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Informazione Corretta Rassegna Stampa
05.07.2023 Cosa significa il termine “status quo”? - parte 2
Analisi di David Elber

Testata: Informazione Corretta
Data: 05 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: David Elber
Titolo: «Cosa significa il termine “status quo”? - parte 2»
Cosa significa il termine “status quo”? - parte 2
Analisi di David Elber


Gerusalemme divisa | ISPI

Con l’istituzione del Mandato per la Palestina, affidato alla Gran Bretagna, una grande importanza fu assegnata alla questioni religiose di tutte le fedi presenti sul territorio. Infatti, ben quattro articoli del Mandato (il 13, 14, 15 e 16) furono riservati ai diritti religiosi e alla custodia di tutti i luoghi sacri alle tre religioni monoteiste, tutte e tre poste sullo stesso piano dei diritti (almeno teoricamente nello Statuto). In particolare nei riguardi dei luoghi sacri islamici si ribadiva la loro completa gestione da parte delle autorità religiose islamiche, anche se, non si specificava chi fosse l’autorità incaricata alla loro gestione (articolo 13). In nessun articolo del Mandato è presente uno specifico riferimento alla status quo istituito con il Trattato di Berlino. E’ ben ribadita, invece, la questione del pieni diritti religiosi di tutti e del libero accesso a tutti i luoghi di culto. Grave colpa, delle autorità britanniche, fu la nomina a Gran Muftì di Gerusalemme di Amin Al-Husseini e della conseguente radicalizzazione a scopo politico della religione islamica. Così a partire dalla fine degli anni Venti in avanti, la questione dei luoghi santi diventò sempre più intrisa di contenuti politici. All’aumentare del radicalismo islamico le autorità britanniche reagirono riducendo i diritti degli ebrei al libero accesso ai loro luoghi santi quando questi coincidevano con quelli islamici o erano in prossimità di quest’ultimi.

Successivamente, con l’occupazione illegale giordana di Gerusalemme e di Giudea e Samaria, si raggiunse il punto più basso: agli ebrei, oltre che essere stati vittime di pulizia etnica, fu negato l’accesso a tutti i luoghi sacri in mano ai giordani nonostante ciò fosse in violazione dal diritto internazionale. Nessuna pressione internazionale fu mai fatta nei confronti del governo giordano affinché cessasse la palese e illegale discriminazione nei confronti degli ebrei.
Anche la vita della popolazione cristiana peggiorò e retrocedette al periodo ottomano. Un altro importante cambiamento apportato dalle autorità giordane fu il diretto controllo del Waqf islamico che da questo momento finì direttamente sotto l’egida della monarchia hashemita.

Per tutto il periodo di occupazione illegale giordana – 19 anni – lo “status quo” fu peggio di quello ottomano. Infatti, esso consisteva in alcune libertà gestionali dei Luoghi Santi cristiani da parte delle locali autorità cristiane nei rispettivi luoghi sacri, mentre per gli ebrei non c’era neanche la possibilità di accedere ai luoghi sacri in palese violazione dei più elementari diritti umani e religiosi. Va qui fatta una annotazione: durante tutto il periodo di occupazione giordana, la moschea di Al-Aqsa era ancora e solamente la moschea stessa e non tutto il complesso di al-Haram al-Sharif, come i musulmani identificano l’intero complesso del Monte del Tempio, e come vogliono fare credere da venti anni a questa parte. Ma torneremo più avanti su questo punto.

Quando, nel 1967, Israele riuscì a riprendere il controllo di Gerusalemme, si affrettò a ripristinare il pieno rispetto della parità dei diritti di tutte le confessioni religiose insieme al libero accesso di ognuno ai rispettivi luoghi santi. Inoltre, per cercare una riappacificazione con la Giordania e con tutto il mondo islamico, decise di lasciare la custodia e la gestione dei luoghi sacri islamici al Waqf ormai diventato giordano. Questo atteggiamento di appeasement non ha mai portato a nessun miglioramento delle relazioni con il mondo musulmano, di contro sono aumenti i problemi di ordine pubblico a causa del radicalismo islamico. L’accordo non scritto tra Israele e la casa regnante hashemita, è stato poi ufficializzato con il trattato di pace tra Israele e Giordania del 1994, nel quale, all’Articolo 9 si legge: «1. Ciascuna parte garantirà la libertà di accesso a luoghi di importanza religiosa e storica. 2. A questo proposito, in conformità con la Dichiarazione di Washington, Israele rispetta l’attuale ruolo speciale del Regno Hascemita di Giordania nei santuari musulmani di Gerusalemme. Quando avranno luogo i negoziati sullo status permanente, Israele darà la massima priorità al ruolo storico giordano in questi santuari. 3. Le Parti agiranno insieme per promuovere le relazioni interreligiose tra le tre religioni monoteiste, con l’obiettivo di lavorare per la comprensione religiosa, l’impegno morale, la libertà di culto religioso, la tolleranza e la pace».

