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Informazione Corretta Rassegna Stampa
20.11.2015 Francia: è vera guerra contro il terrorismo islamico ?
Analisi di Manfred Gerstenfeld

Testata: Informazione Corretta
Data: 20 novembre 2015
Pagina: 1
Autore: Manfred Gerstenfeld
Titolo: «Francia: è vera guerra contro il terrorismo islamico ?»

Francia: è vera guerra contro il terrorismo islamico ?
Analisi di Manfred Gerstenfeld

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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La strage al Bataclan - Parigi - il 13 novembre scorso

Sono state parole molto forti quelle usate dal Presidente François Hollande e dagli altri leader francesi dopo il terribile massacro di Parigi del 13 novembre. “Anche se la Francia è ferita, risorgerà”, ha detto Hollande, “ anche se siamo in lutto, niente ci distruggerà”. Ha anche chiamato il massacro un “atto di guerra”. Anche il Primo Ministro Manuel Valls ha detto “ siamo in guerra “e il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, estendendolo a tre mesi. Il governo ha dato l’impressione di voler intraprendere un gigantesco programma per combattere lo Stato Islamico. Aerei francesi stanno bombardando la città siriana di Raqqa, l’auto-nominata capitale dell’Isis. Non va però dimenticato che nell’estate 2014 un sondaggio aveva rivelato che il 16% dei francesi aveva espresso un giudizio positivo verso lo Stato Islamico.

La Francia, come ogni altro paese in guerra, deve valutare il campo di battaglia. In una società post-moderna la differenza con la guerra tradizionale è radicalmente altra, perché non ha confini geografici. Il nemico è composto da molti soggetti, infatti l’ideologia estremista musulmana è diffusa in Francia ma anche in Europa e lo Stato Islamico è una fra molte altre sigle. Alcuni terroristi provenivano dal quartiere Molenbeek di Bruxelles, un focolaio di musulmani radicali. Il governo belga ha ammesso di averne perduto il controllo. La Francia ha per il momento bloccato le proprie frontiere, un prerequisito indispensabile per una vera lotta contro il terrorismo islamico. Una simile misura indebolirà inevitabilmente gli Accordi di Shengen sui confini aperti, una delle riforme più significative della UE.

I leader francesi, da quando si è capito, non hanno ancora fornito indicazioni precise su come intendono comportarsi di fronte ad una azione di attacco globale. Anzi, dopo la strage dello scorso gennaio della redazione di Charlie Hebdo e degli ebrei del supermercato HyperCasher, Hollande aveva dichiarato “ questi fanatici non hanno nulla a che vedere con la religione musulmana”. Il che voleva dire che quando degli assassini musulmani gridano “Allah u Akbar”, questo grido di guerra non c’entra nulla con l’islam. Valls era stato più sincero quando aveva citato le minoranze nei ghetti, che “vivono in un territorio di apartheid sociale ed etnica, in quartieri separati dal resto delle città francesi”. Questi attacchi rappresentano un problema più diffuso di quanto è avvenuto in gennaio, l’obiettivo non sono più solo giornalisti ed ebrei, è la Francia intera, e con essa tutta la popolazione e la cultura europea ad essere sotto attacco.

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Gilles Kepel

Sono molti gli aspetti relativi alla comunità musulmana francese, come ha analizzato in un suo studio Gilles Kepel. È probabile che solo una piccola percentuale sia anti-democratica ed esprima posizioni terroriste. In ogni caso sono tanti ad essere influenzati dalla propaganda radicale, per cui possono essere catalogati tra i potenziali terroristi. Convincere altri leader musulmani francesi affinchè condannino i terroristi, non aiuta molto, richiederebbe un programma che vada oltre le misure immediate e la chiusura delle moschee radicali per rispondere con efficacia a questa guerra post moderna e anti-democratica. Questo significa recuperare quei ghetti nelle città francesi, un cambiamento simile alla eliminazione di aree urbane ben definite che oggi vengono governate dalla Sharia, dove la legge francese è stata pressoché eliminata. Sarebbe la fine delle “zone proibite”, dove le forze dell’ordine possono entrare oggi solo se accompagnate da un adeguato numero di poliziotti e per gravi motivi. Il governo, per dirla tutta, avrebbe dovuto riprendere il controllo delle enclaves musulmane, una chiara sconfitta della politica socialista in Francia e non il risultato di una cospirazione silenziosa da parte del governo e dei media politicamente corretti.

Questo abbandono ha origine in qualcosa di ancora di più insidioso: la cristallizzazione dell’opinione pubblica, incoraggiata dai leader dell’establishment, sia sociale che politico. L’assenza di ogni riferimento chiaro ai problemi legati espressamente alla popolazione musulmana e all’islam, ha portato a giudicare poco rilevante ciò che accade, a sottovalutarlo. Per combattere la guerra che ha dichiarato contro il terrorismo, il governo deve scegliere i mezzi. Questo richiede regole che, nel caso della Francia, dovranno essere totali, riconducibili a: ‘ Per combattere con efficacia lo Stati Islamico, dobbiamo rimettere in ordine ciò che non funziona nella società francese, con una forte attenzione alla componente musulmana.

Dobbiamo affrontare questi problemi quali essi siano e per quanto tempo occorrerà e in modo sistematico. Se non lo faremo, ci troveremo davanti a situazioni ancore più gravi’. In Francia ci sono forze importanti che non fanno parte dell’establishment, che possono aver tratto vantaggi dalle stragi. La più nota è il partito di destra Fronte Nazionale di Marine Le Pen, le cui posizioni sono sovente apertamente razziste nel descrivere cosa non va nella società francese musulmana. Può essere prematuro prevedere una spinta in avanti nelle elezioni amministrative di inizio dicembre, ma subito prima del massacro, Le Pen era in testa ai sondaggi sulle elezioni politiche del 2017, davanti al repubblicano Nicolas Sarkozy e con Hollande al terzo posto. Sempre secondo il sondaggio non arriverebbe al ballottaggio, cosa che dovrebbe spingerlo a considerare la presente crisi con maggiore serietà di quanto ha fatto finora. Osservando se le sue scelte sono state correttamente impostate, gli analisti politici potranno giudicare fino a che punto il governo francese è capace di affrontare seriamente - e quindi prevenirlo-il terrorismo.

Per quanto riguarda Israele, se la Francia agisce come dovrebbe per la propria sicurezza, allora diventerebbe più difficile per il governo di Parigi continuare a criticare il conflitto israelo-palestinese, condannando il comportamento di Israele nelle azioni contro i terroristi. Se invece farà diversamente, Israele può soltanto mettere in evidenza come le politiche della Francia sono sfociate in un massacro islamico a Parigi ancora più grande, come mai è accaduto in Israele. Se Hollande è una persona seria, allora i servizi di intelligence francesi dovrebbero venire nell’unico paese democratico nel Medio Oriente per ricevere consigli di livello altamente sofisticato. Lungo gli anni, Israele ha sviluppato con successo metodi di intelligence molto dettagliati per evitare massacri, avendo sempre a che fare con minacce costanti da parte palestinese, messe in atto, in misura minore, da esecutori musulmani.


Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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