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Ritratto di Rashed al-Gannouchi, il pericolo più grande per il futuro della Tunisia
“Siccome il termine islam politico è stato preso in ostaggio dal terrorismo di Al Qaeda e di Daesh, noi abbiamo il dovere di distinguerci da questi criminali. Per Daesh la democrazia è haram, vietata. Per noi è necessaria.” Con questa dichiarazione si apre l’intervista a Rached al-Ghannouchi, leader del partito politico tunisino Ennahdha, pubblicata sul numero 26 (anno LXII, 30 giugno 2016) e firmata da Francesca Mannocchi, ecco il link per leggerla:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=120&id=62847 .
Se a questa dichiarazione si aggiunge quella di Yusuf Qaradawi, teologo della Fratellanza molto vicino a Ghannouchi, che nel volume Min fiqh al-dawla fi al-islam (“Della giurisprudenza dello Stato nell'islam") in un capitolo dedicato all’islam politico, dopo avere illustrato che al termine islam non si può apporre alcun aggettivo, tantomeno l'aggettivo 'politico', scrive: "Il vero islam - così come lo ha ordinato Dio - non può che essere politico, poiché se allontanassimo l'islam dalla politica sarebbe un'altra religione, quale il buddismo, il cristianesimo o un'altra ancora, ma non certo l'islam." Secondo Ghannouchi, l’islam politico “è stato preso in ostaggio dal terrorismo di Al Qaeda e di Daesh, e noi abbiamo il dovere di distinguerci da questi criminali.” E’ importante notare però che, come afferma il tunisino Ahmed Manai, l’11 dicembre 2011 si tenne a Tripoli una conferenza cui parteciparono Ghannouchi, Qaradawi, Abdelhakim Belhaj e il ministro degli Esteri qatariota e che sancì la riconciliazione libica, ma anche l’addestramento e l’invio di giovani tunisini e libici a combattere in Siria.
Nel suo saggio fondamentale al-Hurriyat al-‘amma fi al-dawla al-islamiyya (Le libertà generali nello Stato islamico, Markaz Dirasat al-Wahda al-‘Arabiyya, Beirut 1993, p. 48), nel paragrafo dedicato a “La questione dell’apostasia” scrive: “L’apostasia è la miscredenza, in modo consapevole e per propria scelta, dopo avere abbracciato l’islam. Questo attraverso la rinnegazione, oppure una forma simile, dei fondamenti dell’islam, quali gli articoli di fede, le leggi divine o simboli. Ad esempio attaccare la dignità divina o della profezia, oppure autorizzare ciò che è vietato dalla religione oppure negare i doveri religiosi e così via". I versi coranici hanno enunciato più volte la ripugnanza di questo reato e minacciato chiunque se ne renda colpevole di un castigo cocente, senza però esplicitare una pena precisa nella vita terrena. Invece la tradizione islamica identifica la pena nella condanna a morte: “Uccidete chiunque cambi religione. Tutti i Compagni – Dio si compiaccia di loro – concordano sulla condanna a morte degli apostati. ” Sempre nello stesso volume a pagina 54 affronta il tema della sharia come fonte di legislazione: “Come non stipulare l’islamicità di un capo (di Stato), il cui compito essenziale è quello di mettere in pratica la religione, orientare la politica dello Stato nei limiti dell’islam, di educare la nazione islamica secondo i precetti dell’islam, di esserne la guida nella preghiera, di predicare [...] e di essere un esempio da imitare? Il Corano è chiaro. Ha stabilito che il sovrano debba essere musulmano: ‘“Obbedite a Dio, all’Inviato e a coloro tra di voi che detengono l’autorità” (Corano, IV, 59). l tunisino Mohammed Haddad, professore di teologia comparata, ha definito i Fratelli musulmani, e affini, “islamisti pragmatici” e quanto sta accadendo in Tunisia lo dimostra. Nell’immediato post-rivoluzione, Ennahdha non ha saputo governare, ha creato un clima di violenza politica e sociale e non si è nemmeno dimostrata immune dalla corruzione. E’ difficile credere alla separazione tra aspetto politico e religioso quando Ghannouchi, nell’intervista a Espresso, da un lato afferma che le moschee non devono più essere “dei luoghi di propaganda politica, ma che siano solo un luogo di unione per tutto il popolo tunisino” e che il governo si propone di ripulire le moschee dai salafiti, quindi non dagli imam legati alla Fratellanza, e dall’altro afferma di volere “ripartire dall’educazione, dalle piccole cose che possano raccontare ai ragazzi e alla gente che cos’è l’islam” e di mettere quindi in pratica il paradigma di Hasan al-Banna che vedeva nell’educazione il gradino essenziale della re-islamizzazione dal basso della società. Solo il tempo rivelerà se il cambiamento annunciato è sostanziale oppure di facciata, per il momento, quello di Ennahdha, sembra un cambiamento lessicale, il frutto di un abile pragmatismo e di una costosa campagna mediatica. http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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