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Informazione Corretta Rassegna Stampa
29.10.2012 Voci dal passato - attentato alla sinagoga di Roma, 30 anni dopo
analisi di Luciano Tas

Testata: Informazione Corretta
Data: 29 ottobre 2012
Pagina: 1
Autore: Luciano Tas
Titolo: «Voci dal passato»

Voci dal passato
di Luciano Tas


Nel trentesimo anniversario dell’attentato di terroristi islamici contro la sinagoga di Roma, il mensile ebraico Shalom ha riproposto in copia anastatica e messa in distribuzione una parte del numero 9 dell’ottobre 1982.
 È stato un modo singolarmente opportuno per ricordare quel giorno terribile di trenta anni fa quando le bombe e i proiettili, sparati proprio all’uscita dal Tempio Maggiore sulla folla, spensero la vita del bambino Stefano Taché e ferirono quasi quaranta ebrei (alcuni in modo molto grave) che avevano partecipato alla funzione religiosa in un sabato che era anche il giorno della benedizione dei bambini.

Ma al di là del doloroso epicedio e del racconto dei fatti minuto per minuto, credo che l’interesse maggiore sia dato da quel numero del mensile al panorama esteso e preciso del ruolo dei mezzi d’informazione nazionali nei confronti del terrorismo antisraeliano e, come si è visto, esplicitamente antiebraico.
“Non sono visionari gli ebrei italiani”, recitava l’”occhiello” e il titolo “Documentiamo le accuse ai mezzi d’informazione”.

Tra i mezzi d’informazione si citano anche i manifesti. Per esempio quelli di una sezione lombarda dell’ANPI (Associazione nazionale Partigiani d’Italia) legata a filo doppio con il PCI, affissi subito dopo la strage di Sabra e Chatila che dicevano “questo genocidio (.) non ha precedenti nelle storie di ogni popolo civile”e chiedevano “questi ebrei assassini si ritirino dai territori occupati”, per concludere esprimendo disprezzo per i “carnefici di Tel Aviv".


E’ utile ricordare che i massacri del 17 e 18 settembre ‘82 di Sabra e Chatila, quartieri di Beirut” dove erano stati ammassati migliaia di palestinesi, erano stati compiuti da libanesi cristiani della Falange (nulla a che vedere con i falangisti dello spagnolo Franco) e non da “ebrei assassini”.

E che ne ricava il settimanale “Amica” del 9 ottobre? Ricava questo titolo: “Non si vergogna di essere ebreo Gillo Pontecorvo?”.
Francesco Alberoni (Corsera 8 luglio) anticipava che “ gli ebrei (.) sono passati dalla parte del potere”..


“Il Manifesto” titolava invece dopo Sabra e Chatila “Il dio violento d’Israele”. Il genovese “Secolo XIX” parlava de “I crimini delle vittime di Auschwitz”, probabilmente per dire: adesso siamo pari (e togliamoci di dosso qualunque residuale rimorso).


Israeliani, ebrei, sono la stessa cosa (comunque non ci sarebbe da vergognarsene), ma il giornale radio dell’11 ottobre pare crederci davvero se dice che all’incontro di esponenti della comunità ebraica c’era anche il professor Bruno Zevi che “guida una delegazione israeliana”. Sempre a Radio Rai si dà notizia di un corteo di ebrei a Roma come “cittadini di nazionalità israelita”.

