono che intervenire a Rafah sia essenziale. Non si tratta solo di liberare gli ostaggi, tuttora detenuti in condizioni disumane sin dal pogrom del 7 ottobre. Bisogna soprattutto eliminare le ultime quattro divisioni di Hamas, per garantire che questa organizzazione terroristica non possa mai più seminare terrore e morte tra dei civili innocenti in Israele.

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Michelle Mazel


takinut3@gmail.com

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