Come appare evidente, nessun accenno allo status quo è presente nel testo dell’articolo e questo per ovvie ragioni: i luoghi sacri musulmani non hanno mai fatto parte delle regole (molto vaghe) relative allo status quo. A questo bisogna aggiungere che il testo dell’Articolo 9 fa riferimento solo al “ruolo speciale del Regno hashemita nei santuari musulmani di Gerusalemme”. Questo ruolo non ha carattere di sovranità come vogliono far credere i giordani e molti pseudo-esperti, ma si limita (volendo essere generosi) alla gestione dei luoghi sacri islamici tramite il Waqf. Il ruolo speciale della Giordania è riconosciuto anche dalla Lega araba, dalla UE, dagli USA e dall’ONU. Ma questo riconoscimento non gli da maggiori poteri di quelli che Israele ha deciso di concedergli.
L’accordo pattuito tra le autorità israeliane e il Waqf, anche se non formalizzato nel trattato di pace con la Giordania, prevede il libero accesso al Monte del Tempio a tutti i non musulmani in orari e giorni concordati, mentre per i musulmani non ci sono limitazioni di sorta. Inoltre, ai non musulmani è proibito portare oggetti religiosi e pregare sulla spianata, cosa concessa ai musulmani.

Come accennato in precedenza, è molto importante capire anche quali sono i luoghi sacri musulmani a Gerusalemme. Questo perché i Luoghi Santi islamici sono ridiventati, soprattutto a partire dal 2000 con lo scoppio della Seconda intifada, un vero e proprio strumento politico. Da quel momento tutto il complesso al-Haram al-Sharif ha coinciso con la moschea al-Aqsa. Tale fabbricazione di Arafat e dei suoi accoliti, fu volta a creare un contenzioso del tutto pretestuoso: fu infatti la “giustificazione” del rifiuto di Arafat alla proposta di Ehud Barak, quando il premier israeliano propose la divisione di Gerusalemme all’interno della più ampia cornice di un accordo di pace nel 2000. La proposta di Barak prevedeva, infatti, che gli ebrei mantenessero il controllo del Kotel mentre tutta la restante parte del Monte del Tempio diventasse di piena sovranità palestinese. Gli arabi risposero facendo coincidere al-Haram al-Sharif con la moschea al-Aqsa, includendovi inevitabilmente anche il Kotel, quindi dal loro punto di vista la cosa non era negoziabile e la proposta fu rigettata. A questo va aggiunto che nel 2015 l’UNESCO, e l’Assemblea Generale nel 2016, si prestarono a questo gioco per motivi politici, sancendo di fatto con proprie risoluzioni, questa tesi che non ha nessun riscontro né storico né religioso.
In pratica, oggi, il Waqf musulmano, assieme al re di Giordania e l’Autorità Palestinese, purtroppo con l’avvallo internazionale, hanno creato una nuova realtà, secondo la quale, lo “status quo” può variare in base ai loro ondivaghi desideri; e che vede lo spazio più sacro all’ebraismo diventare un luogo di culto esclusivamente musulmano. Nel fare questo, non si fanno scrupolo di utilizzare l’argomento dello status quo, che per giunta non ha nulla a che fare con i luoghi sacri islamici, per deformare il diritto internazionale a proprio piacimento e per riscrivere la storia a scopo politico. Tutto questo con il pieno appoggio delle cancellerie mondiali – ad iniziare dal Dipartimento di Stato americano – e dei mass media sempre pronti ad accusare Israele di qualsivoglia violazione. Ma chi, nei fatti, ha costantemente violato gli accordi raggiunti in passato?

Per prima cosa abbiamo illustrato perché lo status quo non ha nulla a che fare con la questione legata al Monte del tempio ma solo con i luoghi di culto cristiani. Per questo motivo chi parla di una sua violazione in merito al contenzioso tra ebrei e musulmani afferma il falso. In merito al Monte del Tempio, si deve parlare, esclusivamente, di accordo tra Israele e l’autorità religiosa islamica (Waqf) e la Giordania. Chi ha costantemente violato tutti gli accordi raggiunti sono state le autorità religiose islamiche. Come? Edificando moschee abusive, sono almeno due a partire dagli anni ’90 per un totale di quattro dal ‘67, distruggendo sistematicamente tutti i reperti archeologici di origine ebraica, non rispettando quanto pattuito in merito agli ingressi dei non musulmani al Monte del Tempio, aggredendo gli ebrei in preghiera al Kotel o i pellegrini arabi emiratini in visita accusandoli di tradimento della causa araba.
In conclusione, gli arabi stanno cercando, nuovamente, di mantenere gli ebrei in una posizione subordinata nel loro luogo più sacro al mondo adducendo falsamente “al mantenimento dello status quo” che nella realtà è un concetto antiquato, immorale, non rispettoso dei più elementari diritti civili e religiosi, contrario a tutte le leggi internazionali e completamente privo di consistenza storica.

David Elber - Progetto Dreyfus Archivio | Progetto Dreyfus
David Elber

takinut3@gmail.com

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