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Informazione Corretta Rassegna Stampa
16.07.2016 Massacro islamico a Nizza: è solo l'inizio della guerra, quando cominceremo a combattere sul serio?
Analisi di Valentina Colombo

Testata: Informazione Corretta
Data: 16 luglio 2016
Pagina: 1
Autore: Valentina Colombo
Titolo: «Massacro islamico a Nizza: è solo l'inizio della guerra, quando cominceremo a combattere sul serio?»

Massacro islamico a Nizza: è solo l'inizio della guerra, quando cominceremo a combattere sul serio?
Commento di Valentina Colombo

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Alcune delle vittime giacciono sul lungomare di Nizza

Nizza, 14 luglio. La festa nazionale diventa lutto nazionale. Un messaggio chiaro da parte dello Stato islamico che, come si legge su un account Twitter di un suo simpatizzante, vorrebbe che le luci della Tour Eiffel, in segno di lutto, segnassero l’avvio dell’epoca delle tenebre per la Francia che continua a essere l’obiettivo principale dello Stato islamico in Occidente. Il cocktail esplosivo di laicità di Stato, passato coloniale, foreign fighters locali, radicalizzazione di cittadini francesi originari da paesi, come la Tunisia, che hanno regalato all’ISIS migliaia di combattenti, il fatto che l’attentato di Nizza sia avvenuto a poca distanza dall’uccisione a Mossul di Omar al-Shishani, uno degli uomini più fidati del califfo al Baghdadi, nonché uno dei suoi capi militari più brillanti, conferma altresì che la macchina diabolica del franchising dello Stato islamico può agire in ogni istante e soprattutto dare segnali di vita, che si tramutano in morte, nel momento in cui si trova in difficoltà nei territori centrali.

La tempistica di Nizza rispetto all’uccisione di al-Shishani ricorda quella dell’attentato all’aeroporto di Zaventem dopo la cattura di Salah Abdeslam. La modalità dell’azione è invece diversa e indica una nuova strategia più efficace e meno intercettabile. D’altronde di recente Patrick Calvar, il direttore dei servizi segreti francesi (DGSI), durante un’audizione a porte chiuse davanti all'Assemblea nazionale, si era detto "persuaso" che i jihadisti "passeranno alla fase della autobomba", per lo meno in Francia e che "finiranno per lanciare dei commando la cui missione consisterà nell'organizzare campagne terroristiche senza necessariamente andare all'assalto con lo scopo di fare strage. Per fare questo, servono artificieri e l'organizzazione di una logistica, l'installazione sul nostro territorio, l'acquisizione di tutti i prodotti. Possono, invece, fabbricare bombe in modo artigianale, comprando nitrato di ammonio per esempio."

Se alle dichiarazioni di Calvar si aggiunge la notizia, che risale al luglio 2015, dell’allarme in Francia per il furto di una serie di esplosivi, 180 detonatori e circa 40 granate, alla base dell'esercito nel Sud della Francia, a Miramas - nei pressi di Marsiglia e quindi a meno di duecento chilometri da Nizza – quanto accaduto sulla celebre Promenade des Anglais sembra una cronaca di un attacco annunciato. Inoltre, l’attentatore franco-tunisino sulla trentina pare fosse un soggetto sotto osservazione e ciononostante qualche giorno fa sarebbe riuscito a noleggiare il camion in zona. E’ lecito quindi domandarsi se l’attentato di Nizza poteva essere evitato. Purtroppo, come già osservato dai tragici eventi di Charlie Hebdo, del supermercato kosher e del Bataclan, la Francia si trova ad affrontare una situazione che si può definire ingestibile poiché il numero dei cittadini francesi radicalizzati è molto elevato al pari del numero dei cittadini e non sotto osservazione.