Questo breve panorama di Shalom 1982 parla di un “processo di demonizzazione d’Israele che è alla base dell’attuale ondata antisemita” attraverso tre strumenti: enfasi, omissione, minimizzazione.
L’enfasi, scriveva trent’anni fa “Shalom”, riguarda “tutti i lati negativi dello Stato ebraico, e anche alcuni aspetti apparentemente neutrali che però preparano l’accusa seguente”. Enfasi, per esempio, da parte di quasi tutta la stampa nazionale, sul presunto fatto che “Israele sarebbe oggi la quarta (o addirittura la terza) potenza mondiale” per sostenere la tesi di Israele Stato militarista, detto anche, e certo non in senso positivo, “la Prussia del Medio Oriente”.
Enfasi su una strapotenza militare affetta da “germi di una malattia morale” forse da addebitare “alle strutture ebraiche” al “dio violento d’Israele”.
Enfasi sulla guerra del Libano, quando tutti i giornali parlano con grande evidenza il 7 giugno, un giorno dopo l’attacco israeliano, di diecimila vittime civili, salvo diminuire questa cifra giorno dopo giorno, ma con titoli sempre più piccoli e nelle pagine interne. Radio e TV nemmeno si curano di ritoccare da cento a uno quella cifra iniziale.

Omissioni.Chi ha parlato – scriveva ancora “Shalom” – nel corso dell’operazione israeliana in Libano, dei 120mila morti che la guerra civile libanese aveva fatto nei sei anni precedenti?”.
Omissioni. In un articolo su “Repubblica” – il titolo è “Israele malato”, notava ancora “Shalom” – Sandro Viola nega che “vi sia stato mai un momento in cui Israele è stato debole militarmente”. Neanche quando nel 1948 venivano inviati al fronte i profughi d’Europa appena sbarcati, totalmente ignari di armi, che parlavano decine di lingue diverse ed erano decimati dal fuoco della Legione Araba?”
Minimizzazioni. Quando in Libano viene eletto presidente Beshir Gemayel si scrive: “E’ stato eletto con i cannoni israeliani”. Poi Gemayel viene ucciso. Da chi? Arafat da Roma (dove viene corteggiato e intervistato in ginocchio) parla di “conseguenza dell’espansionismo sionista”. E i giornali a ipotizzare che sono stati i servizi segreti israeliani. Poi si viene a sapere, perché è stato arrestato l’attentatore, che si tratta di una organizzazione palestinese di osservanza siriana. Si liquida la notizia in poche righe nelle pagine interne.
Omissioni, minimizzazioni. È assassinato a Roma un esponente dell’OLP, Abu Sharar. Il sindaco di Roma Ugo Vetere, riecheggiando quanto scrivono i giornali, accusa dell’assassinio Israele, e non lo dice tra quattro mura, ma a Piazza del Popolo.


Manifesti di sdegno e condanna contro i sionisti. Il 12 ottobre, ma sottovoce, si legge pochi mesi dopo su “Repubblica” che Abu Sharar è stato ucciso dalla banda di Abu Nidal, un palestinese di un gruppo fuori dall’OLP. “Perché – si domanda Shalom – Vetere non torna a Piazza del Popolo a dire: scusate, mi ero sbagliato?”.


Il 14 agosto viene catturato a Fiumicino un arabo nella cui valigia i trovano due chili di esplosivo. Dice Shalom: “Andate a guardare i giornali di quel giorno. La notizia addirittura non appare sull’Unità, su Paese Sera e su Repubblica. Un’omissione”.
E ora torniamo all’ottobre del 1982 e lasciamo la parola al numero di Shalom dedicato all’attentato del sabato 9, Sheminì Azeret. Giorno della Benedizione dei Bambini.

Che cosa vogliamo sostenere e sosteniamo, chiede quel lontano numero di Shalom?
Primo, che lo Stato d’Israele è visto in maniera deformata, che se ne ingigantiscono le pecche, gli errori o i “peccati”. Se ne tacciono le attenuanti o gli elementi a favore. Lo si dipinge al peggio anche nelle sue esperienze più progressive e stimolanti (il kibbuz, si scrive in un libro di geografia edito da Bulgarini, è “basato al 90% su manodopera araba sfruttata”, e i libri di testo, spesso con editori di sinistra, pieni di malevolenze e di falsi di questo tipo si contano a decine).


