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Informazione Corretta Rassegna Stampa
29.03.2016 Una equivalenza indegna: Sionismo=Colonialismo/Imperialismo
Commento di Manfred Gerstenfeld, Jamie Berk

Testata: Informazione Corretta
Data: 29 marzo 2016
Pagina: 1
Autore: Manfred Gerstenfeld; Jamie Berk
Titolo: «Una equivalenza indegna: Sionismo=Colonialismo/Imperialismo»

Una equivalenza indegna: Sionismo=Colonialismo/Imperialismo
Commento di Manfred Gerstenfeld, Jamie Berk

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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Una immagine della propaganda antisemita/antisionista

Per centinaia di anni, il cristianesimo ha diffuso l’idea che gli ebrei erano la personificazione del male assoluto, perché erano ritenuti responsabili dell’uccisione di Gesù. Con il progredire delle società laiche, questa odiosa menzogna si è gradualmente attenuata, insieme all’accusa contro gli ebrei di esserne i responsabili. Per la concezione del super-uomo nazista, gli ebrei erano per definizione sub-umani, vermi e microbi, la versione nazista del male assoluto. Dopo la seconda guerra mondiale è stato il nazismo a diventare il riferimento principale di tutto ciò che è demoniaco. Ai nostri giorni, l’Occidente attribuisce questa definizione di male assoluto a Israele. Il semiologo francese Georges Elia Sarfati ha scritto che “I quattro maggiori temi nella storia dell’Occidente –nazismo, razzismo, colonialismo e imperialismo- vengono usati per definire lo Stato di Israele. Sono legati alla memoria collettiva per cui sono facili da ricordare”.

Queste quattro definizioni vengono usate dei palestinesi e dai loro alleati e sono parte della guerra globale contro Israele, demonizzato e etichettato come stato nazista, colonialista e imperialista, un falso paragone che mina il suo stesso diritto di esistere. Che il sionismo e Israele siano equivalenti a imperialismo e rappresentino il potere coloniale in Medio Oriente, è largamente presente nella narrativa intellettuale e accademica. Una nuova interpretazione e gli studi sul post-colonialismo, sottolineano i legami tra le colonie di un tempo, viste attraverso l’esame di quanto hanno lasciato in eredità e in particolare le strutture di potere e l’influenza occidentale dei paesi ex coloniali. Una versione distorta di questa disciplina include la falsa rivendicazione di una natura imperialista e colonialista del sionismo e di Israele all’interno di questa ricerca storica.

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Edward Said

In pratica, molti moderni studi sul post colonialismo sono basati sulle false tesi contenute nel libro “Orientalismo” di Edward Said, il quale sostiene che quasi tutta l’influenza occidentale sui paesi in via di sviluppo è stata negativa e distruttiva, con i colonizzatori che hanno imposto le loro culture e attitudini sulle popolazioni colonizzate, trattandole come se fossero dei primitivi. Chi ha suggerito questa distorta versione, ha diffuso una storia parallela tra i palestinesi e gli indigeni colonizzati per secoli dall’Occidente. Questi propagatori di odio dicono che il sionismo giustifica la colonizzazione dei popoli di colore da parte dei bianchi, che governano così l’intera popolazione sfruttandone le risorse. Ecco alcuni esempi.

Lo storico israeliano Ilan Pappé espone le sue teorie nel testo “Sionismo come Colonialismo: studio sul colonialismo in Africa e Asia”, dove sostiene che l’arrivo del sionismo alla fine del 19° secolo è strettamente collegato al periodo imperialista in Europa, quindi è intercambiabile con il modo di ragionare imperialista. Pappé ha scritto che “il sionismo non è stato l’unico caso nella storia in cui un progetto colonialista è stato perseguito nel nome di un ideale nazionale o non-colonialista. I sionisti sono ritornati in Palestina alla fine di un secolo in cui gli europei controllavano molte parti dell’Africa, i Caraibi e altri territori nel nome del ‘progresso’ o di un ideale, simile a quello del movimento sionista. Succedeva in un secolo in cui i francesi colonizzavano l’Algeria, rivendicando un legame atavico ed emotivo alla terra algerina, non meno profondo di quello dichiarato dai primi sionisti verso Erez Israel”.

