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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.07.2018 Parigi, 1980: La strage di Rue Copernic, il primo attacco anti ebraico del dopoguerra
La pista pista nera troppo comoda

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 luglio 2018
Pagina: 1
Autore: Hervé Nathan
Titolo: «La falsa pista nera»

La falsa pista nera
Analisi di Hervé Nathan

( da Marianne, 13-19 luglio 2018, Traduzione di Yehudit Weisz)

Risultati immagini per paris 1980 rue copernic

Il 3 ottobre 1980, la Francia aveva subìto il suo primo attacco antisemita dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il responsabile sarebbe stato poi  identificato tra i ranghi dell'estrema destra. Anche se, fin da subito, i sospetti erano stati puntati su un'organizzazione palestinese.
Dell’attentato in Rue Copernic, in quella strada tranquilla dell’esclusivo XVImo arrondissement di Parigi, resta solo una targa con su scritto semplicemente: "Alla memoria di Jean-Michel Barbe, Philippe Bouissou, Hilario Lopez-Fernandez, Aliza Shagrir uccisi nell’odioso attacco perpetrato contro questa sinagoga il 3 ottobre 1980"
Questi quattro nomi sono quelli dei passanti che, se non si fossero trovati in quel luogo, in quel giorno, alle ore18 e 38 minuti, sarebbero rimasti anonimi.
La bomba con 10 kg di pentrite che era esplosa a quell’ora, aveva sparso ovunque i vetri delle finestre e delle vetrine dei negozi per decine di metri, scaraventato le macchine parcheggiate e ferito altre 46 persone.
Philippe Bouissou (22 anni) era in sella a una moto. Aliza Shagrir (42 anni), conduttrice televisiva israeliana, era in vacanza. Hilario Lopez-Fernandez era un portiere dell'Hotel Victor Hugo e Jean-Michel Barbé, di professione autista, stava aspettando i suoi datori di lavoro che stavano assistendo al culto in sinagoga.

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Appunto, la sinagoga! Il Tempio dell’Unione Liberale Israelita, una congregazione di ebrei progressisti che vogliono mescolare con gioia la loro fede e l'integrazione nella società (vi si poteva incontrare Simone Veil, Bernard-Henri Lévy, Robert Badinter), è stato chiaramente l'obiettivo dell’attacco. Quel venerdì, 323 persone partecipavano al bat mitzvà di due ragazze oltre che alla Simchat Torah, "la gioia della Legge", che celebra il dono che Dio fece dando le Tavole della Legge agli ebrei nel deserto del Sinai…
“Questa bomba non è un prodotto artigianale” Uno dei fedeli dirà che si era chiesto innanzitutto perché "pioveva nella sinagoga", prima di capire che la vetrata del lucernario era appena crollata su di lui e sui suoi correligionari.
La porta di quercia era stata spazzata via, migliaia di frammenti di vetro erano altrettante lame che ferivano i fedeli. La luce si era spenta. Fuori, dove giacciono i morti e i feriti più gravi, c’è uno spettacolo di caos e desolazione.
Non è difficile immaginare lo spaventoso massacro che ci sarebbe stato se l’ordigno fosse esploso al momento dell’uscita dei fedeli.

Mezz’ora più tardi, in mezzo alle operazioni di soccorso, il Ministro degli Interni, Christian Bonnet, incontra i responsabili della polizia, tra cui il Prefetto e il Capo della Polizia Giudiziaria, il famoso Commissario Marcel Leclerc. Jean Paolini, il Direttore del gabinetto del Ministro, bisbiglia all’orecchio di Bonnet: “Questa bomba, Signor Ministro, non è un prodotto artigianale".
I rappresentanti della Comunità Ebraica sono sul luogo, ma sono arrivati anche numerosi uomini politici.  E' successo qualcosa di molto grave: la Francia ha subìto il suo primo attentato antisemita dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Perché dopo la fine dell’occupazione tedesca, mai un luogo di culto israelita, aveva subìto la violenza dei terroristi. Sconvolto, il Rabbino Michael Williams, d’origine inglese, grida: ”E’ una vergogna per la Francia. Francesi, fate qualcosa contro questi assassini!”

L’ignavia dell’Eliseo
Gli assassini? Un’ora dopo il tragico evento, si vocifera che non può che essere stata opera dell’estrema destra. “Il fascismo non passerà!” urlano alcuni. Altri, che hanno riconosciuto il Ministro degli Interni, lo apostrofano: ”Si occupi lei dell’estrema destra!” e aggiungono “Quel che è successo è avvenuto per colpa sua!”. Quella stessa sera, migliaia di persone si riversano nei Champs-Elysées. “Il Ministro degli Interni reagisce come se fosse un giovane ebreo. Vi prego, giovani israeliti, non provocate l’escalation della tensione.”