Secondo, e per riprendere il senso di molti titoli di giornale, si afferma che le vittime di Auschwitz sono diventate i carnefici. La copertina della rivista comunista “NUOVASOCIETA’” reca la foto del Premier israeliano Begin accanto a una serie di stendardi con la croce uncinata e il titolo “La bibbia dell’errore” (su questa copertina si sarebbe poi accesa una vivace polemica su Repubblica tra lo scrittore Arbasino e il direttore della rivista).
La manovra è duplice e tende a coinvolgere nel “crimine” non il solo Israele ma tutto il popolo ebraico, che viene chiamato a rispondere delle azioni del governo israeliano con quello che Alberto Nirenstein (lo storico di “Ricorda cosa ti ha fatto Amalek”) ha definito “il censimento delle coscienze”. In altri termini, e sempre per riprendere un titolo, chi “si vergogna di essere ebreo” e lo fa pubblicamente, ha forse qualche diritto di cittadinanza. Gli altri no, sono complici, e ci complici si possono anche colpire. Magari con le bombe.

A questo punto – scriveva ancora Shalom nel suo numero di ottobre 1982 - s’inserisce un altro elemento, questa volta politico. Gli ebrei, subito dopo l’attentato del 9 ottobre, hanno accusato senza mezzi termini la classe politica italiana, quasi nel suo insieme, a cominciare dal Presidente della Repubblica Pertini (e dal Pontefice), di avere ricevuto a Roma e in modo enfatico Yasser Arafat, lo stesso Arafat capo di quella organizzazione che ha rivendicato, giusto dieci anni prima (cioè nel 1972) l’attentato di Monaco conto gli atleti israeliani, , l’assalto alla scuola di Maalot che si concluse con l’assassinio di numerosi bambini e il dirottamento di numerosi aerei a partire da quello dell’EL AL del 1969 fino a quello dell’Air France dove i dirottatori terroristi (o dovremmo chiamarli combattenti?) dell’OLP divisero gli ebrei – gli ebrei, non solo gli israeliani, dal resto dei passeggeri (“ariani”) – e per questa impresa si fecero aiutare da terroristi tedeschi.

“Si dice che oggi Arafat – chiosa ancora Shalom - abbia ripudiato il metodo del terrore. Se è vero tutti possono rallegrarsi. Ma è strano che proprio mentre tutti si sdilinquivano a Roma tra le braccia del leader palestinese, la magistratura veneziana abbia chiesto un mandato di cattura internazionale per lo stesso Arafat, accusato di complicità con il terrorismo italiano.
E in ogni caso il caloroso ricevimento riservatogli a Roma significava agli occhi degli ebrei che all’Italia ufficiale dei morti ebrei per mano dell’OLP non importava più niente. Non sarà stato vero, ma la visita in Italia è stata interpretata propri così.


Eugenio Scalfari dice ora che non si è mai “stampato un solo concetto, una sola parola che consenta di formulare un’accusa di questa gravità”, cioè l’accusa di avere sparso antisemitismo a piene mani. Lo chieda Scalfari come l’ha interpretato l’ANPI, questa volta proprio la direzione generale,  che il 16 ottobre ha stampato un manifesto che avrebbe voluto ricordare la deportazione di 39 anni fa al ghetto di Roma e che ha invece dedicato la maggior parte delle sue parole a condannare Israele e la strage di Sabra e Chatila, lo chieda a quei sindacalisti comunisti ebrei che si sono visti insultare come ebrei all’interno della stessa CGIL, chieda ai lavoratori ebrei  come si sono sentiti quando negli uffici o nelle fabbriche si sono sentiti chiedere se non si vergognavano di essere ebrei.
Hanno capito tutti male le parole della stampa e le immagini della televisione? È su questo che i media e gli uomini politici italiani devono meditare. Quanto poi a un'altra domanda che preme a tutti – “perché?” - questo è materia di discussione per il prossimo futuro”.

Questo da Shalom numero 9 dell’ottobre di trenta anni fa. Trenta anni fa.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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