Anche la scrittrice a attivista americana Alice Walker ha sviluppato questi temi, paragonando Israele all’Africa dell’Apartheid, all’America del segregazionismo e alla Germania nazista. Ha scritto questo falso paragone tra sionismo e poteri europei imperialisti nel libro “The Cushion in the Road”. Nel descrivere l’Apartheid in Sud Africa, ha scritto: “...gli europei poveri, per migliorare le loro vite, imparavano a esprimersi in un buon inglese, sostenuti come erano da un sistema che favoriva i bianchi. Un potere illimitato per loro, come per i coloni ebrei in Palestina, se solo avessero voluto assimilarsi, accettando il bottino di guerra da chi deteneva il potere, contro gli indigeni schiavizzati. È una storia molto vecchia e terribile. Può vivere gente così disperatamente affamata quando altri ne hanno in abbondanza? Uno pensa a Hitler, ovviamente, a Napoleone, ai generali americani che combatterono guerre per conquistare Messico, Cuba, Filippine, Guatemala. Iraq e Afghanistan, e infiniti altri paesi di cui non ricordiamo nemmeno il nome.” Walker e altri propagatori di false equivalenze tra sionismo e colonialismo hanno suscitato forti reazioni.

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Richard Landes

Lo storico Richard Landes ha sottolineato l’ipocrisia di questa equivalenza sul suo website “The Augean Stables”, mettendo in evidenza la natura positiva della colonizzazione sionista sotto l’impero ottomano e il mandato britannico, totalmente in contrasto con le aspirazioni imperiali dei poteri europei dell’epoca e con il concetto sbagliato della Walker sulle colonie sioniste in Israele. Landes, a proposito dei paragoni della Walker con Hitler, Napoleone, i generali americani ecc. ha scritto “ Dietro queste valutazioni senza mezzi termini vi è una reale valutazione del ‘colonialismo’ e ‘imperialismo’ israeliano. Tutti gli altri progetti ( si veda la Spagna in America latina, gli inglesi in Sud Africa, i francesi in Algeria, si sono verificati sulla scia di una conquista. L’unico modo in cui i nuovi colonizzatori potevano rivendicare la terra era la conquista, al massimo con la cacciate degli abitanti, imponendo una opprimente supremazia militare. Il potere politico segue dopo la vittoria in guerra. Comportandosi così, i colonialisti/imperialisti europei seguivano regole valide da millenni. Landes conclude “ il progetto sionista di colonizzazione ha funzionato marcatamente in modo differente. Invece di arrivare a somma zero con vittorie militari, i sionisti scelsero la soluzione positiva del buon vicinato. Ammesso che non avevano le attitudini di conquistatori, e anche ammesso che costruirono difese contro gli attacchi da parte di ladri arabi e beduini che abitavano sul territorio, eppure, malgrado ciò, erano in buoni rapporti con i vicini, grazie alla modernizzazione che migliorava la vita di tutti gli abitanti.”

Martin Kramer, presidente del "Shalem Center”, ha detto che definire il sionismo una forma di colonialismo è un errore e una grave offesa a Israele. Definisce questa affermazione “ una grande menzogna, buona a tutti gli usi. Chi ci crede, si augura che nel più breve periodo Israele scomparirà. L’America deciderà di abbandonarla, o gli ebrei riterranno che mantenerla è troppo costoso, così se ne andranno in altri paesi più sicuri e confortevoli. Perché il colonialismo è qualcosa che dura solo se è conveniente. Le nazioni vere durano per sempre, i legami fra nazione e terra non verrà mai meno, lo stato è tenuto unito da legami di solidarietà attraverso le generazioni” La falsa equivalenza sionismo=colonialismo può essere riassunta così. I colonialisti conquistarono altri paesi al fine di impossessarsi delle risorse e sfruttarle e ne depredarono le economie. I sionisti investirono capitali e capacità prima durante il mandato britannico, poi con lo Stato d’Israele, che portò benessere anche ai cittadini arabi, con il risultato che il reddito medio va moltiplicato diverse volte rispetto a quello dei paesi circostanti. Gli arabi palestinesi ne avrebbero partecipato in modo eguale, se non avessero dato retta alla violenza propagandata dai loro leader.


Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.


Jamie Berk è ricercatore in scienze politiche all'Università ebraica di Gerusalemme. 

 


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