Ma non ha alcun sostegno dai suoi capi; il Presidente della Repubblica è irreperibile. L’Eliseo è vuoto, poiché Valéry Giscard d’Estaing in quel momento è a una partita di caccia in Alsazia. Crede che un semplice comunicato di condanna per “l’odioso attentato”, sarà sufficiente per far conoscere il pensiero del Capo dello Stato all’opinione pubblica.
Al contrario, il Primo Ministro Raymond Barre coglie immediatamente la dimensione dell’evento e si dimostra molto più reattivo. Appena arrivato nel suo feudo lionese, prende il primo treno e rientra a Parigi. Ma, intervistato sulla soglia dell’Hotel Matignon, perde il controllo nell’esprimersi: “Torno da Lione pieno d’indignazione per questo odioso attentato che voleva colpire gli ebrei che presenziavano al culto in questa sinagoga e che ha colpito dei francesi innocenti mentre attraversavano la Rue Copernic.”
Fino alla fine dei suoi giorni Raymond Barre si dovrà difendere per aver voluto distinguere gli ebrei dagli altri francesi.

L’ignavia dell’uno e l’espressione infelice dell’altro, fanno crescere i sospetti di una connivenza tra la destra al potere e i terroristi d’estrema destra.
Sabato 4 ottobre, il Comitato di collegamento degli studenti sionisti socialisti manifesta a Parigi al grido di “Bonnet, Giscard, complici degli assassini!”.
Martedì 7 ottobre un imponente corteo di circa 200.000 persone, sfila tra Place de la Nation e Place de la République. “Alt al fascismo, alt al razzismo!” è scritto sugli striscioni. In via eccezionale l’Assemblea nazionale ha sospeso i lavori. Decine di deputati marciano insieme nel corteo, indossando le loro sciarpe tricolori, dando l’immagine vivente di una nazione unita contro il ritorno della bestia immonda.
La stampa ha messo in rilievo che un’ora dopo l’attentato un uomo ha telefonato all’Agence France-Presse per rivendicare l’attentato a nome dei Fasci Nazionalisti Europei, dietro cui si nasconde la FANE ( Federazione d’Azione Nazionale ed Europea), sciolta due mesi prima dal governo.
L’azione dei neonazisti è ancora più credibile poiché poco prima avevano perpetrato due massacri, a Bologna in Italia e a Monaco in Germania.

Successione di ipotesi In quell’anno 1980, il clima intellettuale era nauseabondo in quanto solo due anni prima, il negazionista Robert Faurisson aveva pubblicato su Le Monde la sua contestazione sull’esistenza delle camere a gas. Inoltre, la polizia aveva appena arrestato i colpevoli delle violenze e degli attacchi antisemiti che nel 1980 sono in piena espansione, con 235 episodi di cui 75 sono attentati più o meno gravi. Il servizio di intelligence della polizia francese (Renseignements Généraux), molto attivo nell’infiltrarsi tra le fila della sinistra e dell’estrema sinistra (all’epoca l’RG sorvegliava persino i partiti legittimi) viene sospettato di proteggere militanti dell’estrema destra.
Lo stesso Commissario Leclerc è accusato di non procedere con tempestività ed accuratezza nelle indagini sugli episodi di violenza antisemita. “Si vorrebbe regolare i conti a spese della polizia” insorge il Commissario. Il Segretario Generale della CFDT (la Confederazione Francese Sindacale del Lavoro, n.d.t. ), Edmond Maire, punta su “gli assassini fascisti”, chiede pubblicamente a Christian Bonnet “di arrestare i responsabili dell’attentato della Rue Copernic, qualunque sia la loro appartenenza politica, perché noi siamo convinti che ci siano delle importanti infiltrazioni dell’estrema destra nella polizia e nell’amministrazione”.
“La lotta contro il terrorismo non si sarebbe mai dovuta accontentare di combattere l’estremismo di sinistra al punto di trascurare l’estremismo di destra”, così scrive Jacques Fauvet, il direttore di Le Monde.
Con delle sfumature, La Croix, Le Nouvel Observateur, Le Parisien libéré, Le Figaro, o ancora Raymond Aron ritengono che i colpevoli siano per forza estremisti di destra, anche se Alain de Benoist, alla guida della rivista GRECE, all’epoca il think tank dell’estrema destra, condanna “l’immondo attentato”.