Quanto accaduto in Francia conferma come in una situazione degenerata a livello sociale possa diventare incontrollabile anche da parte di servizi segreti efficienti e allertati, quanto accaduto in Francia dovrebbe servire da monito per paesi come l’Italia – tra l’altro a pochi chilometri da Nizza – che dovrebbero cercare con ogni mezzo di arginare la radicalizzazione dei soggetti sul territorio e operare con fermezza nei confronti di chiunque dimostrasse vicinanza non solo allo Stato Islamico, ma a ogni ideologia che giustifica la violenza in nome del jihad e/o della resistenza. Sempre Calvar, nel corso dell’audizione del 10 marzo 2016 presso la Commissione della difesa nazionale e delle forze armate, ha dichiarato che “gli estremismi sono in aumento ovunque e anche noi, noi servizi interni, stiamo spostando alcune risorse per occuparci dell'estrema destra che non attende che il confronto […] che avrà luogo. Ancora uno o due attentati e accadrà. Spetta a noi anticipare e bloccare tutti quei gruppi che vorrebbero, da un momento all'altro, innescare scontri inter-comunitari”.

I timori espressi da Calvar riguardo alla possibilità di una “guerra civile” sul territorio dell’esagono a seguito dell’inasprirsi e l’esacerbarsi di frizioni sociali potrebbero avverarsi, seppur con sfumature e dinamiche diverse, e diffondersi anche in altri paesi occidentali. In quest’ottica, l’attentato di Nizza dovrebbe portare l’Europa a una politica volta a eliminare non solo gli hotbeds geografici del terrorismo, ma anche, e soprattutto, a prosciugare gli hotbeds ideologici che hanno contribuito ad alimentare le menti di molti giovani musulmani. Si dovrebbe avviare una politica di prevenzione della radicalizzazione partendo dal presupposto che, volenti o nolenti, il paradigma degli attentati contemporanei è rappresentato dagli attentati suicidi e non in Israele, dall’ideologia promossa da Hezbollah e dai principali predicatori della Fratellanza Musulmana che ha giustificato il ricorso della violenza in caso di resistenza.

D’ora in poi nessun predicatore, nessun politico dovrebbe giustificare il ricorso alla violenza di Hamas in Israele, perché così facendo giustificherebbe indirettamente quel concetto di resistenza all’occupante, al tiranno di turno che lo Stato Islamico applica a ogni suo nemico, a partire dalla Francia, e che domani potrebbe attaccare chiunque di noi. Il relativismo del ricorso alla violenza, il jihad à la carte non devono più essere accettati, devono essere perseguiti in modo tale da avviare il primo gradino della nuova guerra all’ideologia dell’estremismo islamico.

Di conseguenza ai gestori dei luoghi di culto, alle organizzazioni islamiche sul territorio europeo non basterà chiedere di parlare la lingua locale, ma bisognerà esigere una sincera e responsabile presa di distanza dal jihad, dagli attentati suicidi, da Hamas, dall’antisionismo che giustifica la resistenza e da quelle istituzioni, attive in Europa, che sono dirette e gestite da predicatori che hanno giustificato e giustificano gli attentati in Israele, in Siria e in Egitto, che trasformano ogni condanna del terrorismo in un’accusa di islamofobia nei confronti dell’Occidente a partire dall’European Council for Fatwa and Research con sede a Dublino, presieduto da Yusuf Qaradawi che dagli schermi di Al Jazeera e dai pulpiti di Doha, e non solo, ha iniettato d’odio più di una generazione di musulmani. Le istituzioni devono comprendere che se gli attacchi a Parigi, a Nizza, a Bruxelles, a Dacca, a Medina, a Baghdad, a Tunisi hanno il “marchio dello Stato Islamico” il bacino ideologico cui attingono gli attentatori è ben più ampio.

D’altronde è stata la rivista Inspire di Al Qaeda a “ispirare” il metodo utilizzato a Nizza, d’altronde è stato Hamas a perfezionare la strategia dell’attentato suicida e i predicatori della Fratellanza a elaborarne le giustificazioni teologiche – incluso il ricorso a donne attentatrici e l’uccisione di civili. Nizza non sarà l’ultimo attentato, ma è nostra responsabilità fare in modo che le tenebre non ricoprano la Francia, l’Europa e il mondo così come auspicato dallo Stato islamico. E lo si potrà fare solo andando alla radice del problema ideologico-teologico-politico.

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Valentina Colombo


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