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Riprendiamo da Yediot Aharonot del 15/12/2015, a pag. 14, l'intervista di Menachem Ganz a Maurizio Molinari dal titolo "Conoscere ISIS".
“I palestinesi sentono il pericolo di ISIS che aleggia su di loro. Comprendono che, malgrado l’occupazione israeliana, sono più al sicuro che da qualsiasi altra parte nella regione”. Il giornalista italiano ebreo Maurizio Molinari ha coperto Israele ed il Medio Oriente per oltre 15 anni. Ora, con la nomina a Direttore dell’importante quotidiano italiano La Stampa, esce il suo libro “Jihad”, in cui espone analisi sorprendenti del terrorismo islamico. La telefonata è arrivata a Maurizio Molinari, inviato de La Stampa in Medio Oriente, mentre era all’aeroporto di Roma, giusto all’imbarco del volo per Israele. Era il proprietario del giornale, John Elkann, presidente della Fiat e rampollo della famiglia nobile italiana. Aveva una proposta irrifiutabile: rinunciare al volo per Tel Aviv, e prendere invece il volo per la redazione di Torino, direttamente alla poltrona del Direttore. “La nomina mi ha colto totalmente di sorpresa”, racconta Molinari, 53 anni, che negli ultimi 15 anni è stato corrispondente del suo giornale a Bruxelles, New York, Washington e Gerusalemme. Certamente non il modo tradizionale per prendere le redini del terzo quotidiano d’Italia. “Da una parte, ritorno in redazione dopo 15 anni e ho molto da imparare sulla macchina che mi hanno affidato”, usa la metafora d’obbligo trattandosi dell’organo più riconosciuto con Alfa Romeo, Ferrari ed altri marchi automobilistici italiani. “Dall’altra, ho ottimi strumenti per spiegare ai lettori i due processi che detteranno il corso dei prossimi anni – l’economia globale ed il terrorismo islamico”. Molinari, uno dei più autorevoli membri della comunità ebraica di Roma, ha una conoscenza profonda e radicata di Israele. Ha visitato Gerusalemme per la prima volta all’età di 13 anni. Negli ultimi due anni, assieme alla famiglia, Gerusalemme è diventata la sua casa. “Vivere in Israele è una sfida enorme – qualunque cittadino incontri per strada è più intelligente di te”, dà un complimento agli israeliani. “Israele è un luogo molto intenso. Ognuno ha un’identità molto forte, ognuno ha una storia da raccontare. Quasi non esistono qui le persone banali”. Addirittura? Non si ferma qui il bagaglio di esperienza che Molinari si porterà dietro al posto di Direttore del quotidiano di Torino. “Intervistando un inventore ed imprenditore israeliano gli ho chiesto ‘Che cosa caratterizza la tua impresa unica?’, e lui ha risposto ‘Correggere e migliorare’. Questo motto mi è rimasto impresso. Intendo stamparlo in caratteri cubitali e affiggerlo nella mia redazione, perché è applicabile in qualsiasi settore e qualsiasi attività. Obbliga ogni impiegato dell’organizzazione ad usare la testa e pensare per espletare meglio i propri compiti”. Ma intendiamoci, oltre ai molti punti positivi che vede in Israele, riconosce chiaramente anche quelli negativi. “Israele si trova al centro di una vera, dolorosa crisi con i palestinesi, senza che si intravveda una soluzione a questa rottura. E questo è in totale contrasto con il motto israeliano positivo che ho appena menzionato. Non entro nel merito di chi sia responsabile della situazione – in che misura lo siano i palestinesi, in che misura lo siano gli israeliani – ma la realtà è che Israele, come società, non ha un piano per correggere e migliorare la situazione attuale. C’è l’impasse”. Lungo la sua ricca carriera giornalistica, Molinari ha accompagnato i presidenti americani Bush e Obama in ogni possibile viaggio, come parte dell’equipe di giornalisti della Casa Bianca. Ha scritto dall’Iraq ai tempi di Saddam Hussein, ha intervistato alcune volte il leader libico Qaddafi, e la sua conoscenza con i nemici d’Israele non è da sottovalutare. Da inviato in Medio Oriente ha saputo descrivere anche l’andamento delle cose a Gaza e a Ramallah, compresa la vivace vita mondana. Che cosa hai scoperto lì? Oltre al lavoro giornalistico, Molinari ha scritto 16 libri. L’ultimo, intitolato “Jihad”, è stato pubblicato appena pochi giorni fa. È stato preceduto dal libro “Il Califfato del Terrore”, pubblicato prima del recente attacco a Parigi, in cui Molinari spiega agli europei perché ISIS rappresenta un pericolo per l’occidente. “Agli europei bisogna spiegare quello che agli israeliani pare chiaro. Non esaminano il fenomeno in maniera corretta. Gli europei sono abituati ad organizzazioni terroristiche come le Brigate Rosse, come l’OLP – organizzazioni politiche che cercavano di promuovere i loro valori mediante il terrorismo, e con le quali era possibile condurre trattative e raggiungere accordi. La realtà odierna è del tutto diversa: ISIS è di fatto un miscuglio di tribù che sfruttano l’ideologia islamica per accumulare forza. Diffondono il virus della violenza con l’intento di spargere terrore e distruzione, non per fini politici”. E dopo l’attacco di Parigi gli europei hanno compreso il messaggio? Tuttavia, l’opinione pubblica in Europa fa una distinzione tra terrorismo “accettabile” contro israeliani ed ebrei in Israele, e terrorismo contro europei innocenti nelle strade di Parigi. Questo, secondo te, potrebbe cambiare? Non è che da questo si possa dedurre che i palestinesi amino Israele, sottolinea Molinari, “ma riconoscono il pericolo, ed è per questo che hanno, e avranno sempre di più, la disponibilità a collaborare con Israele contro ISIS. Per inciso, il primo avversario di ISIS sarà Hamas, ancor prima di Abu Mazen. La loro prima volontà è quella di eliminare i loro simili. Per chi guarda i filmati di ISIS, il messaggio contro Hamas è chiaro: sono accusati di non rispettare la Shari’a. Hamas, è noto, permette di fumare a Gaza”. E come si prepara l’Europa ad una lotta contro il terrorismo di questo tipo? http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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