Sette mesi prima delle elezioni presidenziali che lo vedranno affrontare Giscard, François Mitterand gioca fino in fondo questa carta della collusione. Il 4 ottobre si reca alla manifestazione davanti alla sinagoga di Rue Copernic. Simone Veil , anche lei presente, deplora da parte sua “la relativa prudenza del governo”, governo di cui lei stessa fa parte.
All’Assemblea nazionale, il deputato della Nièvre rigira il coltello nella piaga: “Le vittime, rivolgendosi a Christian Bonnet, hanno l’impressione di non essere sotto la vostra tutela…”. Jean-Pierre Chevènement denuncia su Le Monde la “vera e propria osmosi che si è creata tra una parte giscardiana del personale dirigente e l’estrema destra…”
Per delle settimane le ipotesi continuano a succedersi, talvolta appaiono grossi titoli sui giornali che creano reazioni sensazionali nell’opinione pubblica. Le Parisien libéré riferisce che dietro al misterioso motociclista si è visto Carlos. Jean-Marie Le Pen punta il dito sul “KGB”, senza contare i servizi del libico Gheddafi, e le spie del Mossad!
Nel novembre del 1981 dei poliziotti sindacalisti denunceranno ancora uno spagnolo, simpatizzante della FANE.

Eppure in brevissimo tempo il governo e la stampa israeliani avevano puntato il dito sulle organizzazioni palestinesi più radicali, che insanguinano l’Europa a partire dai Giochi Olimpici del 1972 a Monaco. Ma il governo non può fare dichiarazioni pubbliche perché Valéry Giscard d’Estaing ha impegnato la Francia in una politica fermamente pro-araba. Raymond Barre ha firmato un decreto che legittima la partecipazione delle imprese francesi al boicottaggio orchestrato dalla Lega araba contro Israele. Il Quai d’Orsay riceve l’OLP e sostiene ” i diritti legittimi del popolo palestinese ”. Per evitare di offendere Yasser Arafat, la Francia ha persino permesso di nascondersi in Algeria a un terrorista ricercato non solo da Israele ma anche dalla Germania Federale, perché coinvolto nella sanguinosa presa di ostaggi a Monaco nel 1972.
Ammettere che la Francia, sostegno dei palestinesi e amica dei regimi “progressisti” arabi, come l’Iraq e a Siria, potesse essere l’obiettivo di un commando proveniente da quel fronte è politicamente delicato.

Ufficialmente tutta la Francia dà la caccia ai neonazisti, anche quando le indagini della polizia scientifica cominciano a “far parlare” non solo di un preciso esplosivo, ma anche i resti della motocicletta su cui era appoggiata la bomba, per finire con la segnalazione di un uomo con i baffi, di nome Alexandre Panadriyu, entrato in Francia con un falso passaporto cipriota.
Anche quando a novembre, il BKA tedesco (Agenzia di intelligence, n.d.t.) invia la documentazione su un commando di 5 persone arrivate dal Libano.

Chiarimenti insufficienti
Nel maggio del 1981, la sinistra trionfa non soltanto alle elezioni presidenziali ma anche alle legislative. Il nuovo Ministro dell’Interno si chiama Gaston Defferre, che sa benissimo, se vuole avere il controllo sui suoi poliziotti, tutti reclutati dalla destra da oltre 15 anni, è necessario metterli sotto pressione. Jean-Pierre Pochon, Commissario dell’intelligence, specializzato nella caccia agli estremisti, soprattutto ai baschi e ad Action directe, racconta che dopo il 10 giugno, il Direttore Centrale dei Renseignements Généraux, lo apostrofa davanti alla sua équipe: “Da oggi abbiamo delle nuove priorità che sono le seguenti: la lotta contro l’estrema destra e l’antisemitismo. Vi esorto a seguire rapidamente queste linee guida…”
In realtà il nuovo potere voleva ottenere la pace, e negoziava contemporaneamente con i gruppi terroristici, soprattutto con le Brigate rosse italiane, l’Asala armena, e l’Action directe francese, proponendo asilo politico e amnistia in cambio dell’impegno di cessare gli scontri.
Ma alla fine del mese di novembre, per quel che concerne l’affaire Copernic, la pista nera svanisce: l’autore della telefonata all’AFP, un certo Jean-Yves Pellay, dei Fasci nazionalisti europei, ammette di aver dichiarato il falso.
Le sue spiegazioni sono più che confuse: si sarebbe infiltrato nei Fasci sia per conto di un’organizzazione ebraica, sia per una delle autorità francesi… Ma la pista che porta al gruppuscolo del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina-commando speciale- e ad un certo Hassan Diab, rimarrà ferma per anni, perché in Libano infuria la Guerra civile.

Un processo? Quando?
La Corte d’Appello di Parigi ha rinviato al 28 settembre l’esame del caso Hassan Diab. Quest’uomo di 64 anni, era stato estradato dal Canada dove insegnava, su richiesta della giustizia francese. Professore di sociologia, afferma di essere stato vittima di furto del suo passaporto e dunque di un errore giudiziario. I giudici avevano finito per pronunciarsi per un non luogo a procedere, e Hassan Diab è stato messo in libertà dopo tre anni di detenzione… I giudici d’appello hanno rinviato la decisione prevista per luglio, al fine di poter esaminare nuove informazioni trasmesse in seguito dalla Grecia.
Il mese prossimo dunque sapremo se un giorno avrà luogo oppure  no, un "processo Copernic".


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